“Senza trucco!”….Massimiliano Gagliardo

Il baritono Massimiliano Gagliardo è nato a Savona ed ha debuttato giovanissimo all’Opera di Spalato nel ruolo di Enrico in Lucia di Lammermoor. Da allora ha iniziato una brillante carriera che l’ha portato ad esibirsi rapidamente al Teatro Regio di Parma, al Teatro alla Scala di Milano (Armide e Don Giovanni diretti da Riccardo Muti, Adriana Lecouvreur, Matrimonio di Mussorgskij) e via,via sui maggiori palcoscenici italiani e internazionali.  È stato inoltre ospite di importanti festival quali il Rossini Opera Festival di Pesaro (Isabella di Azio Corghi), il Wexford Festival Opera (Russalka di Dargomyzkij e Sapho di Massenet) e di prestigiose sale da concerto come l’Accademia di Santa Cecilia (la prima europea della Misa Tango di Luis Bacalov diretto da Chung e  ne Il Matrimonio di Mussorgskij), la Konzerthaus di Vienna (Una cosa rara di Martin y Soler) ed il Concertgebouw di Amsterdam (Gianni Schicchi diretto da Riccardo Chailly).Dal 20 al 30 interpreta Mercutio nel Roméo et Juliette di Gounod al Teatro Filarmonico di Verona. Sarà quindi al Teatro dell’Opera di Liegi  come Enrico nel Campanello dello speziale di Donizetti. Tra le sue incisioni discografiche: Don Giovanni per la Kikko Classic, Ines de Castro di Persiani (Bongiovanni) e Sapho di J. Massenet (Fonè),  Il turco in Italia di Rossini nel ruolo di Don Geronio ed il DVD del Gianni Schicchi di Puccini sotto la direzione di Riccardo Chailly.

Il tratto principale del tuo carattere?
Direi la determinazione inconscia, ovvero se dovessi descrivermi scientificamente non mi definirei una persona con un obiettivo ben preciso, ma ho scoperto in questi anni di avere la capacità di raggiungere le mete che mi frefiggo. Quindi ho imparato mio malgrado a credere nella mia determinazione.
Il tuo principale difetto?
La sensibilità. Può essere un pregio, sicuramente, ma facendo questo mestiere bisogna imparare a canalizzare il proprio eccesso di sensibilità verso l’arte che si intraprende più che verso l’analisi di ciò che accade quotidianamente attorno a noi. Questa operazione delicata non è sempre facile da effettuare.
Segno zodiacale?
Cancro ascendente Bilancia.
Superstizioso?
Direi di no.
Cosa volevi fare da grande?
Sicuramente qualche cosa che avesse a che fare con la musica perché ho sempre cantato, ballato… da che ho memoria. Poi a scuola mi sono innamorato del diritto da adolescente e quindi ho intrapreso lo studio presso la Facoltà di Giurisprudenza di Genova che ho interrotto a causa della carriera come cantante lirico. Quindi per un periodo della mia vita ho desiderato l’avvocatura, probabilmente. Ma la musica è sempre stata presente nella mia vita perché ho studiato pianoforte da quando ero bambino e poi il canto subito dopo.
Letture preferite
Leggo un po’ di tutto, sono un curioso, quindi passo dai romanzi, ai saggi, amo molto leggere biografie, libri in lingua, poesia. Onnivoro insomma.
Un libro che hai amato…
The Hours di Michael Cunningham, l’ho letto in inglese prima del fenomeno mediatico e cinematografico e prima che vincesse il Premio Pulitzer per la narrativa, l’ho letto in un paio di giorni, finendolo sul volo da Londra a Torino, e ricordo ancora vivamente l’emozione che raramente un libro ti può trasmettere. La costruzione del racconto è geniale, la struttura efficace e il timbro della narrazione mi ha davvero incantato. Senza dubbio Cunningham.
La tua ambizione da bambino?
Cantare, suonare, fare musica, ballare, muovermi, la vivacità insomma. Sia la mia famiglia che i miei amici d’infanzia te lo possono confermare! Un piccolo terremoto in casa!


