“Ne congiunga il nume in Ciel”. La Lucia di Lammermoor di Donizetti tra Walter Scott e romanticismo cattolico (Parte prima).

Walter Scott

Cammarano, Scott e il sistema dei personaggi.
La Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti costituisce una delle opere esemplari del melodramma romantico italiano
, non solo per la musica del compositore bergamasco, ma anche per il libretto che Cammarano trasse dal romanzo di Walter Scott, The Bride of Lammermoor.
La prassi di trarre un soggetto da un’opera letteraria straniera era abbastanza consueta nella librettistica italiana ottocentesca, in quanto in Italia non vi fu la fioritura di una vera e propria narrativa romantica come in Francia, in Inghilterra ed in Germania, per cui era quasi d’obbligo, per il librettista italiano, rivolgersi ai modelli stranieri, tra i quali Schiller, Shakespeare, Hugo; tra questi un ruolo importante fu svolto dallo scrittore inglese Walter Scott, già modello, per il librettista Tottola, della Donna del Lago di Rossini e del Castello di Kenilworth. Certamente, rispetto alle opere dei suoi colleghi, quelle di Walter Scott contribuirono in modo minore alla formazione del repertorio melodrammatico, soprattutto perché ponevano alcune difficoltà dovute essenzialmente all’esigenza di ridurre a dimensioni e tempi scenici gli avvenimenti che lo scrittore inglese  aveva narrato in molte pagine; la stesura del libretto d’opera, inoltre, nel nostro Ottocento, poneva alcuni problemi attinenti anche al ruolo che i personaggi dovevano svolgere in base al loro timbro di voce, per cui il tenore, che ama riamato il soprano, doveva sempre rivaleggiare col baritono, mentre il basso si presentava ieratico, solenne.
Nella riduzione librettistica del romanzo di Scott, Cammarano, quindi, dovette tener conto di tutte queste esigenze che non mancarono di comportare delle notevoli modifiche sia sul piano del sistema dei personaggi che su quello della fabula. Dal punto di vista dei personaggi, infatti, il fiero oppositore all’amore tra Lucia Asthon ed Edgardo di Ravenwood non è più la madre della donna, che, dalle informazioni sparse nell’opera, è morta[1], ma il fratello Enrico, non a caso baritono, che, nella prima scena dell’opera, si presenta minacciando fuoco e fulmini contro l’amore di Lucia per Edgardo. Enrico, infatti, rivolgendosi al basso Raimondo, ieratico sacerdote che cerca di ricondurlo a più miti consigli, risponde altero:

La pietade in suo favore
Miti sensi invan ti detta…
Se mi parli di vendetta
Solo intenderti potrò.
Sciagurati!… il mio furore
Già su voi tremendo rugge…
L’empia fiamma che vi strugge
Io col sangue spegnerò.

(I, 3)

Cammarano, quindi, trasformò l’Enrico del romanzo, dipinto da Scott come un ragazzino, in un uomo a cui sono affidate le sorti di una famiglia in declino, che ha bisogno di salvare il proprio prestigio, a differenza di Edgardo, che, invece, come afferma lo stesso Enrico, dalle sue rovine / Erge la fronte baldanzosa e ride! (I, 1).
Nella Lucia donizettiana la condizione economica ed il prestigio politico delle due famiglie si presentano totalmente rovesciati rispetto al romanzo di Scott, nel quale è la casata degli Asthon ad avere ancora un ruolo di prestigio; sir William Asthon, lord cancelliere e padre di Lucia, era riuscito, infatti, ad affermare la sua forza ed autorità in una situazione politica estremamente delicata che vedeva vacante il trono di San Giacomo, come avverte lo stesso Scott «In quei giorni non c’era un re in Israele. »
Dopo che Giacomo VI era partito dalla Scozia per assumere la corona d’Inghilterra, più ricca e più potente, esistevano, tra l’aristocrazia scozzese, fazioni contendenti, e a seconda del prevalere di questo o di quell’intrigo alla corte di San Giacomo, i poteri sovrani di delega passavano alternativamente o all’una o all’altra fazione[2].
A questo clima di faziosità fece riferimento anche Cammarano quando, nella seconda scena della seconda parte, Enrico, imponendo a Lucia il sacrificio di sposare Arturo e  di rinunciare ad Edgardo, afferma:
Spento è Guglielmo… Ascendere
Vedremo al trono Maria
Prostrata è nella polvere l
La parte ch’io seguìa…
[…]
Dal precipizio
Arturo può sottrarmi,
Sol egli!…

La casata degli Asthon è, nella Lucia donizettiana, quindi, sull’orlo del precipizio, mentre Edgardo si apriva la strada ad una brillante carriera politica che lo avrebbe visto quanto prima in Francia per trattar […] le sorti della Scozia, come egli stesso dichiara nel momento della separazione dall’amata Lucia.
L’assenza del personaggio del Lord Cancelliere nel libretto di Cammarano non solo consentì al librettista di porre a confronto, in un antagonismo classico nel melodramma, il baritono Enrico ed il tenore Edgardo, ma giustifica anche la difficile situazione politica in cui si trovava la casata degli Asthon.
(Fine prima parte)

Il testo è tratto da Riccardo Viagrande, Musica e poesia arti sorelle, Casa Musicale Eco, Monza, 2005, pp. 21-28.
GBopera ringrazia l’editore che ci ha permesso la pubblicazione online


[1] Nella Parte seconda dell’Atto primo Enrico assicura Arturo sul dolore di Lucia «Dal duolo oppressa e vinta / Piange la madre estinta». Tutte le citazioni del libretto della Lucia di Lammermoor sono tratte da S. Cammarano, Lucia di Lammermoor, in Il teatro italiano V. Il libretto del melodramma dell’Ottocento, tomo primo, a c. di C. Dapino, Torino, Einaudi, 1983.

[2] W. Scott, La sposa di Lammermoor, trad. a c. di B. Onofri, Milano, Garzanti, 1982, p. 21