“Nabucco” all’Arena di Verona

Arena di Verona, Verona, Festival del Centenario dell’Arena di Verona
“NABUCCO”
Opera in quattro atti. Libretto di Temistocle Solera.
Musica di Giuseppe Verdi
Nabucco AMBROGIO MAESTRI
Abigaille TATIANA MELNYCHENKO
Zaccaria CARLO COLOMBARA
Ismaele STEFANO SECCO
Fenena ANNA MALAVASI
Gran Sacerdote di Belo FRANCESCO PALMIERI
Abdallo LUCA CASALIN
Anna MARIA LETIZIA GROSSELLI
Orchestra e Coro dell’Arena di Verona
Direttore Julian Kovatchev
Maestro del Coro Armando Tasso
Regia Gianfranco De Bosio
Scene Rinaldo Olivieri
Costumi Pasquale Grossi
Verona, 15 giugno 2013
Alle molte novità dell’Aida di apertura del centesimo festival segue un classico della tradizione areniana, il vincente allestimento di Nabucco firmato De BosioOlivieri che si è rivelato essere -in più di vent’anni di riproposizioni-  una delle rappresentazioni più amate e seguite dal pubblico dell’anfiteatro.
La monumentale contrapposizione tra il tempio di Gerusalemme e la reggia babilonese sovrastata dalla torre di Babele rende al meglio l’antitesi tra i due popoli protagonisti del testo di Temistocle Solera. Da una parte il monoteismo, religione dello spirito, e dall’altra la ieraticità e la religione dell’idolatria del popolo di Babilonia, che solo all’apice del loro scontro sapranno riconciliarsi in armonia nel rispetto della loro diversità. Per quanto riguarda i costumi di Pasquale Grossi tale antitesi è evidenziata in modo elegantemente classico dall’utilizzo di caratterizzati codici cromatici: i colori della terra –color ocra, bianco canapa e marrone- contraddistinguono sobriamente i costumi degli ebrei mentre i babilonesi vengono vestiti di abiti più lunghi e sfarzosi dai colori accesi e brillanti. La validità della rappresentazione passa inoltre attraverso la ricerca dell’effetto spettacolare, efficace nella scena della folgorazione di Nabucco e nel crollo dell’ “idol funesto”.
Il Nabucco di Ambrogio Maestri dimostra una grande personalità scenica; autorevole negli acuti come nelle mezze voci, offre un’interpretazione ben fraseggiata, pur lasciando trasparire un certo affaticamento nel quarto atto nella celebre aria “Dio di Giuda”. Si dimostra capace di una ragguardevole tenuta e resistenza sul palcoscenico -da considerare il fatto che la sera precedente avesse interpretato il re Amonasro nella prima di Aida- riuscendo a mantenere sempre vibrante la tensione drammatica in scena. Il baritono viene premiato ricevendo sempre meritate ovazioni.
Per l’impervia parte di Abigaille sono richiesti grande estensione, agilità e contemporaneamente mobilità di fraseggio: il soprano Tatiana Melnychencko – voce dal timbro molto squillante- dimostra di possedere la potenza vocale adeguata al ruolo ma non sempre riesce al meglio nei passaggi di agilità e la dizione risulta molto spesso ostacolata da un vibrato poco gradevole. La voce di Carlo Colombara si espande con grande con facilità su tutta l’ampia tessitura del ruolo. Il suono rotondo e l’emissione pulita conferiscono finezza e dignità a Zaccaria. Quando necessario, ha sfoggiato la necessaria magniloquenza per risvegliare e comandare il popolo ebreo. Apprezzamenti per Stefano Secco come Ismaele, voce dal timbro gradevole, precisa nelle ascese al registro acuto. Interprete del ruolo di Fenena, il mezzosoprano Anna Malavasi convince grazie ad una voce morbida, precisa e di ottimo volume nonostante qualche piccola défaillance in acuto. Buona prova per i l’ Abdallo e la Anna interpretati rispettivamente da Luca Casalin e Maria Letizia Grosselli, mentre meno interessante è il Gran Sacerdote di Belo di Francesco Palmieri la cui voce non sempre limpida solo a tratti riesce ad acquisire una proiezione adatta al contesto areniano.
Sul podio il maestro Julian Kovatchev dirige l’orchestra areniana con gesto magniloquente e sempre ampio, a tratti molto preciso e a tratti vagamente noncurante del fatto che in più occasioni l’orchestra gli sfugga di mano, in modo particolare nel secondo atto, e che i suoi tempi spesso troppo rapidi mettano in difficoltà i solisti.
Di grande qualità infine l’atteso momento del “Va’ pensiero” in cui il coro preparato dal maestro Armando Tasso ha saputo rendere magistralmente il sommesso canto del popolo ebraico prigioniero a Babilonia, perfetto in intonazione e proiezione vocale nel rispetto del carattere intimistico della pagina. Foto Ennevi per Fondazione Arena