Hai mai gridato vendetta?

No, direi praticamente mai. Mi è stato insegnato a lottare per ciò in cui credi e rispettare chi la pensa diversamente da te. La vita è fatta così. Elementi positivi e negativi che vanno metabolizzati ugualmente. Poi c’è il vecchio adagio del sedersi sulla riva del fiume e prima o poi il cadavere del tuo nemico passerà, no?
La tua famiglia ha influenzato le tue scelte ?
Assolutamente no. Provengo da una famiglia di persone molto semplici, sono figlio di un operaio e di una parrucchiera che mi hanno trasmesso tutti i valori che mi compongono e l’educazione senza la quale non avrei combianto nulla nella vita, ma che non avevano un background operistico o musicale. Abbiamo sempre ascoltato musica in casa, come succede nella stragrande maggioranza delle famiglie italiane. Ciò che ho fatto professionalmente, l’ho fortemente voluto io in primis, e, fortunatamente, i miei genitori mi hanno sempre appoggiato pienamente.
La musica è stata una vocazione?
E’ stata una scintilla più che altro. Un giorno a causa della malattia dell’insegnante di musica a scuola, venne a supplire una ragazza giovane che si chiama Irene Schiavetta, allora neo-diplomata in pianoforte, con un’energia e un modo di insegnare la musica totalmente magico per me. In poche parole, mi ha affascinato e quando sono tornato a casa ho detto ai miei genitori che avrei voluto prendere lezioni di pianoforte da Irene. Noi avevamo un’insegnante di pianoforte vicino casa e giustamente i miei genitori mi chiesero perché proprio lei e non una scelta più comoda ed io insistetti che volevo prendere lezioni esclusivamente da lei. E così cominciai il mio percorso di pianista. La mia formazione musicale, personale, mentale, culturale è iniziata con Irene a cui devo la passione per questo lavoro.
Cosa ti manca di più nella tua vita di oggi?
Sono molto soddisfatto di cosa vivo quotidianamente e della possibilità di godere ogni istante ciò che vivo.
La delusione più grande?
Quando ho toccato con mano che facendo un mestiere artistico legato alla rappresentazione dal vivo, non si costruisce nulla. Si crea una struttura di emozione tra pubblico e interpreti che nel giro di qualche tempo svanisce o rimane un ricordo. Restano i dischi, i video, le testimonianze ma ogni volta che metti piede sul palcoscenico devi dimostrare di essere degno di essere dove sei in quel momento e lo fai per te stesso perché, alla fine, la riconoscenza e la gratitudine non sono valori ricorrenti nel mondo del teatro di oggi. Mi ha colpito molto un’intervista radiofonica rilasciata da Maria Callas poco prima di morire, ad una radio francese, interrogata sul perché non si concentrasse sull’insegnamento, sulla trasmissione dell’immenso patrimonio di esperienza che una Callas poteva trasmettere. Lei rispose che nessun collega le chiede consigli, pochissime persone si dimostrano interessate a ciò che ha da dire sull’opera e sul teatro e che dopo tanti anni spesi per quest’arte, cito testualmente, “je suis, completement inutile”. Il fatto che un personaggio mitico come Maria Callas potesse provare certe sensazioni mi ha fatto molta impressione ma posso dire di avere visto con i miei occhi situazioni simili capitate a colleghi di rango e molto conosciuti. Questo mestiere richiede a chi lo pratica un grande equilibrio, una grande capacità di autoanalisi profonda, di capacità di gestione prima ancora del talento vocale vero e proprio.

I tuoi ricordi più cari?
Sicuramente sono legati alla mia famiglia, al nido in cui ogni tanto si rivola per sentirsi a casa.
Che importanza dai al denaro?

