Sferisterio Opera Festival: “Un ballo in maschera”

Macerata, Sferisterio Opera Festival 2011
UN BALLO IN MASCHERA”
Melodramma in tre atti su libretto di Antonio Somma, da Gustave III ou le bal masqué di Eugène Scribe.
Musica di Giuseppe Verdi
Riccardo STEFANO SECCO
Renato MARCO DI FELICE
Amelia VIKTORIIA CHENSKA
Ulrica ELISABETTA FIORILLO
Samuel ANTONIO BARBAGALLO
Tom DARIO RUSSO
Oscar GLADYS ROSSI
Silvano ALESSANDRO BATTIATO
Un giudice RAOUL D’ERAMO
Un servo d’Amelia ENRICO COSSUTTA
Orchestra Fondazione Orchestra Regionale della Marche
Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini”
Complesso di palcoscenico: Banda “Salvadei”
Direttore Daniele Callegari
Maestro del Coro David Crescenzi
Regia, Scene e Costumi Pier Luigi Pizzi
Nuovo allestimento
Macerata, 22 Luglio 2011

Ha inaugurato  la 47° edizione dello Sferisterio Opera Festival  di Macerata il  famoso titolo verdiano “Un ballo in maschera con la direzione di Daniele Callegari, regia scene e costumi di Pier Luigi Pizzi. Parlare di questo spettacolo definendolo “nuovo allestimento” così come da cartellone, è assai forzato dal momento che, a  meno di alcuni adattamenti scenici, lo abbiamo visto nascere a  Piacenza presso l’Expo nel  2004 e ripreso al Massimo di Palermo nel 2006, dove ricordiamo nel ruolo di Riccardo il compianto Vincenzo La Scola. Quello che chiaramente colpisce è una nuova idea di “Un Ballo in Maschera” dal contesto storico spostato negli anni Sessanta del Novecento, in una Boston dai chiarissimi riferimenti post-kennediani. La citazione è assolutamente calzante dal momento che una delle storiche e più potenti famiglie americane, quella dei Kennedy appunto, aveva ed ha sempre avuto proprio nella città del Massachusetts origine e proprio qui i membri di questa famiglia riuscirono a divenire così politicamente influenti da essere  da molti definiti i “reali” degli Stati Uniti.
L’ampio palcoscenico dell’arena vedeva i due lati  delle ampie gradinate riempirsi a poco a poco dal Coro in abiti anni ’50-60 (cortigiani in divisa, signore in colorati “tailleur” e cappellini), mentre gigantesche bandiere “Stars and Stripes” proiettate sullo sfondo suggerivano allo spettatore il luogo geografico in cui le vicende andavano a svolgersi. Riccardo era dunque  un dittatore, un presidente, un gerarca (?) vestito come tutti gli uomini in divisa militare  e, arrivando in scena sopra una scintillante cadillac rossa, veniva  accolto da giornalisti e flash accecanti. Oscar, trasformato in “stagista”, evocava l’idea di una elegante  e provocante segretaria tuttofare sempre rigorosamente vestita in abiti rossi. Nota divertente è che, per poter dare senso all’idea registica del personaggio, tutti i protagonisti si rivolgevano ad Oscar al femminile, forzando il libretto proiettato in fondo alla scena. Ed Ulrica? Una fusione tra una teleinbonitrice di qualche rete televisva privata ed  una rock star di colore, in uno sfrontatissimo abito da sera fucsia che svolgeva le sue arti magiche di vaticinio di fronte ad un pubblico coloratissimo e costantemente  immersa in una luce in tinta con l’abito. Gli ambienti scenici di cotanti personaggi non potevano che essere altrettanto audaci. Tra tutti “l’orrido campo” veniva riletto come una stazione di servizio abbandonata immersa tra i fumi metropolitani e nella nebbia, tra vecchi copertoni accatastati e pompe di benzina sporche ed arrugginite, frequentata da emarginati, drogati e omosessuali. Un eroinomane in pieno “trip”dopo una dose iniettata si dimenava sofferente in scena  e due giovani ragazze dopo aver fumato uno spinello si dedicavano a passioni saffiche.
