Salerno, Teatro Verdi:”La Gioconda”

Salerno, Teatro Verdi, Stagione Lirica 2012
“LA GIOCONDA”

Melodramma in quattro atti  su libretto di Arrigo Boito (firmato sotto lo pseudonimo e anagramma di Tobia Gorrio), tratto da “Angelo, tyran de Padoue” di Victor Hugo.
Musica di Amilcare Ponchielli
La Gioconda
HUI HE
Laura Adorno LUCIANA D’INTINO
Alvise Badoero CARLO STRIULI
La cieca FRANCESCA FRANCI
Enzo Grimaldo  HUGH SMITH
Barnaba  LADO ATANAELI
Zuane /Barnabotto ANGELO NARDINOCCHI
Un cantore / Un pilota MASSIMILIANO TRAVAGLIATI
Isepo  FRANCESCO PITTARI
Coro del Teatro dell’Opera di Salerno.
Orchestra Filarmonica Salernitana “Giuseppe Verdi”
Coro di Voci Bianche del Teatro “Giuseppe Verdi” di Salerno
Direttore Yishai Steckler
Maestro del Coro Luigi Petrozziello
Maestro del Coro di voci bianche Silvano Noschese
Regia Maurizio Di Mattia
Scene Davide Gilioli
Coreografia Pina Testa
Nuovo allestimento del Teatro Verdi di Salerno
Salerno, 19 ottobre 2012
E’ una nave, la scena di Gioconda, creata da Davide Gilioli, in scena al Teatro Verdi di Salerno, una nave che salpa da Venezia verso una meta ignota. Maurizio Di Mattia firma regia e costumi. Se l’opera non la si conosce non la si capisce…..questa è una grande verità; ma quanto sarebbe bello andare a teatro e comprendere a livello visivo quello che avviene! Chi scrive non è sfavorevole a scelte registiche lontane dalla tradizione, anzi…. ben vengano nuove idee, anche le più apparentemente  inconsuete, purché abbiano un effetto reale, vuoi nella chiarificazione del messaggio totale dell’opera, vuoi nel sottolineare dettagli prescelti, vuoi semplicemente per dare un’emozione non spiegata. Qui, non c’è nulla di tutto questo. C’è una nave con una ciurma allo sbaraglio…..gesticola, si muove, agisce senza nessuna attinenza drammaturgica.
Ci sono molti momenti oscuri tra buca e palcoscenico, nitida la sensazione che non ci sia nesso d’intenti alcuno tra quello che viene suonato e quello che viene interpretato, nessuna qualsivoglia sintonia. La direzione di Yishai Steckler è piuttosto confusa nel gesto e questo naturalmente provoca problemi di  assieme. Musicalmente non si ascolta nulla di rilevante o apprezzabile ed è anche prevedibile perché se sin dalle prime battute si fa fatica ad andare a tempo, è  fortemente improbabile che si realizzi altro. Coro e orchestra fanno quello che possono con momenti gradevoli, soprattutto quelli strumentali delle danze, ma davvero sono spesso lasciati soli. Una particolare menzione per  il coro di voci bianche diretto da Silvana Noschese, preparato bene musicalmente e con un suono curato e piacevole
Ambientata nella Venezia seicentesca, la storia che è tratta dal dramma di Victor Hugo Angelo, Tyran de Padoue e vanta la firma di Arrigo Boito nella creazione librettistica, narra del drammatico e funesto amore della cantrice Gioconda per il nobile Enzo Grimaldo, principe genovese che, bandito dalla Repubblica, torna a Venezia sotto mentite spoglie, alla ricerca della sua amata Laura, moglie di Alvise Badoero, capo dell’Inquisizione. Sullo sfondo di questo quadro amoroso tormentato si muove Barnaba, spia del Tribunale, ossessionato da Gioconda. La protagonista è divisa tra l’amore non corrisposto per Enzo che arriverà persino a minaciarla di morte, quello per sua madre, cieca, sin dall’inizio vittima della malvagità di Barnaba,  il sentimento di odio nei confronti della rivale Laura che poi deciderà di proteggere quando scoprirà essere colei che a sua volta ha salvato sua madre da morte certa e quello di ribrezzo nei confronti di Barnaba a cui promette di concedersi per salvare Enzo, imprigionato. Oltre alla trama intricata e piena di tinte fosche, ci sono altri elementi che permettono di ascrivere quest’Opera nell’ambito del Grand-Opera: ambientazione sfarzosa, scene di massa, sentimenti forti e contrastanti, balletto, orchestrazione sontuosa. Nella realizzazione salernitana questi elementi connotanti spiccano poco e se lo fanno, solo sporadicamente, risultano incongrui, incosistenti e poco caratterizzanti.