Essendo cresciuto in una famiglia economicamente “normale”, so quanto si fatica a guadagnare ciò che è necessario per vivere quindi non tendo a dare nulla per scontato. Detto questo credo che il denaro serva per vivere e non si debba invece vivere per fare denaro.
In cosa sei più spendaccione?
Lo sono stato moltissimo in passato, perché quando cominci una carriera a 19 anni e i soldi ti arrivano improvvisamente, ti sembra di poter comprare il mondo, e penso sia normale. Generalmente l’elettronica, passione che mi ha trasmesso mio padre, computer, telefoni, etc. Ma compro anche moltissimi libri, dvd perché sono un divoratore di film, serie tv, documentari.
Collezioni qualche oggetto?
Attualmente no.
Raccontami un tuo sogno ricorrente?
Non ho sogni ricorrenti in questi ultimi anni, forse succedeva maggiormente durante l’adolescenza.
Di che cosa hai paura?
Su questo non ho dubbi perché è la mia fobia più forte, mi rendo conto sia un po’ estremo o dark ma non posso che rispondere sinceramente: ho il terrore di essere sepolto vivo. Dico sempre ai miei amici “dovete fare come si fa con i vampiri: tagliatemi la testa, infilatemi un palo nel cuore e bruciatemi, perché se mi sveglio nella tomba, da fantasma non vi faccio più vivere!” Scherzi a parte, quando succederà, voglio essere cremato.
Il tuo sogno più ambizioso
L’ultimo l’ho appena realizzato: ho ripreso l’Univesità dopo 13 anni di pausa a causa della carriera e mi sono finalmente laureato lo scorso 25 gennaio in DAMS Musica presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Torino. E’ stata una grandissima soddisfazione, chiudere un cerchio che avevo aperto molti anni prima e che avrei sempre voluto completare.
Gli ideali, le passioni sono importanti?
I valori sono la cosa più importante, tramite i quali e sulla base dei quali costruisci tutto il resto. Con la volontà e un po’ di sano lavoro si arriva ovunque! La passione è la vita, senza non è concepibile fare un lavoro che ha a che fare direttamente con le emozioni di chi ascolta e di chi canta. Il palcoscenico è veramente la più intensa seduta psicoanalitica che una persona possa fare. Sei completamente nudo, ciò che sei traspare, sempre!


