Decimo Concerto di Capodanno alla Fenice

Venezia, Teatro La Fenice
CONCERTO DI CAPODANNO 2013
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Direttore Sir John Eliot Gardiner
Maestro del Coro Claudio Marino Moretti
Soprano Desirée Rancatore
Tenore Saimir Pirgu
Giuseppe Verdi: ” Aida”, Sinfonia (versione 1872)
Pëtr Il’ič Čajkovskij:  Sinfonia n. 2 in do minore op. 17, “Piccola Russia”
Gioachino Rossini:” Le siège de Corinthe“,Galop
Giuseppe Verdi: “La Traviata” : «Di Madride noi siam mattadori»; “I vespri siciliani” : «Mercé, dilette amiche»; “Rigoletto”: «Questa o quella per me pari sono»; “Attila” : Preludio; “I lombardi alla prima crociata” : «O Signore, dal tetto natio»; “La Traviata”: Preludio atto,  «Sempre libera degg’io»; “I lombardi alla prima crociata” : «La mia letizia infondere»; “Nabucco” : «Va’ pensiero sull’ali dorate»; “La Traviata” : «Libiam ne’ lieti calici».
In coproduzione con Raiuno
Venezia, 29 dicembre 2012

Sir John Eliot Gardiner è ritornato sul podio del Teatro La Fenice di Venezia per dirigere l’ormai tradizionale Concerto di Capodanno, giunto alla sua decima edizione, dopo essere stato tra i protagonisti di quella di tre anni fa. Divenuto, attraverso la televisione, un appuntamento immancabile ed atteso per milioni di spettatori in Europa, compresi i paesi dell’Est, l’importante evento è un modo per salutare il nuovo anno all’insegna di uno spettacolo Made in Italy, facendo conoscere nel nostro paese e nel mondo, l’alto livello artistico raggiunto da uno dei massimi templi della musica, il cui stato di salute, incredibilmente florido, pur in tempi di crisi, è stato messo in evidenza, dati alla mano, nella conferenza stampa di presentazione del concerto, in cui erano presenti, tra gli altri, i reponsabili della direzione artistica e amministrativa del teatro. Una presentazione su cui merita spendere qualche parola. La ricetta vincente, per così dire, è fatta di due soli ingredienti: un’oculata politica culturale e una sana amministrazione, che integri ai buoni incassi della biglietteria l’insostituibile contributo degli sponsor, a rimpinguare i magri finanziamenti pubblici. In questa prospettiva va inserito anche il Concerto di Capodanno, che, come ha sottolineato il direttore delle pubbliche relazioni di Rai Uno Fabrizio Maffei, propone nella seconda parte – la sola che sarà trasmessa in diretta da Rai Uno, Arte, ZDF, WDR, Radio France e da varie emittenti dell’Est Europa –  una serie di titoli che l’Azienda ritiene particolarmente adatti a coinvolgere un vasto pubblico. Gli ha fatto eco – mentre si attendeva l’arrivo del maestro Gardiner, impegnato in una prova – il sovrintendente Cristiano Chiarot, che non ha perso l’occasione di riprendere la polemica, di cui è stato protagonista anche lo scorso anno, concernente l’inopportunità, almeno in Italia, di celebrare l’anno nuovo al ritmo della Marcia Radetzky (da sempre trascinante finale della kermesse viennese), in quanto evocherebbe nel nome del maresciallo austriaco la dura repressione che fece seguito – a Milano, a Venezia e altrove sul patrio suolo – ai moti del Quarantotto. Meglio, dunque, il gaudente Brindisi dalla Traviata, con cui si conclude tradizionalmente lo spettacolo veneziano. Ma ecco entrare nella sala un ragazzo di settant’anni in gran forma e senza complessi (Sir John Eliot Gardiner, appunto), a introdurre una nota di dissenso, lamentando apertamente l’eccessiva “popolarità” dei brani previsti nella seconda parte del concerto da lui diretto: i titoli che tanto piacciono alla Rai faranno anche audience, ma non educano il pubblico, e forse anche lo sottovalutano … Qualche attimo di imbarazzo gela il clima fino ad allora di unanime approvazione; poi con nonchalance l’insigne direttore ha preso a commentare i brani in programma, soffermandosi in particolare sul titolo iniziale, che costituisce una vera e propria rarità: quella sinfonia dell’Aida che Verdi compose per la prima scaligera del 1872, ma che all’ultimo momento non volle far eseguire, preferendole il preludio, composto per la prima assoluta del Cairo, che tutt’ora si ascolta. Un lavoro di ampio respiro sinfonico, che attraverso un frequente uso del contrappunto coniuga i temi portanti dell’opera, tra cui spiccano quelli che connotano le due grandi rivali Aida e Amneris, mai entrato nel repertorio, nonostante la riscoperta di Toscanini, che lo eseguì nel 1940, e l’esecuzione successiva di Abbado del 1977.
