“Classico” zigano

Roma, Accademia Filarmonica Romana, Teatro Olimpico di Roma Stagione musicale 2013-2014
Violino solista Roby Lakatos
Roby Lakatos  Ensemble/La Passion
Violino Lászlo Bóni
Cimbalom  Jenő Lisztes
Chitarra  Lászlo Balogh
Contrabbasso Lászlo ‘Csorosz’ Lisztes
Pianoforte Kálmán Cséki jr. 
Roby Lakatos:New Alliance
Astor Piazzolla: Oblivion
Ferenc Vecsey: Valse Triste
Anonimo: Deux Guitares
Isaak Osipovich Dunayevsky:Stari Waltz
George Boulanger: Czardas Lunatique
Vaya Con Dios: Na na na na
Anonimo: Polyushka Polye
Roby Lakatos: SK Paraphrase
Nikolaij Rimskij-Korsakov: Il volo del calabrone (per solo cimbalom)
Astor Piazzolla: Chiquilin de Bachin
Vittorio Monti: Czardas
Grigoras Dinicu: The Lark
Roma, 16 gennaio 2014
 Virtuosismo, grande capacità di improvvisazione tra musica jazz e pop ed eccellente senso del ritmo per il Roby Lakatos Ensemble, ospite dell’Accademia Filarmonica Romana al Teatro Olimpico, per la riapertura della stagione a Roma dopo la pausa natalizia. Il programma: un medley di musiche, dal valzer al tango alla danza popolare ungherese, fino a due composizioni scritte dallo stesso Roby Lakatos. Il risultato: una serata frenetica mai fuori controllo, che ha conquistato il pubblico con un bel lavoro di insieme del gruppo, in un gioco eccellente di valorizzazione reciproca. Non solo violinista, ma anche showman consumato, Lakatos sa come muoversi sul palcoscenico e come coniugare l’improvvisazione della tradizione zingara con la tecnica del musicista classico. Vi aggiunge anche capelli ricci e lunghi, baffi a punta arricciati e l’immagine di “violinista-gypsy” tipo XIX secolo è perfetta! Zigano da sette generazioni (nel suo albero genealogico si dice ci sia la presenza del “re dei violinisti tzigani” Janos Bihari, uno dei preferiti di Liszt) Roby Lakatos gira il mondo col suo ensemble di chitarra, basso, pianoforte, cimbalon, secondo violino e il suo repertorio di musiche, spunto per estese improvvisazioni. Soprattutto assoli di violino di Lakatos e della sua splendida tecnica di jetè, pizzicato, legato e acrobazie tali da sfidare la fisica delle dita umane! Trasmette il suo amore per la musica gitana e anche il modo un po’ diverso di suonare il violino rispetto al “classico”: il vibrato è differente, c’è molto glissando ma soprattutto c’è molta libertà di improvvisazione. Dal tango di Astor Piazzolla, Oblivion, con piacevoli intermezzi del pianista Kálmán Cséki e del chitarrista Lászlo Balogh, alla melodia di Deux guitares che valorizza il violino di Lászlo Bóni, dalle difficilissime Czardas di Vittorio Monti alla canzone degli anni ’90 Nah Neh Nah del complesso belga Vaya Con Dios che il pubblico ha immediatamente riconosciuto accompagnandola con un ritmico battimani. Ancora gioco di estemporaneità nella più impegnata canzone russa Polyushka polye che Lev Knipper ha inserito nella sua Sinfonia n.4 e nel Valse triste del virtuoso violinista ungherese Franz von Vecsey. Ma Lakatos sa anche tirar fuori struggenti melodie nello Stari Waltz  di Isaak Dunayesvsky o scrivere, in sue composizioni (New Alliance), assoli brillanti per il suonatore di cimbalon Jenő Lisztes, che alla velocità della luce crea musica da uno strumento a metà tra un clavicordo e uno xilofono. Insomma l’arte del musicista conquista il pubblico e questo genere del “crossover” sembra piacere. Ma non volendo togliere alcun primato a nessuno: sarebbe azzardato dire che quando Chopin scriveva i ritmi e le melodie delle sue mazurke aveva portato una specie di mania di danza per tutta Europa? O forse che Bartok mettendo in musica le asprezze della musica popolare ungherese diceva che il violino doveva essere leggermente stonato? O quando Bernstein più recentemente inseriva ritmo jazz nel linguaggio classico? Sicuramente la mescolanza di discipline entusiasma il pubblico e va di moda in questo periodo (vedi Molto rumore per nulla di Shakespeare al Teatro Eliseo di Roma, in questo stesso periodo, trasformato anch’esso in versione “gyspy”) e Lakatos ha saputo guadagnarsi giustamente il suo consenso, peccato solo per la scelta dell’amplificazione sugli strumenti che talvolta ha creato un pericoloso alone di sottofondo a danno della preziosità della musica zigana.