Il momento di maggior orgoglio
Il mio debutto al Teatro alla Scala in Armide di Gluck l’11 maggio 1999 diretto dal M° Riccardo Muti. Vedere la mia famiglia nel palco reale di quel teatro e stato per me un grandissimo orgoglio e la conferma, la dimostrazione, che la scelta che avevo fatto anni prima non era sbagliata.
La tua più grande sfida
Professionalmente il mio recente debutto come Pelléas nel Pelléas et Mélisande al Teatro dell’Opera di Roma con il M° Gianluigi Gelmetti. Un ruolo vocalmente estremo per un baritono in un allestimento molto faticoso ma meraviglioso del regista Pierre Audi.
A te, chi o cosa ti imbarazza?
La violenza in tutte le sue forme e l’ostentazione del potere.
La situazione più rilassante?
Pranzo con la famiglia e gli amici come quelli che facciamo quando rientro dai vari impegni teatrali. Risate, spensieratezza, cibo.
Materia scolastica preferita?
Letteratura italiana
Città preferita?
Torino, dove ho scelto di vivere.
Colore preferito?
Bianco e Nero
Fiore preferito?
Il Tulipano.
La Vacanza o il viaggio che vorresti fare?
Una bella crociera sul Nilo, con le atmosfere romantiche e rarefatte di Assasinio sul Nilo di Agatha Christie ma senza il morto ovviamente!
Giorno o notte?
Il tramonto sul mare e poi definitivamente la notte.
La tua giornata ideale?
Quella al termine della quale posso sentirmi in pace con me stesso.
Il tuo rifugio?
La mia casa torinese.
Il film più amato?
Moltissimi. Ma tra i tanti uno dell’infanzia Big Business con Bette Midler e da grande Lanterne Rosse di Zhang Yimou.
La stagione dell’anno?
L’inverno
Il posto dove si mangia peggio?
Malta, è di gran lunga il posto dove ho mangiato peggio.
Il tuo rapporto con il cibo?
Sono molto goloso, di dolci soprattutto e viaggiando molto ho la possibilità di provare un po’ di tutto un po’ ovunque. Mi piace soprattutto però il cibo come momento di riunione a due o più.
Piatto preferito?
Ravioli al ragù e Strudel di mele.
Il tuo piatto forte in cucina?
Pollo al Curry.
Vino rosso o bianco?
Entrambi con una preferenza per il rosso.
Cosa non manca mai nel tuo frigo? …
La Coca-cola.
Il tuo debole in cucina…?
I formaggi, gli affettati e gli insaccati perché non li mangio da quando sono piccolo, però li posso cucinare per gli altri.
La tua colonna sonora preferita ? …O meglio la  musica che ascolti in genere?
Onnivoro anche in questo senso, ascolto dal jazz al pop, nuovi, antichi, moderni, vecchi successi… adoro il musical, quando sono a Londra o New York mi chiudo nel West End e a Broadway a vedere uno spettacolo dietro l’altro. Generalmente quando sono a casa ascolto meno musica lirica e classica… deformazione professionale credo.
Il cantante preferito?
Piero Cappuccilli e  Mario Zanasi.
Come segui l’evoluzione della tua voce?
Ho sempre avuto la fortuna di avere una voce e soprattutto una vocalità molto duttili e che si sono negli anni adattate a repertori, secoli compositivi e stili molto differenti tra loro. In generale cerco di fare scelte artistiche il più rispettose possibili della naturale propensione della mia vocalità. Meno forzi la tua voce su terreno che non le è congeniale, meglio è. Un vecchio maestro mi ha insegnato che la carriera si fa maggiormente imparando a dire “no” che dicendo “sì”.
Se ti fosse data l’opportunità di scegliere un ruolo, cosa canteresti?
Della mia vocalità e del mio repertorio ho praticamente cantato quasi tutto ciò che mi interessava debuttare, sicuramente un sogno nel cassetto che non si è ancora realizzato è il title-role in Hamlet di Thomas.
Il primo disco acquistato?
La prima opera che è entrata nella mia collezione mi è stata regalata da mio padre è stata l’ Aida diretta da Claudio Abbado con Domingo, Ricciarelli, Obratzova, Raimondi, Nucci con i complessi della Scala.
Il tuo rapporto con la televisione?
Una fedele, devota e silenziabile compagna di viaggio.
C’è un orrore in tv?
In generale il dilettantismo. Il messaggio televisivo che passa è che basta improvvisarsi per emergere ed invece nella vita vera non è così. Può capitare un caso nella vita ma la regola non è certo questa.
Cosa fai un’ora prima di salire sul palco?
Mi trucco e mi preparo per la recita, generalmente i vocalizzi li faccio prima ancora in modo di potermi concentrare sulla preparazione “estetica” del personaggio senza troppa fretta.
Cosa non manca mai nel tuo camerino?

L’acqua.
A cosa pensi quando ti guardi allo specchio?
Prima di entrare in scena: controllo che tutto sia in ordine. A volte penso a chi me lo ha fatto fare a volte non vedo l’ora di essere in scena per scatenare tutta l’energia accumulata. In entrambi i casi comunque ritengo di essere un privilegiato per poter fare della mia passione il mio mestiere. In generale invece non ho un grande rapporto con la mia immagine ed ho alcuni difetti che vorrei correggere.
Come vorresti morire?
Senza rendermene troppo conto. Come in un’opera: il tempo di ringraziare chi ami e ti ha amato e ti è ancora accanto prima di raggiungere chi quel viaggio lo ha fatto prima di te e non ha mai smesso di amarti incondizionatamente.
Stato d’animo attuale?
Sereno.
Il tuo motto?
Tutto ciò che è sano resto, tutto ciò che è marcio se lo porta via il camion della spazzatura.
Foto di Roberta Arias