Intervista a Luca Dall’Amico

Basso italiano nato a Vicenza, si diploma con il massimo dei voti in trombone, organo e composizione organistica presso il conservatorio della sua città e al Conservatoire superieur de  Geneve.  Prosegue gli studi di canto lirico e si perfeziona sotto la guida di Sherman Lowe. Vincitore al Concorso Internazionale Corradetti 2008. Fra gli interpreti più interessanti della nuova generazione, nel 2009 è scelto da Riccardo Muti per il ruolo di Agamennon in Iphigénie en Aulide al Teatro dell’Opera di Roma. Segue immediatamente il debutto scaligero in Assassinio nella Cattedrale diretto da Donato Renzetti. Nelle passate stagioni ha interpretato: Turandot e Aida al Sejong di Seoul,  La Cambiale di Matrimonio e L’education Manqué  al Festival di Wexford; Death in Venice diretto da Bruno Bartoletti; Roméo et Juliette al Teatro la Fenice; La Sonnambula all’Opernhaus di Graz, La forza del destino, I lombardi allo Sferisterio di Macerata diretto da Daniele Callegari e  L’Italiana in Algeri al Teatro Olimpico di Vicenza, ecc. Interpreta Ferrando ne Il Trovatore al Teatro Alighieri di Ravenna e alla Royal Opera House di Muscat per la regia di Cristina Mazzavillani Muti.  Svolge un’intensa attività concertistica, interpretando, tra l’altro, il Requiem di Mozart, la Messa da Requiem di Verdi, la Petite Messe Solennelle , lo Stabat Mater di Rossini e di Dvořák.  Il 2013 lo vede impegnato a Venezia per il Barbiere di Siviglia, La Boheme, I due Foscari a Roma diretto da Muti. Al municipale di Piacenza sarà protagonista in Trovatore e Rigoletto.
Quali sono i tuoi primi ricordi musicali?
Il primissimo ricordo è un una pianola Bontempi. Avevo 4 anni e passavo le giornate a riprodurre le musiche della pubblicità riuscendo a farle esattamente uguali. Qualche anno più tardi, verso i 6-7 anni, i miei genitori mi hanno iniziato agli studi musicali.
Quindi si può dire che la tua famiglia ti ha sempre appoggiato?
Si.
Anche quando hai deciso di trasformare la tua passione in una professione?
Questo è stato un po’ più difficile. All’inizio i miei genitori mi suggerivano di trovare un lavoro più sicuro e stabile. Solo negli ultimi tempi hanno iniziato a credere in quello che sto facendo, dopo aver visto i riscontri dei teatri grandi, i ruoli e le produzioni importanti.
Che altro mestiere avresti potuto scegliere se non il cantante?
Non saprei proprio! Avrei potuto fare l’organista…il trombonista…oppure il maestro di coro…il direttore d’orchestra, forse. La musica è stata sempre la mia vita.
Infatti hai un diploma in organo e trombone. Com’è avvenuto il passaggio dallo strumento alla voce?
Quando avevo 16 anni e studiavo trombone, pianoforte ed organo al Conservatorio, il Maestro del Coro, il Maestro  Manzi, mi disse che avevo una bellissima voce. Io non gli volevo credere, anche perché non avevo mai pensato di fare il cantante! Durante una lezione di canto corale Manzi fermò il coro, mi prese per un braccio portandomi dalla maestra di canto a fare vocalizzi. Dopodiché mi consegnò lo spartito di uno spiritual per il saggio obbligandomi a cantare da solista. E’ stata una bella esperienza, e mi sono divertito ma per me la cosa non poteva avere alcun seguito.

Qual è stato il primo disco che hai acquistato?
Il primo disco d’opera me lo regalò Chiara ed era Die Zauberfte, perché la primissima aria che ho studiato a 16 anni è stata “O Isis und Osiris” che mi ha fatto capire la brillantezza della voce, la maschera, il legato, l’omogeneità dei suoni nel cambio delle vocali. In quest’edizione Sarastro era Samuel Ramey, che è rimasto il mio mito assoluto.
Ti capita ancora di ascoltare musica per diletto?
Si. Ascolto pochissimo l’opera però. Quando sono a casa mi piace ascoltare il Jazz e la musica leggera. Le mie serate migliori, sono in compagnia di Mina e della mia ragazza. Amo rilassarmi a lume di candela ascoltando musica o guardando un bel film. Calandomi nei ruoli operistici per 8-10 ore al giorno nei momenti in cui sono libero ho bisogno di ritrovare me stesso.
