Intervista a Stephanie Blythe

Il mezzosoprano Stephanie Blythe è considerata una delle artiste più rispettate e acclamate dalla critica della sua generazione. La Blythe ha cantato in molti rinomati teatri americani ed europei, inclusi il Metropolitan Opera, San Francisco Opera, Lyric Opera di Chicago, Seattle Opera, Royal Opera House Covent Garden e l’Opera National de Paris. Al suo attivo più di 200 apparizioni in 28 ruoli, inclusi Fricka in Das Rheingold e Die Walküre, Azucena ne Il Trovatore, Madame Arvidsson in Un Ballo in Maschera, Amneris in Aida, Orfeo in Orfeo ed Euridice, Mistress Quickly in Falstaff,  Cornelia in Giulio Cesare e la Principessa in Suor Angelica. È stata nominata Musical America’s Vocalist of the Year per il 2009. Fra gli altri premi conseguiti ricordiamo l’Opera News Award 2007 e il Richard Tucker Award 1999.Recentemente ha cantato al Metropolitan Opera nella nuova produzione di Falstaff e debuttato alla San Diego Opera in un Un Ballo in Maschera. Apparirà anche in una serie di concerti con la New York Philharmonic, e andrà in tour per gli Stati Uniti con Les Violons du Roy, oltre a partecipare a un recital a San Francisco e Princeton. Di recente ha pubblicato, in collaborazione con il pianista Craig Terry, un album tributo al Great American Songbook, As Long As There Are Songs.

Prima di tutto, perché questo cambio di repertorio dall’opera alla musica popolare? Chi o cosa ti ha ispirata nell’abbandonare la tua “comfort zone”?
Cantare canzoni del Great American Songbook rappresenta solo un cambio di stile per me – non ho mai considerato questo repertorio al di fuori della mia “comfort zone”. Penso che sia un grande onore essere un’americana che canta ciò che considero la vera arte musicale americana. Per quanto riguarda lo stile, ho sempre cantato di tanto in tanto numeri del teatro musicale e sono figlia di un musicista jazz, quindi questo genere di musica è sempre stato nelle mie corde. Helen e John Meyer hanno dato a me e a Craig Terry la straordinaria opportunità di fare il tipo di disco che ho sempre sognato di fare.
Dal punto di vista tecnico, qual è la differenza nel modo di usare la voce cantando questi  classici rispetto all’opera? E all’interno dell’opera stessa, è difficile passare da Wagner, a Gluck, a Handel? Immagino che passare dalla tua formidabile interpretazione di Fricka a quei delicati versi barocchi – dev’essere piuttosto impegnativo.
Questa domanda mi viene posta abbastanza spesso e do sempre la stessa risposta. La tecnica crea un fondamento per il canto e fornisce strumenti per cantare diversi stili musicali. Io non cambio il mio modo di cambiare per adattarmi a Handel o Arlen, a Wagner o Berlin. La voce è la stessa, cambia solo lo stile. 
Per quelli fra noi che sono troppo giovani per conoscerla, chi è Kate Smith e in che modo ti ha ispirata?  
Kate Smith fu una delle grandi cantanti americane degli anni ’30, ’40 e ’50. Ha registrato più di 2200 canzoni durante la sua vita, ha aiutato a galvanizzare la nostra nazione durante la Seconda Guerra Mondiale grazie alle sue esibizioni radiofoniche e dal vivo e divenne un’istituzione della radio e della TV all’apice della sua carriera. Il suo nome divenne sinonimo di America, soprattutto grazie all’associazione con la canzone di  Irving Berlin “God Bless America”, che cantò per la prima volta alla radio nel giorno dell’Armistizio, nel 1938. Mi ispira perché era un essere umano genuino con uno strumento naturale meraviglioso, che sapeva farci con le canzoni e con il suo pubblico.
Canterai il ruolo di Getrude Stein in Twenty-Seven, un nuovo lavoro la cui prima mondiale andrà in scena al Saint Louis Opera. Sarai molto elettrizzata. Raccontaci del processo di creazione di questo nuovo ruolo. Quanto c’è di tuo dal punto di vista creativo?
