“Stiffelio” al Bellini di Catania

Catania, Teatro Massimo Bellini, Stagione Lirica 2013
“STIFFELIO”
Melodramma in tre atti di Francesco Maria Piave, da Le pasteur, ou l’Evangile et le foyer di E. Bourgeois e E. Sauvestre.
Musica di Giuseppe Verdi
Stiffelio,ministro assasveriano  ROBERTO IULIANO
Lina, sua moglie, figlia di DIMITRA THEODOSSIOU
Stankar, vecchio colonnello conte dell’impero  GIUSEPPE ALTOMARE
 Raffaele, nobile di Leuthold  GIUSEPPE COSTANZO
Jorg, altro vecchio ministro MARIO LUPERI
Federico di Frengel, cugino di Lina  SALVATORE D’AGATA
Dorotea, cugina di Lina  LOREDANA RITA MEGNA
Coro e Orchestra del Teatro Massimo “Bellini” di Catania
Direttore Antonino Manuli
Maestro del Coro Tiziana Carlini
Regia Ezio Donato
Scene a cura di Renzo Milan e Salvatore Tropea
Costumi Dora Argento
Luci Salvatore Da Campo
 Prima esecuzione a Catania, 
nel bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi
Allestimento scenico dell’E.A.R. Teatro Massimo Bellini
Catania, 27 ottobre 2013

Penultima opera della stagione operistica 2013 del Teatro Bellini di Catania, Stiffelio ha concluso le celebrazioni per il bicentenario verdiano che erano iniziate con la rappresentazione di Un ballo in maschera. Rappresentato per la prima volta al Teatro Grande di Trieste, il 16 dicembre 1850, Stiffelio è certamente una delle opere meno note del genio di Busseto che appena sette anni dopo chiese a Ricordi di ritirare dal “mercato” la partitura, affermando che la maggior parte di essa sarebbe stata inestata all’interno di una nuova opera, l’Aroldo.
Dopo un’ultima rappresentazione ottocentesca nel novembre del 1862, l’opera cadde, così, in un lunghissimo oblio, durato oltre un secolo, al quale fu sottratta all’inizio degli anni ‘90 dagli studiosi dell’Istituto Nazionale di Studi Verdiani, che rinvenirono il manoscritto nella biblioteca di Villa Verdi a Sant’Agata. Dopo la prima rappresentazione avvenuta il 21 ottobre 1993 al Metropolitan Opera di New York e la redazione dell’edizione critica nel 2003, Stiffelio ha conosciuto diverse riprese, anche perché, pur essendo ritenuta un’opera “minore”, è riuscita a ritagliarsi un suo, sia pur piccolo, spazio all’interno della splendida produzione del genio di Busseto, mostrando elementi d’indubbio interesse. Se al primo atto si possono imputare una certa prolissità e un’eccessiva lunghezza che sembrano contraddire la ricerca della brevità tipica della produzione verdiana, il secondo e il terzo, molto più concisi, racchiudono i momenti più belli dell’opera di cui un’autentica gemma è il finale, nel quale il protagonista, il Pastore protestante Stiffelio, perdona la moglie, rea di adulterio. In questa ripresa catanese la regia curata da Ezio Donato, tutta protesa alla rappresentazione di un uomo in cui, come affermato dallo stesso regista: “la scoperta dell’adulterio non genera solo l’ira o la disperazione di un marito innamorato tradito, ma produce il conflitto tutto interiore determinato dalla scissione violenta e inaspettata tra l’individuo con la sua passione amorosa e, nello stesso tempo, il suo ruolo di padre spirituale di una comunità alla quale occorre dare l’esempio indicato dalle parole del Vangelo”, tuttavia, sembra lasciare aperto questo finale. Stiffelio, infatti, fugge dal pulpito, dal quale aveva appena pronunciato il suo sermone sul brano evangelico del perdono dell’adultera, come se l’uomo fuggisse dalla sua funzione di sacerdote e soprattutto da quelle parole che il sacerdote ha l’obbligo di dire, ma nelle quali egli stesso, per primo, da marito tradito, sembra non credere. Con questa fuga si ha l’impressione che, secondo il regista, la scissione vissuta da Stiffelio non si ricomponga mai nemmeno quando egli esercita la sua funzione sacerdotale. Per il resto la regia si è mantenuta piuttosto fedele al libretto di Francesco Maria Piave eccezion fatta per la scelta di mostrare la parte conclusiva del duello tra Stankar e Rodolfo nel terzo atto sullo sfondo del palcoscenico, che si colora di rosso per indicare il sangue versato, e per la decisione di far stendere a terra di fronte al pulpito Stankar, come in un’ordinazione sacerdotale, accentuando così l’elemento religioso e il suo desiderio di penitenza. La luce rossa nel momento dell’uccisione di Rodolfo rappresenta l’unico momento di varietà in un’illuminazione che è apparsa troppo buia; se una scarsa illuminazione può essere giustificata all’interno di un tempio gotico o in un antico cimitero, non sembra molto opportuna nella scena iniziale del primo atto quando si festeggia l’arrivo di Stiffelio. Per quanto riguarda l’aspetto musicale si segnala la buona concertazione, sia per la scelta dei tempi che per le sonorità, di Antonino Manuli il quale, con la sua bacchetta tecnicamente precisa, ha guidato con una certa sicurezza l’orchestra del Teatro. Nel cast vocale spicca la performance eccellente di Dimitra Theodossiou, la cui voce si adatta bene alla scrittura vocale adottata da Verdi per la parte di Lina. Il soprano greco alle prese con una tessitura piuttosto acuta mostra qualche stridore, così come il settore grave è alquanto fragile, ma la linea di canto è duttile, abile nell’uso dei pianissimi, l’interprete dosa accenti e colori con giusta eloquenza e sa essere varia e appassionata. Molto applaudita la sua aria, Ah dagli scanni eterei del secondo atto. Sebben dotato di una voce complessivamente apprezzabile, Roberto Iuliano punta a una interpretazione che  tende un po’ a confondere Verdi con Leoncavallo. Ma siccome quella di Stiffelio è una parte che quasi anticipa Otello e siccome Otello è al limite del verismo, la si può quasi accettare. Specialista dei ruoli verdiani, Giuseppe Altomare (Stankar) ha esibito un ottimo fraseggio e una certa cura dei dettagli; la sua voce, apparsa un po’ fredda all’inizio,  ha dato il meglio di sé nell’aria del terzo atto, Lina, pensai che un angelo cantata con morbidezza, in modo ispirato, nostalgico, patetico. Anche per lui gli applausi del pubblico catanese. Corrette le prove degli altri interpreti: Giuseppe Costanzo (Raffaele), Salvatore D’Agata (Federico di Frengel), Mario Luperi (Jorg), Loredana Rita Megna (Dorotea). Infine un ultimo appunto va tributato al coro, come sempre, ben preparato e diretto da Tiziana Carlini. Foto Giacomo Orlando