Salerno, Teatro Verdi:”Aida”

Salerno, Teatro Municipale Giuseppe Verdi, Stagione Lirica 2012
“AIDA”
Opera in quattro atti su libretto di Antonio Ghislanzoni tratto da un soggetto di A. Mariette
Musica di Giuseppe Verdi
Il Re d’ Egitto  ANGELO NARDINOCCHI
Amneris,  sua figlia GIOVANNNA CASOLLA
Aida, schiava etiope  KRISTIN LEWIS
Radamès, capitano delle guardie  CARLO VENTRE
Ramfis, capo dei sacerdoti  CARLO STRIULI
Amonasro, Re d’Etiopia, padre di Aida AMBROGIO MAESTRI
La Sacerdotessa NATASHA VERNIOL
Un messaggero   FRANCESCO PITTARI
Primo ballerini  GISEPPE PICONE, STEFANIA FIGLIOSSI
Orchestra Filarmonica Salernitana ‘Giuseppe Verdi’
Coro del Teatro dell’ Opera di Salerno
Direttore Giampaolo Bisanti
Maestro del Coro Luigi Petrozziello
Regia Riccardo Canessa
Scene e Costumi Flavio Arbetti
Coreografie Pina Testa
Nuovo allestimento del Teatro ‘Giuseppe Verdi’ di Salerno
Salerno, 26 dicembre 2012

La rappresentazione di Aida dovrebbe rispecchiare o almeno evocare, al di là di mise en scène  spettacolari e sontuose a cui questo titolo ci ha abituati,  tutta la statuaria, statica,  ‘bidimensionale’,  monolitica concezione della vita e della morte propria dell’antico Egitto. Nel nuovo allestimento del Teatro Giuseppe Verdi di Salerno, a sipario alzato, il primo impatto visivo ci riconduce ad una scena molto ben studiata, nei dettagli, ‘tecnicamente’ disposta come si deve, presentata al fine di fornire l’idea che trattasi di …..Aida. E’ difficile spiegare la sensazione dell’impatto…..non è l’Egitto arcaico dei Faraoni e dei Numi che viene riprodotto,  ricreato, immaginato ma l’Aida, l’Opera di Verdi con tutti gli elementi che occorrono: sfinge, obelischi, idolo, trono, tripode. Si cerca, attraverso questo discorso, di trasmettere ai gentili lettori ciò che ‘passa’……senza connotare il commento di giudizi negativi…né positivi.
Le scene ideate da Flavio Arbetti, si riempiono di  colori chiari e luci ‘fredde’  che cristallizzano lo spazio  conferendo  ampiezza  ad un palcoscenico notoriamente piccolo e non particolarmente adatto ad allestimenti sfarzosi e magniloquenti a cui spesso si rimanda quando si parla di Aida, come dicevamo,  in relazione anche allo scopo della sua creazione: scritta per l’inaugurazione del Canale di Suez, l’ Opera, che conserva caratteri tipici del Grand-Opéra (scena del trionfo con la celebre ‘Marcia’, balletti, argomento storico), pur evidenziando anche aspetti più propriamente ‘intimi’, fu concepita comunque in virtù di questo forte impatto  visivo,  per sottolineare naturalmente, unitamente alla vicenda, precipui riferimenti ad un popolo, ai suoi usi, alla sua ricchezza, alla sua atavica solennità.
I costumi , sempre di Arbetti, sono belli, oggettivamente: stoffe sontuose, colori  ‘neutri’ morbidamente avvolgenti…..davvero ‘troppo’ perfetti!  Tutti i personaggi, dal Re al Messaggero, si presentano sontuosamente abbigliati,  sembrano essere usciti da un atelier di un noto sarto parigino che ha sapientemente accostato ai loro abiti gli accessori e le calzature. Se si parla del Re, di sua figlia, di Aida, di Radamés, del  Sacerdote,  è anche verosimile un simile abbigliamento ma non posso evitare di riscontrare che suscita un certo ‘sorriso’ l’ apparizione, in simil ‘foggia vestiaria’, degli schiavi etiopi con Amonasro, il re guerriero caduto prigioniero che non svela subito la sua identità, al fine di preparare, in incognito,  la riscossa. Il papà di Aida sembra Attila ad una festa di gala, più che un guerriero sconfitto…come avrà fatto a cadere prigioniero dopo aver resistito fino alla fine, come lui stesso racconta,  senza strapparsi nemmeno un orlo, non ci è dato di sapere………. La regia di Riccardo Canessa coniuga bene i momenti più solenni con quelli più intimi, privilegiando pochi ed essenziali movimenti, come è naturale su un palcoscenico non grande,  mantenendo sempre una certa morbidezza. Assenti quasi del tutto momenti di innaturale rigidità, solisti, coro, figuranti si muovono piuttosto fluidamente, ben distribuiti all’interno dello spazio. Accennati appena  la natura dei rapporti  tra i personaggi e lo scandaglio psicologico individuale ma al punto tale da risultare comunque presenti. Convince immediatamente la direzione di Giampaolo Bisanti, sin dal Preludio.
