Venezia, Teatro La Fenice: “Lou Salome” di Giuseppe Sinopoli

Venezia, Teatro La Fenice, Stagione Lirica 2012
“LOU SALOME'”
Opera in due atti su libretto di Karl Dietrich Gräwe, dal Lebensrückblick di Lou Andreas-Salomé
Musica di Giuseppe Sinopoli
Lou Salomé ÁNGELES BLANCAS GULIN
Lou Salomé II GIORGIA STAHL
Friedrich Nietzsche, Un Uomo-uccello (Zarathustra) CLAUDIO PUGLISI
Paul Rée, Un servitore GIAN LUCA PISARONI
Rainer Maria Rilke MATTHIAS SCHULZ
Friedrich Carl Andreas ROBERTO ABBONDANZA
Malwida von Meysenbug, La signora von Salomé JULIE MELLOR
Hendrik Gillot, Il professor Kinkel Marcello Nardis, Un servitore, Un contemporaneo che ha molto viaggiato ALESSANDRO  BRESSANELLO
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Direttore Lothar Zagrosek
regia del suono Alvise Vidolin
regia, scene, costumi e luci, Facoltà di Design e Arti Iuav di Venezia
Performing Arts – Corso di Laurea magistrale in Scienze e Tecniche del Teatro
coordinamento Walter Le Moli
Laboratorio di Teatro musicale Teatro La Fenice / Iuav
tutors di regia, scene, costumi, luci: Luca Ronconi, Franco Ripa di Meana, Margherita Palli, Gabriele Mayer, Claudio Coloretti, Alberto Nonnato, Luca Stoppini, Camillo Trevisan, Massimiliano Ciammaichella, Stefano Collini, Alice Biondelli
Nuovo allestimento
Venezia, 26 gennaio 2012
Quest’anno la stagione lirica della Fenice si è aperta con un omaggio a Giuseppe Sinopoli, vale a dire la rappresentazione, per la prima volta in Italia, della sua Lou Salomé, che dopo la prima assoluta a Monaco, nel lontano 1981, non era stata più riproposta. Un meritato riconoscimento ad un artista poliedrico e raffinato, ma anche un’occasione per ripensare, attraverso le speculazioni della carismatica protagonista e del suo elitario entourage, ad un periodo-chiave del la cultura mitteleuropea.  Il monumentale lavoro di Sinopoli, infatti, è una sorta di dialogo filosofico in cui, sullo sfondo di luoghi e vicende della vita di Lou, si compendiano, spesso aforisticamente, concetti  e teorie di cui si nutrì la cultura a cavallo tra Otto e Novecento. Aleggia su tutto lo spirito del Gran Padre Wagner, non solo per  il ricordato alto tasso di pensiero filosofico diluito nel dramma, ma anche per il cromatismo che pervade tutta  la partitura. Una partitura che, con sapiente eclettismo, riecheggia  le raffinatezze timbriche di Zemlinsky o Mahler e  la cantabilità di Berg o Maderna, e nella quale le percussioni, anche in chiave esoterica oppure dionisiaca,  hanno notevole rilievo.
Ma il Novecento (delle avanguardie) si coglie anche negli aspetti visivi e gestuali  dello spettacolo, ideato da un gruppo di studenti dello Iuav sotto la guida di  tutor d’eccezione.  Abbattuta la cosiddetta quarta parete, l’azione si svolge in platea quasi a contatto con il pubblico seduto tutt’intorno.  Al centro un albero verdeggiante (della vita, della scienza del bene e del male, il frassino del mondo di wagneriana memoria?) e attorno, in disordine, oggetti  segnati  dal tempo e simboli di morte: una croce sopra una pietra tombale, cumuli di libri, alcuni semisepolti  nella terra, mobili polverosi, specchi ossidati. Sui parapetti dei palchi proiezioni intonate con il clima di questa o quella situazione scenica.  Sul palcoscenico, dove si svolgono le scene di interno,  davanti all’orchestra, uno scrittoio e un divano che evoca uno  studio di psicanalisi.  In questo spazio non troppo rassicurante entrano  da più parti i vari personaggi , creando negli spettatori un certo effetto di straniamento.  Lodevole lo sforzo degli studenti dello Iuav, per quanto si tratti di una messinscena che utilizza situazioni e simboli non certo nuovi, oltre tutto la gestualità e la postura a volte esasperate dei  personaggi sulla scena, poco si confanno, a nostro avviso, al carattere eminentemente ‘speculativo’ del testo. Si stenda un velo pietoso sull’apparizione finale di un sosia del Maestro Sinopoli percorrente la scena: una trovata francamente kitsch.
Sul piano interpretativo si impone su tutti il soprano Ángeles Blancas Gulin, che insieme all’attrice Giorgia Stahl sa rendere le inquietudini e lo spessore culturale di una donna tra le più ammirate e discusse della recente storia europea. La cantante, attraverso una ricca espressività e una sicura padronanza tecnica, riesce ad affrontare, quasi sempre con agile eleganza e precisa intonazione, le asperità di una linea di canto che si sviluppa attraverso intervalli comprendenti a volte distanze a dir poco siderali, in perfetta analogia con un testo che procede spesso per antitesi a rendere, ad esempio, il conflittuale rapporto della protagonista con l’eros. Notevole, altresì,  la prestazione del mezzosoprano Julie Mellor, che intona  anche la parte di Malwida von Meysenbug.
Convincenti anche le interpretazioni relative ai ruoli maschili. In particolare quella del baritono Roberto Abbondanza nei panni di Friedrich Carl Andreas, che piega i suoi eccellenti mezzi vocali alle sfumature di un personaggio altrettanto segnato da lacerazioni interiori, pur perdendo di smalto nel timbro quando si spinge nel registro grave di una parte concepita, del resto, per basso-baritono. Nobilmente appassionati il Paul Rée di Gian Luca Pisaroni e il Rainer Maria Rilke di Matthias Schulz. Profetico e visionario nei ruoli di Friedrich Nietzsche e dell’Uomo-uccello Carlo Puglisi, la cui voce amplificata nella scena sulle Torri dei Pazzi (II,5) proclama la morte di Dio e l’avvento del Superuomo con accenti che evocano la figura di Samiel nel Freischütz.
Precisa e adeguata ai tratti stilistici della complessa partitura (dopo qualche lieve incertezza iniziale) la prova offerta dall’orchestra  del teatro veneziano, sotto la direzione di Lothar Zagrosek, uno specialista per quanto riguarda la produzione contemporanea. Analogamente positiva la prestazione del coro fuori scena, istruito da Claudio Marino Moretti. Di grande suggestione la regia del suono di Alvise Vidolin, un personaggio ben noto ai cultori della musica contemporanea, in particolare, elettronica.
Caldissimi e prolungati applausi hanno salutato la fine di questo spettacolo: una dimostrazione che il pubblico è disponibile ad accogliere con entusiasmo proposte altamente culturali, e anche certamente una manifestazione d’affetto al compianto maestro veneziano.
Foto Michele Crosera – Teatro La Fenice di Venezia