Con queste premesse, i personaggi fanno fatica ad emergere nella loro veste musicale e registica come si sarebbe auspicato vivamente, visto il folto materiale di contrasti e vicende che la storia fornisce. Il risultato individuale sembra essere più la conseguenza di scelte artistiche esclusivamente personali che l’interpretazione soggettiva di un’idea chiara espressa da regista e direttore durante il corso delle prove. Di queste scelte, efficacissima appare quella di Luciana D’Intino, Laura Adorno.  La voce è omogena,      sicurissima la gestione dell’aria, il personaggio è tratteggiato con semplicità e naturalezza. Stella del marinar, l’Aria del II Atto,  è fulgido esempio di canto giusto, fluido, senza nessun tipo di cedimento e con la  partecipazione emotiva adeguata, elementi che ritornano, puntuali,  in ogni suo intervento. Hui He come Gioconda, si destreggia abbastanza bene, considerando la difficoltà della parte giungendo all’inizio del IV Atto non completamente ‘indenne’ alla sua temibile aria Suicidio! In questi fieri momenti….. Sostiene molto tutta la parte con la pronuncia e l’articolazione, la migliore in questo di tutto il cast, ma il ruolo richiederebbe un’altra vocalità o un altro spessore tecnico, o entrambe le cose. Il registro medio grave risulta poco naturale e anche piuttosto difficoltoso. Malgrado questo non è assolutamente avara di sfumature e colori vari, molti piacevoli, soprattutto nel registro acuto, sia nel piano che nel forte.  Hugh Smith, Enzo Grimaldo, sin dalla sua prima entrata, più che sembrare il nobile personaggio che lotta e ama, risulta essere quasi la presentazione spocchiosa di un supereroe…….anche il costume sottolinea questo aspetto vanaglorioso. Il suo canto è stentoreo, con accenti forse anche decisamente sopra le righe, mentre l’aria del II Atto Cielo e mar, presentata al centro del palcoscenico, in posizione completamente statica, non emoziona per quello che dovrebbe essere: una bellissima aria d’amore. Inespressivo.  Portare in fondo un’aria del genere è già da considerare apprezzabile, non si va  oltre, però. Per quanto riquarda i successivi due atti credo sia  degna di nota qualche mezza voce nei pezzi d’assieme.
Lado Ataneli, nella parte di Barnaba, dopo un  esordio convincente nel I Atto, mostra via via nel corso dell’opera evidenti segni di stanchezza. La sua prova è comunque soddisfacente. Carlo Stiuli, veterano del Teatro salernitano, ora Alvise Badoero, non connota il suo personaggio di nessun tratto particolare, vocalmente e scenicamente parlando: sarebbe potuto essere chiunque e avrebbe cantato allo stesso modo. La cieca di Francesca Franci, anche lei spesso presente nelle produzioni salernitane,  non suscita compassione per le sventure da cui è soprafatta. Non c’è nessuna emozione che può passare quando i fiati sono corti, la voce disomogena, afona, lì dove dovrebbe suonare morbidamente, a causa di un registro misto inesistente. La bellissima aria del I Atto, Voce di donna o d’Angelo,  passa completamente inosservata, anche se parte un’applauso che è evidentemente provocato. Ma il pubblico non si lascia coinvolgere e si ferma.
Nessuna particolare rilevanza sul  ‘comprimariato fisso’ del Teatro Verdi di Salerno costituito da Angelo Nardinocchi e Francesco Pittari a cui si aggiunge Massimiliano Travagliati. I balletti con le coreografie di Pina Testa sono anonimi, di routine, consoni a questo tipo di spettacolo che manca di unicità e organicità all’interno di quattro atti completamente slegati tra di loro. Unico elemento connettore, una nave…ma sarebbe stato preferibile non averlo….soprattutto se trattasi di nave ‘alla deriva’……