Con questa preziosa riproposta si è dunque aperto l’attuale Concerto di Capodanno,  diviso, come d’abitudine, in una prima parte solo strumentale e in una seconda, dedicata quasi interamente a brani operistici verdiani, che prevede la presenza del coro e di due cantanti assai noti, quali il soprano palermitano Desirée Rancatore e il tenore albanese Saimir Pirgu.
Va detto subito che la direzione e la concertazione di Gardiner si sono distinte per la purezza del suono e la capacità di rendere ogni sfumatura, ogni particolare a livello sia dinamico che agogico, pur con grande senso dell’insieme. Ogni battuta, ogni nota assumeva il giusto rilievo, il giusto carattere. Tutto era estremamente sorvegliato ed elegante, e generalmente senza eccessi. Così nella sinfonia verdiana si è potuta apprezzare un’orchestra impeccabile, nitida e al tempo stesso coesa, nell’incessante gioco contrappuntistico di una composizione, che forse indulge un po’ troppo all’effetto e che, purtuttavia, il direttore inglese ha saputo consegnarci in una veste stilisicamente impeccabile.
Davvero straordinaria l’esecuzione della seconda sinfonia di Čajkovskij,
dove la partitura del compositore russo si è dispiegata in tutta la sua raffinatezza, e anche nei suoi talora esasperati contrasti, fino al mirabolante finale. (A proposito dell’educazione musicale del pubblico, molti spettatori applaudivano tra un movimento e l’altro … )
Nella seconda parte, decisamente più alla portata di tutti, ben introdotta dal Galop da le Siège de Corinthe e inframezzata da altri pezzi solo orchestrali (lo struggente Preludio dell’Attila e il diafano Preludio atto I della La traviata, veri e propri inviti a nozze per il raffinato maestro inglese), il coro, come sempre istruito dal maestro Moretti,  e i cantanti hanno dato prova di grande padronanza tecnica e adeguata sensibilità interpretativa. In «Di Madride noi siam mattadori» da La traviata, cui Gardiner ha imposto dei tempi alquanto stringati “alla Toscanini” (forse l’unico eccesso), il coro si è segnalato per la bella pronuncia e il fraseggio seguendo scrupolosamente l’autorevole gesto direttoriale. Di pari bellezza l’interpretazione di «O Signore, dal tetto natio» da I lombardi alla prima crociata, dove il magistero di Gardiner ha saputo in qualche modo nobilitare la non eccelsa orchestrazione verdiana, che abbastanza spesso prevede l’accompagnamento del canto all’ottava, e di «Va’ pensiero sull’ali dorate» dal Nabucco, in cui le sottolineature a livello dinamico e le figure ritmiche erano eseguite con prontezza ed agilità in un interpretazione composta ed espressiva.
Una Rancatore che sfoggia le sue armi migliori nello sfavillante registro acuto e nelle agilità,  ha intonato  due pezzi di bravura come «Mercé, dilette amiche» da I vespri siciliani e «Sempre libera degg’io» da La traviata.  Di bell’impatto  anche la prova di facilità d’emissione e spavalda leggerezza fornita da  Saimir Pirgu in «Questa o quella per me pari sono» dal Rigoletto e in «La mia letizia infondere» da I lombardi alla prima crociata ( convince poco invece l’acuto in “falsetto” a chiusura dell’aria) esibendo una voce omogenea gradevolmente vibrata, capace di sottigliezze e mezze voci. L’apoteosi poi si è avuta, come di prammatica, con «Libiam ne’ lieti calici» da La traviata, dove peraltro la Rancatore è apparsa un po’ in difficoltà a scandire i non facili abbellimenti. Comunque il pubblico in delirio ha chiesto e ottenuto il bis. Dopodiché si è ancora scatenato in convintissimi, scroscianti applausi.