“Il flauto magico” o “Un flauto magico”?

Brescia, Teatro Grande, Stagione Teatrale 2013 /2014
“UN FLAUTO MAGICO”
da Wolfgang Amadeus Mozart
Liberamente adattato da  Peter Brook, Franck Krawczyk e Marie-Hélène Estienne
Tamino  ROGER PADULLÈS
Pamina DIMA BAWAB
Regina della Notte  LEÏLA BENHAMZA
Papagena BETSABÉE HAAS
Papageno TOMAS  DOLIÉ
Sarastro VINCENT PAVESI
Monostatos  ALES MANSOORI
Il Mago  A
BDOU OUOLOGUEM
Pianoforte Vincent Planès
Regia  Peter Brook
Luci Philippe Vialatte
Brescia, 3 novembre 2013

Il primo debutta nel 1791 a Vienna;  il secondo nel 2010, oltre 200 anni dopo, a Parigi. Il primo nasce da un genio indiscusso della musica, enfant prodige, musicista e compositore di origini austriache; il secondo dal genio creativo di un regista inglese, uno tra i maggiori interpreti dei capolavori di Shakespeare ma anche regista cinematografico e scrittore. Ne “Il” flauto magico” i fiati, protagonisti di una fiaba in due atti magistralmente narrati da un’orchestra, arricchita di spettacolari scenografie e sfarzosi costumi, ci conducono nell’intreccio amoroso tra la Principessa Pamina e Tamino, che la salverà dalle forze del male e la renderà felice, nel corteggiamento di Papageno verso Papagena, giovane uccellatore alla ricerca dell’anima gemella e nelle insidiose crudeltà della Regina della Notte, donna malvagia e spietata che governa i suoi sudditi attraverso le sue spie per conquistare il mondo.
In “Un flauto magico” la spoliazione scenica del teatro di Brook ci narra la medesima fiaba riducendo tutto ai minimi termini, in cui il protagonismo assoluto viene riservato al sentimento umano: poche canne di bambù allestiscono lo spazio scenico mentre un unico strumento, il pianoforte, svolge le veci orchestrali e accompagna i cantanti-attori dall’Ouverture iniziale di Die Zauberflöte di W.A.Mozart al finale di un unico atto.
Elemento unificante tra queste due opere apparentemente così lontane e diverse, è il linguaggio universale della musica di W.A.Mozart. Universalità voluta da Brook nel suo Flauto Magico in cui le arie del Singspiel Mozartiano in lingua tedesca si alternano ai recitativi in lingua francese dei cantanti-attori, con qualche accenno alla lingua inglese ed anche all’italiano, quando l’esilarante Papageno “rompe” il tradizionale spazio scenico scendendo tra il pubblico ed interagendo con qualche spettatore nella nostra lingua. In poco più di un’ora e mezza Brook trasmette il desiderio di andare all’essenziale di ciò che l’animo umano sente come necessità, libero da precetti, attraverso il tema conduttore di una musica inalterata che conduce i protagonisti in un percorso di purificazione verso la saggezza, l’amore e l’amicizia. Con Un flauto magico Brook ha voluto partire dalla musica di Mozart domandandosi “come riuscire a trasmetterla senza subire il peso, il risvolto solenne di una grande opera, […] con questa grande intuizione, ossia che nella musica di Mozart non si tratta di nascondere o di attualizzare, ma di far apparire…”.
Le due rappresentazioni di Un Flauto Magico al Teatro Grande di Brescia si sono avvalse di una compagnia di giovani cantanti scenicamente molto coinvolgenti. Meritano una particolare citazione il Papageno di Thomas Dolié dotato di una notevole e naturale vis comica e l’attore Abdou Ouologuem che vestiva i panni di un carismatco “Mago”Ammirevole l’eleganza e la direzione del pianista Vincent Planès come la fluida e morbida esecuzione dei recitativi e delle arie da parte di tutti i cantanti. La famosa aria Der Hölle Rache tratta da Il flauto magico di W.A.Mozart, è stata eseguita dal soprano Leïla Benhamza a, che ci è parsa un po’ affaticata nei sopracuti con evidenti accelerate nei famosi picchettati del pezzo, che risultavano quindi un po’ calanti. Come è noto, quest’aria è di eccezionale estensione e quindi di difficile esecuzione e richiede voci estremamente qualificate.