“Attila” al Verdi di Trieste

Trieste, Teatro Verdi, Stagione Lirica  2013
“ATTILA”
Dramma lirico in un prologo e tre atti su libretto di Temistocle Solera completato da Francesco Maria Piave.
Musica di Giuseppe Verdi
Attila ORLIN  ANASTASSOV
Ezio  VENTESLAV  ANASTASOV
Odabella  ANNA  MARKAROVA
Foresto  LIKE  XING
Uldino  ANTONELLO  CERON
Leone  GABRIELE  SAGONA
Orchestra e Coro della Fondazione Teatro Lirico “Giuseppe Verdi”  di Trieste
Direttore Donato Renzetti
Maestro del Coro Paolo Vero
Regia Enrico Stinchelli
Scene e costumi Pier Paolo Bisleri
Luci Gérald Agius Ordway
Videomaker Alex Magri
Nuovo allestimento della Fondazione Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste
Trieste, 25 giugno 2013
“Nella ricorrenza del bicentenario verdiano e in occasione della Festa della Musica 2013 la Fondazione Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste ha programmato, nell’ultima settimana di giugno, la messa in scena di un nuovo allestimento dell’opera “Attila” di Verdi, interamente prodotta nei propri laboratori. La scelta di “Attila” è in sintonia con il percorso seguito dalla Fondazione per le celebrazioni verdiane, privilegiando opere del Maestro aventi dei nessi storici o ideali con le terre del Friuli Venezia Giulia, e dunque rientrano in quest’ottica sia la proposta de “Il Corsaro” con cui si è inaugurata la stagione lirica 2013 (l’opera ebbe infatti la sua genesi e il debutto assoluto proprio a Trieste) sia questa di “Attila”  che – dopo il debutto veneziano del 17 marzo 1846 – nel Teatro Lirico triestino ebbe la sua seconda rappresentazione. Espressione dell’ardore rinascimentale degli anni giovanili di Verdi, l’opera presenta un altro nesso significativo con queste terre, essendo in parte ambientata ad Aquileia, ancora oggi nell’immaginario collettivo non solo simbolo della cristianità ma anche crocevia di culture e correnti spirituali dall’Oriente all’Europa settentrionale.  A ispirare la scelta, poi, anche l’attualità della tematica universale della violenza, nello specifico quella dei barbari e del loro capo “flagello di Dio” ma anche quella di Odabella, spinta all’omicidio dalla sete di vendetta e dall’amor di patria.”
Un canovaccio dai risvolti storici imbastito per sfociare in tragedia, culminante con l’uccisione del re degli Unni, entro uno scenario selvaggio e violento, dai contorni cupi e misteriosi, supportato da una partitura che non può definirsi capolavoro ma non manca nemmeno di pagine efficaci e alcuni momenti preziosi come il secondo quadro del prologo, quando appena si affievoliscono le settime diminuite della tempesta la tensione drammatica si placa, la furia degli elementi si smorza e, al sorgere del sole, il coro di eremiti rende grazie a Dio. Anche il disegno orchestrale che accompagna l’arrivo dei profughi di Aquileia è sapientemente efficace così come la cavatina di Odabella, strumentata delicatamente  per  flauto, corno inglese, arpa e violoncelli, funzionale a valorizzare l’espressività vocale. Tutti elementi che sono stati messi in luce dalla concertazione di un direttore di sicuro mestiere come Donato Renzetti, che ha garantito compattezza e slancio a un’esecuzione dal ritmo incalzante, improntata ai contrasti chiaroscurali e a una sonorità corposa ma senza clangore, ben assecondato dall’Orchestra della Fondazione e dall’ottimo Coro preparato da Paolo Vero. Orlin Anastassov, fisico imponente e modi rozzi quanto basta, ha vestito con autorevolezza scenica i panni del protagonista ma vocalmente, per quanto dotato di un  buon volume da bass-baryton , ha faticato non poco, alle prese con una tessitura da basso profondo che richiede pieno e costante dominio delle note gravi. Il risultato è stato quello di un’emissione spesso forzata e ingolata, che andava a insidiare l’intonazione producendo un vibrato artificioso e metallico mentre il colore vocale, di per se’ bello, in questo contesto appariva troppo chiaro e uniformato a quello dell’antagonista romano, interpretato dal fratello Venteslav  Anastasov.  Qui il baritono bulgaro ha dato vita ad un tonante generale Ezio, apprezzato per lo squillo e la vocalità quasi sempre ben timbrata. All’impervio ruolo di Odabella ha prestato grinta vocale il soprano russo Anna Markarova, dal corposo timbro di lirico spinto, pronta alle agilità di forza delle cabalette ma anche capace di stemperare l’enfasi e trovare inusitate sfumature di dolcezza nell’aria “Oh, nel fuggente nuvolo”. Espressivamente poco convincente il Foresto del tenore cinese Like Xing e impeccabile l’Uldino di Antonello Ceron. Una nota di merito a parte va al giovane basso Gabriele Sagona, già lieta sorpresa come Angelotti nella recente ultima “ Tosca”,  e che qui, nel breve ma significativo intervento nella parte di Leone, si conferma come uno dei cantanti emergenti di questa stagione. Essenziale ma fortemente suggestiva la scenografia curata da Pier Paolo Bisleri, – suoi anche i rigorosi costumi – impreziosita dalle proiezioni video di Alex Magri e dal raffinato gioco di luci di Gérald Agius Ordway, all’insegna della tradizione la convenzionale, scorrevole regia di Enrico Stinchelli. Caloroso successo e prolungati applausi, anche a scena aperta, per tutte le tre recite della programmazione. Foto Fabio Parenzan