, fraseggiando e arricchendo di molti colori l’esecuzione, come da partitura. Bisanti la guida con sicurezza e chiarezza del gesto, caricandolo anche di forte espressività. Davvero bella la sua prova, il migliore della serata, per completezza d’intenti e risultati. Anche il Coro dell’ Opera di Salerno, preparato da Luigi Petroziello si svincola da precedenti produzioni sottotono, fornendo una prova soddisfacente.
Nel cast figura la sostituzione all’ultimo minuto della indisposta Ekaterina Gubanova  con  Giovanna Casolla. Ci sono momenti in cui la signora Casolla scompare in una tessitura grave, sicuramente,  poco congeniale alla sua vocalità; in zona acuta, svetta con sicurezza e facilità. Scenicamente sembra caricare troppo il personaggio di connotazioni popolari che la figlia del faraone non dovrebbe avere, a mio giudizio. Per contro, l’ Aida di Kristin Lewis, predilige, non so se per scelta registica o per inclinazione personale,  un carattere altero, algido, costante in tutte le relazioni, con Radamès, con Amneris, con il padre. Innegabile la bellissima presenza, ma sembra essere una presenza… ‘assente’….  anche nei momenti di maggior pathos. Il canto di Kristin Lewis segue questa linea: colpisce per morbidezza e fluidità in tutta la gamma ma è evidente una scarsa varietà di accenti nella parola, cosa che invece richiederebbe  la scrittura verdiana,  anche nel canto ‘morbido’ e nei ‘piano’. Bravo ancora una volta Bisanti che non la copre mai, con un occhio sempre in palcoscenico, anche nelle parti più gravi della tessitura in cui la voce del bravo soprano  si fa troppo esile e a tratti velata. Carlo Ventre, come Radamès, sfoggia una voce piena, timbricamente importante e si districa molto bene nella parte del  guerriero innamorato della schiava ma promesso alla futura Regina d’Egitto, privilegiando il lato eroico e mantenendo, devo dire, sempre una certa bellezza di suono anche nei momenti più ‘spinti’. Ambrogio  Maestri , Amonasro, sin dalle prime battute, invece, predilige la parola e l’accento e  ci piace perché capiamo tutto…qualche suono risulta un po’ forzato, è vero,  ma l’intelligibiltà non deve essere seconda a niente, soprattutto in una zona discorsiva della tessitura vocale, soprattutto con le difficoltà che incontra oggi il Teatro d’Opera a farsi capire, amare e seguire…..Corrette e senza nessuna particolare nota di merito tutte le altre ‘parti di fianco’ e ‘comprimariali fisse’ del Teatro Giuseppe Verdi, a cui si aggiunge Natasha Veniol, la Sacerdotessa che ci è, sinceramente, sfuggita, nel senso che non l’abbiamo sentita…
Una nota di riguardo al pas de deux di Giuseppe Picone e Stefania Figliossi che ha suggellato con forte e convincentissima espressività i momenti delle danze nel secondo atto,  quello del Trionfo,  tutti piacevolmente espressi dal corpo di ballo su coreografie di Pina Testa. Ampiamente meritati i calorosi applausi ai danzatori tutti. Buona l’esecuzione strumentale in palcoscenico della Marcia.Si chiude con questa ‘bianca’ Aida, la stagione del Teatro Giuseppe Verdi di Salerno. Foto Massimo Pica