Onore e morte nella “Cavalleria rusticana” e nei “Pagliacci” di nuovo insieme al Teatro Massimo Bellini di Catania

Catania, Teatro Massimo “Bellini”, Stagione lirica 2010-2011
“CAVALLERIA RUSTICANA”
Melodramma in un atto.Libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci dall’omonima novella di Giovanni Verga.
Musica di Pietro Mascagni
Santuzza PATRIZIA PATELMO
Turiddu BOIKO SVETANOV
Lucia SARAH M’PUNGA
Alfio SILVIO ZANON
Lola ANTONELLA FIORETTI
PAGLIACCI”
Dramma in un prologo e due atti.
Libretto e musica di Ruggero Leoncavallo
Nedda ROSSANA POTENZA
Canio BOIKO SVETANOV
Tono SILVIO ZANON
Silvio SALVO TODARO
Beppe MICHELE MAURO
Due contadini MASSIMILIANO BRUNO, ALFIO MARLETTA
Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Massimo Bellini
Coro di voci bianche “Gaudeamus Igitur” Concentus
Direttore Maurizio Arena
Regia Giulio Ciabatti
Scene Salvo Tropea
Costumi Anna Biagiotti
Maestro del coro Tiziana Carlini
Maestro del Coro di voci bianche Elisa Poidomani
Allestimento del Teatro Massimo Bellini di Catania
Catania, 19  febbraio 2011 

Dopo molti anni la direzione del Teatro Massimo Bellini di Catania ha riproposto Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni e Pagliacci di Ruggero Leoncavallo nella stessa serata seguendo una tradizione consolidata alla quale diede inizio proprio lo stesso Mascagni che diresse le due opere insieme nel 1926 alla Scala di Milano. La Cavalleria rusticana mancava, infatti, dalle scene del teatro del capoluogo etneo da ben 13 anni, se si eccettua una sporadica apparizione all’aperto per la stagione estiva del 2008, mentre l’ultima rappresentazione del capolavoro di Leoncavallo risale al 2000. Per questo ritorno alla tradizione, che ha registrato il tutto esaurito ed è stato salutato dal pubblico con intensi e prolungati applausi, la direzione del Teatro ha affidato il podio alla bacchetta esperta di Maurizio Arena, direttore d’orchestra messinese di fama mondiale, il quale con la finezza che contraddistingue il suo approccio sia alle partiture operistiche che a quelle sinfoniche, ha messo in evidenza le sfumature dei due importanti lavori, ora evidenziando gli aspetti passionali, come, per esempio, nel duetto che vede protagonisti Turiddu e Santuzza, ora scandagliando gli intimi moti del cuore nel duetto tra Silvio e Nedda nei Pagliacci.
Di grande impatto emotivo è  stata anche la sua direzione dei due intermezzi, due autentiche perle sinfoniche incastonate nelle truci vicende di onore e di morte raccontate nelle due opere. Particolarmente originale è stata la regia di Giulio Ciabatti che nella Cavalleria rusticana ha dato voce, come rilevato dallo stesso regista, al grido inascoltato dei vinti e degli sfruttati non solo siciliani dell’Ottocento ma di ogni luogo e di ogni epoca. A tale fine è significativa l’essenziale scenografia di Salvo Tropea che, limitata, nella Cavalleria, all’osteria di Mamma Lucia e alla chiesa, ritrae una piazza universale di un paese non determinato in un tempo anch’esso indeterminato. Altrettanto originale è stata la scelta del regista che, contrariamente all’interpretazione tradizionale particolarmente comprensiva nei confronti di Canio, il marito tradito, ha reso protagonista Nedda. Accostata dallo stesso Ciabatti alla Gelsomina del film La Strada di Fellini, della quale condivide le esperienze frustranti e umilianti, Nedda è al centro della scena sin dall’inizio dell’opera, quando viene collocata su un piccolo podio per essere fatta oggetto degli sguardi del doppio pubblico, quello dell’opera (il coro) e quello in sala.
Per quanto riguarda i cantanti è stata ottima la scelta di affidare, nello spettacolo del 19 febbraio, che ha visto sulla scena il secondo cast, il ruolo di Santuzza a un mezzosoprano, come nella celebre incisione del 1965 diretta da Herbert von Karajan della quale grande protagonista fu Fiorenza Cossotto. In quest’occasione a prestare alla tormentata Santuzza la sua splendida voce sia nel caldo registro grave che in quello medio-acuto anch’esso molto bello è stata un’appassionata Patrizia Patelmo, che ha sviscerato i moti del cuore del suo personaggio facendoli vibrare di intensa drammaticità con la sua voce. Nei Pagliacci, la cui partitura richiede una vocalità poco congeniale a quella del mezzosoprano, il ruolo femminile principale è stato affidato al soprano Rossana Potenza, che è stata  una Nedda sognante, amante di Silvio, un ottimo Salvo Todaro, e, infine, pienamente cosciente dei suoi diritti di donna nel contrastare un Canio ormai deciso al delitto. Una buona impressione ha suscitato il tenore Michele Mauro (Beppe) soprattutto nella serenata dell’atto secondo. Molto bella e limpida è anche la voce di Boiko Zvetanov che ha vestito con finezza i panni di Turiddu e di Canio, dei cui risvolti psicologici è stato attento e fedele interprete. Molto apprezzata dal pubblico, che gli ha tributato un lungo applauso, è stata la sua interpretazione di Vesti la giubba. Il baritono veneziano Silvio Zanon si è reso protagonista di una performance di altissimo profilo sia nei panni di Alfio che in quelli di Tonio, due ruoli che costituiscono due suoi autentici cavalli di battaglia. In quest’ultimo, in particolare, ha rappresentato con efficacia le sfumature del carattere del suo personaggio, goffo innamorato di Nedda, prima, e freddo nella vendetta, dopo. Il suo ruolo di motore dell’opera è stato esaltato anche dalla scelta di restituire al suo personaggio,  seguendo con precisione le disposizioni dell’autore spesso disattese nel Novecento a favore di un Canio in passato qualche volta un po’ troppo invadente, l’ultima battuta: La commedia è finita.

Foto Giacomo Orlando