Anche se come veneto la domanda appare scontata, preferisci vino rosso o bianco?
Rosso. L’Amarone della Valpolicella è il numero uno!
A proposito del Veneto, vengono in mente in nomi di Cecilia Gasdia, Renato Bruson, Katia Ricciarelli, Fiorenza Cedolins, c’è una particolare tradizione operistica in questa regione che ha dato i natali a così illustri cantanti?
C’è una grandissima tradizione operistica in Veneto come in tutta Italia e questo dovremmo saperlo tutti e tenerlo nel cuore. In Veneto abbiamo tantissimi teatri, tanti concorsi di canto dedicati a grandissimi cantanti: Toti dal Monte, Iris Adami Corradetti, il concorso Del Monaco a Castelfranco (città che ospita fra l’altro uno dei migliori conservatori d’Italia) e il concorso dell’Arena di Verona. E’ soprattutto la grandissima concentrazione di teatri a dimostrare la tradizione e dove ci sono i teatri c’è l’opera.

Come vedi il futuro dell’opera?
Io voglio vederlo sempre positivo, non voglio pensare alla crisi. Sicuramente stiamo vivendo un momento difficile, ma ci sono ancora tante belle voci, tante voci importanti, tanti direttori che porteranno avanti grandi ideali e voglio pensare che l’opera nei teatri come la conosciamo e l’abbiamo conosciuta nel passato rimanga un filo conduttore della cultura italiana nel mondo e che sia un punto stabile accanto al successo immediato di tanti programmi televisivi che vanno e vengono. Quando c’è un programma televisivo con 20 milioni d’ascoltatori incollati alla tv, mi piace pensare che magari un domani queste persone verranno a vedere un‘ opera. Dobbiamo credere che ci sia sempre una sicurezza di questo, che non verrà mai a mancare, che non può venire a mancare perché noi abbiamo i teatri e dovremo sempre avere chi ci lavora, chi li governa e chi darà la possibilità a cantanti, direttori, cori, orchestre e tecnici di lavorare e di produrre cose sempre più belle.
Apriamo il capitolo direttori. Hai avuto più volte occasione di lavorare con il Maestro Muti, cosa ti ha dato quest’esperienza?
Mi ha arricchito come nessun’altra prima. Lavorando con il Maestro Muti si provano delle emozioni incredibili, indescrivibili forse, perché solo vivendole si può capire quello che il Maestro può dare ad un cantante e al pubblico in sala. E’ magnetico. Ha un carisma all’ennesima potenza e la sua parola viene seguita da tutti. Quando parla crea una grande magia ed è magia tutto quello che lui fa. Crea un’unica direzione, una perfetta fusione di tutti gli elementi, mettendo insieme 200 anime in un’anima sola, non sotto la sua bacchetta ma sotto la sua anima, sotto il suo sguardo. Dirige con gli occhi, con la sua emozione. Quando lavori con lui lo guardi, ma non per andare a tempo – perché è impossibile non andare a tempo con lui – lo guardi perché ti dà l’energia di cui hai bisogno e al contempo la prende da te. Crei la magia assieme a lui. In quel momento sei magico perché è magico lui e tu entri nel suo canale. E’ grandioso!
Durante una produzione operistica si lavora per diverse settimane a stretto contatto con i colleghi. Che rapporto instauri in genere con loro?
In realtà non c’è un filone ben preciso. Per essere sincero non sono un tipo che ami mangiare al ristorante, preferisco stare tranquillo a casa. Inoltre amo la palestra e dopo un allenamento non vado certo a mangiare una pizza, preferisco cucinarmi un piatto sano e ipocalorico a casa, quindi sono destinato a stare da solo anche se in genere instauro con i colleghi un ottimo rapporto.
Il tuo rapporto col cibo quindi è virtuoso?
Sei giorni su sette…ma al settimo…
Il posto in cui hai mangiato peggio?
A casa mia il settimo giorno!
In genere ceni prima o dopo la recita?
Cerco di cenare due o tre ore prima della recita o durante. Evito comunque di mangiare troppo.
Hai dei particolari rituali scaramantici?
