“I Vespri Siciliani” secondo Leo Nucci

Il Festival Verdi ha programmato per questa edizione 2010 Il Trovatore e I Vespri Siciliani al teatro Regio di Parma e Attila al prezioso teatrino di Busseto. Oltre, naturalmente, a concerti ed eventi vari in altre località della terre verdiane. L’artista massimo del Festival è il grande Leo Nucci, bolognese per nascita, lodigiano per adozione, parmense per cittadinanza. Il celebre baritono, oltre che per alcuni concerti, è stato scritturato per il ruolo di Guido di Monforte de I Vespri Siciliani. Artista a tutto tondo e cuore generoso per indole, pochi giorni fa ha  salvato la serata d’inaugurazione del Festival, accettando di sostituire all’ultimo momento l’indisposto Claudio Sgura nel ruolo del  Conte di Luna ne  Il Trovatore inaugurale.

Ci racconti, Leo, come è avvenuto?
Sono da alcuni giorni a Parma per le prove de I Vespri Siciliani. Martedi, mentre stavo pranzando sono stato raggiunto per telefono dal sovrintendente Meli. Il solito modo garbato, la solita constatazione della mia disponibilità, dell’essere ormai cittadino onorario di Parma, il grave problema del collega Sgura e il rischio di dover saltare la prova generale quello stesso pomeriggio e la Prima della inaugurazione il 1 ottobre… Come facevo a dirgli di no? Così, ho fatto la generale senza costume ma con una grandissima ovazione del pubblico. Per le recite successive, però, devono cercare un altro baritono. Io non posso assolutamente. Ho le prove dei Vespri con il debutto il 10 ottobre.
A proposito di quest’opera tanto difficile, così lunga e così poco rappresentata, so che non è la prima volta che la canti….
L’ho debuttata a Bologna nella stagione 1986 – 87 con la direzione di Riccardo Chailly e la regia di Luca Ronconi. Uno spettacolo di tradizione, bellissimo, molto colorato e molto siciliano, giustamente ambientato nel suo periodo 1290, tra aranci e olivi. E’ stata trasmessa anche in televisione. Il personaggio Monforte l’ho poi cantato in altri teatri, tra cui ricordo quelli di Zurigo, Vienna, New York. Proprio al Metropolitan è stato dichiarato: “ L’unica giustificazione per fare questa opera è la presenza  di Leo Nucci “.
Quest’opera l’hai sempre cantata in italiano?
E’ sempre meglio cantarla in italiano e non in francese come era stata eseguita la prima volta a Parigi nel 1855. Questa è l’unica difficoltà. La sonorità dell’orchestra e la vocalità italiana sono più giuste che non la vocalità francese. La traduzione in quella lingua è difficile, non è la cosa più bella del mondo e crea molte difficoltà per la memoria dei cantanti. In francese gli accenti e la musica vengono spostati. Invece, in italiano, per la drammaturgia eccezionale, si capisce veramente tutto. Scribe non era l’ultimo arrivato.
Infatti nel 1852 Scribe aveva offerto il libretto di “Le duc d’Albe” al maestro, che però volle ne venisse cambiato il titolo, trasferendo l’ambientazione in una terra ricca di colori come la Sicilia, con quella atmosfera sovraeccitata e bellicosa che pervade tutta l’opera, facendola quindi  tradurre in italiano da Arnaldo Fusinato.
E’ un’opera che amo veramente, della quale preferisco l’aria di Monforte “In braccio alle dovizie”. Aria che ho inserito nel disco Decca delle arie di bel canto. E’ un’opera piena di motivi, di temi, che ha  una struttura sinfonica, perché la sinfonia è l’unica che si può dire strutturata in maniera veramente sinfonica più delle altre. Che sono bellissime, ma sono soltanto preludi.
Infatti è una splendida ouverture costituita da materiali tematici dell’opera secondo i principi classici.
Proprio così. Vengono utilizzati il “De Profundis” del finale del quarto atto oltre al tema secondario  ampiamente sviluppato del duetto del terzo atto fra Monforte e Arrigo, decisivo per il destino dei personaggi. E’ una delle più belle idee melodiche di Verdi.
C’è, in quest’opera, qualche punto debole?
L’unica debolezza è il finale, perché dopo un terzetto straordinario termina un po’ affrettatamente. Verdi ha scritto una cadenza in RE, che viene tolta molto spesso dai tenori. Vengono pure effettuati parecchi tagli anche perché è  il melodramma più difficile del repertorio operistico.
E’ per questo che viene così poco inserita nei cartelloni lirici?
Forse anche per questo, ma anche perché esige interpreti di grosso calibro, non sempre facili da trovare. A Parma venne messa in scena dopo la Prima di Parigi. Ma, da allora, a Parma mai più.
Per concludere questa chiacchierata “tra noi da buoni amici”, il personaggio di Monforte, anche se è un “nobile” tiranno, conquista gradualmente la simpatia e la considerazione del pubblico. E tu, anche in questo, sei maestro. E lo abbiamo pure dimostrato con il libro “Leo Nucci, un baritono per caso”.
Sono “un baritono per caso” ma che non “per caso” ama molto il personaggio di Monforte, così interessante e sfaccettato che rientra di diritto tra i grandi ruoli baritonali verdiani. Nonostante la sua durezza, ha accenti nobili e spesso anche calorosi. Non per caso in alcune frasi ricorda Rigoletto o anticipa Filippo II°.
Foto Roberto Ricci – Teatro Regio di Parma



Ricordiamo che “I Vespri Siciliani” andranno in scena al Teatro Regio di Parma domenica 10 ottobre con repliche fino al 24 ottobre