Tutta la scena, la mimica dei personaggi, i forti piani di lettura venivano amplificati poi da costanti proiezioni in tinta color seppia sullo sfondo dell’arena grazie a varie telecamere che riprendevano  il susseguirsi  della vicenda. Sul piano musicale, il Maestro Daniele Callegari chiamato a sostituire  il Maestro Paolo Carignani, ufficialmente per  “problemi di natura artistica”,  alla testa dell’ottima orchestra marchigiana e di un eccellente Coro “V.Bellini” (diretto da David Crescenzi), è sembrato piuttosto sottotono. Una scelta di dinamiche piuttosto alterna e discontinua: o eccessivamente  rapidi e tesissimi o troppo lenti e trascinati.  Possiamo semplicemente definire una concertazione “corretta”.
E cosa dire dei cantanti proiettati in una civiltà che aveva  automobili e motociclette, studi televisivi e telecamere impiccione? Stefano Secco, nel ruolo di Riccardo, è stato assolutamente il vero protagonista della serata: una voce slanciata, generosa, facile in acuto ed anche nel registro più grave e di carezzevole colore. Ha sfoggiato poi mezze voci perfettamente sostenute ed emesse, il tutto correlato da  una bella tavolozza di nuances espressive. Manca solo, alle volte, di quel piglio nel fraseggio che darebbe alla sua già ottima  interpretazione quel tocco di eccellenza. Un ruolo che potrà dare certamente, in futuro, a questo tenore molte soddisfazioni. Marco Di Felice, è stato un Renato poco convincente. Non si intuisce un’evoluzione psicologica del personaggio che rimane genericamente tratteggiato. Ci stupisce ritrovarlo in arena con una voce assai diversa: disomogenea nell’emissione e con un fraseggio forzato. Probabilmente la sua una serata poco felice.
L’ucraina Viktoriia Chenska sostituiva, nel ruolo di Amelia, Teresa Romano. In un comunicato stampa leggevamo  infatti che la Signora Chenska era stata chiamata a Macerata come copertura per il ruolo di Amelia a seguito delle perplessità di carattere artistico sorte nel corso delle prove e dell’antegenerale sostenute dalla Signora Romano. Un cambio felice?…Non sembra. Scenicamente fredda, staccata e poco espressiva è stata un Amelia generica e vocalmente poco convincente. La cantante presenta  incertezze di emissione e di intonazione, un registro acuto fastidiosamente stridulo, poco controllo nelle mezzevoci ed una dizione ai limiti dell’accettabile. Avere una bella presenza scenica di certo non basta. Il contralto Elisabetta Fiorillo, nel ruolo di Ulrica, ha dominato il ruolo in modo convincente  e riesce ad essere  disinvolta in questa visione bizzarra del personaggio.
Successo personale per Gladys Rossi, nei panni di Oscar. Il soprano ha incantato il pubblico non solo per la sua bellezza e disinvoltura sul palco dell’arena, ma anche per una resa vocale ineccepibile. Un’interpretazione  sempre incisiva, spiritosa e mai sopra le righe. Acuti svettanti e sicuri ed agilità assolutamente controllate e ben gestite, nonostante alcuni tempi troppo veloci imposti dal direttore d’orchestra. Il pubblico l’ha premiata con consensi a scena aperta ed applausi scroscianti.
Non sempre precisi e scenicamente sicuri il Samuel di Antonio Barbagallo ed il Tom di Dario Russo. Molto bravo il Silvano di Alessandro Battiato e funzionali allo spettacolo un giudice di Raoul d’Eramo ed un servo di Amelia di Enrico Cossutta. Pubblico della prima abbastanza formale, ma generoso di applausi. Particolarmente festeggiati Stefano Secco e Gladys Rossi.