Non uno in particolare, in genere i rituali si formano durante le varie produzioni ad esempio se in un’occasione mi capita di mangiare bresaola e melone e vedo che la prova va molto bene, cercherò di mangiare bresaola e melone per tutta la produzione!
C’è un oggetto che non manca mai nel tuo camerino?
Certo! il mio profumo e la crema per il viso. Il profumo è fondamentale, mi fa star bene, è un alone di serenità, di forza, di energia…di seduzione!
Preferisci il giorno o la notte?
La notte.
La tua vacanza ideale?
Montagna: in una bella baita con un focolare, stando al caldo mentre contemplo il gelo dalla finestra.
Hai avuto esperienze sia in Italia che all’estero anche in paesi lontani come la Corea, dov’è più piacevole lavorare?
Al contrario di quanto sento da molti colleghi, rispondo l’Italia. Io in Italia lavoro bene. E comunque mi piace pensare di essere un cittadino del mondo e non sentirmi straniero quando canto all’estero.
Hai un teatro al quale sei particolarmente affezionato?
Se guardo alla mia carriera, un teatro nel quale ho cantato tanto e spero di continuare a farlo è la Fenice. Canto molto volentieri anche Roma a Ravenna dove ho fatto un bellissimo Trovatore con la regia di Cristina Mazzavillani Muti.

In che direzione pensi stia andando la tua voce? Quale ruolo ti piacerebbe affrontare?
Don Giovanni. Non per questo mi ritengo un basso mozartiano. Sono un basso cantabile per cui trovo che i ruoli che mi si addicano maggiormente siano quelli in cui mostrare un bel legato, il fraseggio, e comunque i ruoli di grande personalità. Ho fatto dei bei debutti con Sonnambula, Trovatore, Iphigenie en Aulide diretta dal Maestro Muti e trovo che la mia strada sia questa. Gran parte del mio repertorio sarà verdiano ma voglio che Mozart non manchi mai perché aiuta mantenere una grande fusione con l’orchestra e una vocalità strumentale, fondamentale per aver il controllo dell’emissione. Poi nel mio repertorio non devono mancare Bellini, Donizetti e Rossini. Ho appena debuttato Don Basilio a Venezia ed è stato un trionfo!
Qual ‘è stato il tuo momento di maggior orgoglio?
Iphigenie en Aulide: è stata la mia prima esperienza con il Maestro Muti e la prima volta che sentivo quell’orchestra della quale percepivo ogni strumento e tutta l’orchestra come uno strumento unico in una perfetta fusione di tutti gli elementi della scena. E’ stato molto emozionate anche il concerto che abbiamo fatto la scorsa estate a Nairobi, in un contesto così particolare, davanti a decine di telecamere. Comunque ogni debutto nei teatri italiani così ricchi di tradizione, sui cui palchi hanno camminato, agito, cantato i più grandi cantanti al mondo è un momento di grande orgoglio e di grandissima responsabilità.
A chi non conosce la tua voce cosa faresti ascoltare?
La serenata dal Faust e Macbeth.
Cosa manca nella tua vita?
Non vorrei dire nulla perché sembrerei sfacciato. Faccio il mestiere che amo. Ho alcune persone che mi vogliono un gran bene e mi sono sempre vicine, nei momenti difficili. Tante volte sul palco, in teatro siamo molto felici, ma quando torniamo a casa non sempre siamo felici. La mia famiglia è numerosa e mi vogliono tutti un gran bene. L’amore in questo momento ce l’ho e speriamo che sia veramente solido. ll lavoro c’è e deve esserci, perché nel 2002 ho abbandonato più di 15 anni della mia vita dedicati all’organo e al pianoforte scegliendo la voce non per motivi economici: quando canto io mi emoziono, do emozione e provo un godimento folle. La mia vita deve essere questa. L’amore, le relazioni, la famiglia sono importanti per questo. Chi ti è vicino ti dà una grande energia che ti serve poi per regalare energia ed emozioni a chi ti ascolta e a chi ti è vicino. Se stai bene fai star bene chi ti è vicino e chi ti è vicino ti aiuterà a star bene perché sa e sente questo scambio energetico. Posso sicuramente dire che sono veramente sereno in questo momento della mia vita e non desidero nulla in più rispetto a quello che ho, ma lo desidererò in futuro perché la vita deve anche essere una ricerca di qualcosa in più che arricchisca la tua anima.