Sono emozionata all’idea di dar vita a questo meraviglioso nuovo lavoro – sono stata una grande ammiratrice dei lavori di Ricky Ian Gordon per molto tempo, e conoscerlo di persona in questo periodo è uno dei grandi benefici connessi a questo lavoro. Mi sono stati dati un sacco di input in questo lavoro, anche la scelta dell’argomento, che era oggetto di molte conversazioni tra  Ricky, il regista James Robison e me. Fu una loro idea quella della Stein e io l’ho subito amata. Lei era una donna straordinaria, complessa e piena di contraddizioni e la gente di cui si circondava non era da meno. Un lavoro affascinante dal punto di vista narrativo e posso dirti che sia la musica,  sia il libretto (di Royce Vavrek) sono davvero meravigliosi. Il libretto è estremamente steiniano nel ritmo e nel timbro, ed è grandemente drammatico, ma anche molto ironico – dal punto di vista musicale, ci sono dei momenti che ti tolgono il fiato per la loro bellezza.
Hai dei lavori che ami particolarmente di Getrude Stein? Puoi raccomandarci delle letture per prepararci a quest’opera?
La lettura miglio re e più importante è “L’autobiografia di Alice B. Toklas.”
Come sanno tutti, il tuo ruolo per eccellenza è decisamente quello di Fricka. C’è un altro ruolo, tra quelli che hai interpretato finora, che ti è particolarmente caro? C’è un ruolo che vorresti interpretare prima o poi e che non hai ancora affrontato? E perché?
Non so se definirei Fricka il mio ruolo per eccellenza – benché posso certamente dire che è un ruolo che ho interpretato di frequente. Amo il personaggio e la sua musica e sono sempre ben lieta di cantarla quando ne ho l’opportunità. Isabella (L’Italiana in Algeri) è di sicuro un ruolo che mi è molto caro, così come La Grande Duchesse, Cornelia (Giulio Cesare) e Mistress Quickly (Falstaff). Mi piacerebbe cimentarmi in Tancredi. L’ho cantato in concerto e mi è proprio piaciuto. La musica è davvero meravigliosa e ci sono i due  duetti che è una vera gioia cantare.
Chi sono i cantanti a cui guardi come modello e fonte d’ispirazione?
La lista è troppo lunga per fornirla tutta, ma fra i tanti ci sono Placido Domingo, Martina Arroyo, Marilyn Horne, Phyllis Curtin, Kate Smith, Sammy Davis Jr., Dean Martin, Annie Lennox, Freddie Mercury e David Bowie.
C’è un cantante con cui vorresti collaborare e non ne hai avuta ancora la possibilità? E se si, perché? Per quanto riguarda l’opera, mi piacerebbe cantare con Jonas Kaufmann. È un cantante e interprete davvero straordinario che credo sarebbe un’esperienza meravigliosa provare e dare vita insieme a lui a una produzione. Nel pop invece, mi piacerebbe fare un disco con Billy Joel – sue composizioni. La sua è una delle voci davvero grandi e autentiche della musica americana di tutti i tempi.
In tempi di crisi economica e recessione, l’Arte sembra soffrire più di qualsiasi altro settore dei tagli pubblici, della poca richiesta e di altre forme di sostegno economico. Secondo te, perché i governanti pensano che l’Arte vada sacrificata sull’altare dell’economia?
Perché non capiscono la natura essenziale dell’Arte. Mi piacerebbe fare un sondaggio fra i governanti per vedere quanti di loro hanno ricevuto un’istruzione artistica da bambini. Chi suonava nella banda della scuola, chi cantava nel coro, chi dipingeva o scolpiva, ecc. Penso che nemmeno loro potrebbero negare la differenza che ha fatto quel tipo di istruzione nella loro vita. L’Arte nasce in classe, dall’immaginazione dall’ingenuità dei docenti, che guidano giovani menti alla scoperta della loro individualità, esprimendola attraverso la musica o altro. Quando l’istruzione artistica soffre, il nostro settore sanguina di conseguenza.
Questo è un mondo lacerato da carestie, guerre, povertà, sfruttamento umano e ambientale: tutto ciò contrasta con l’idea che siamo nel 2014. Secondo te, in che modo gli artisti possono fare la differenza? Che contributo possono dare per migliorare la situazione? Come possono lasciare un segno sul loro pubblico?
Fornendo i veri mezzi per restare connessi alla realtà – attraverso la loro arte. L’Arte è la sola cosa che non conosce confini – economici, di età, razza, cultura, posizione economica. Chiunque ascolti una grande canzone, sinfonia, opera, o che assista a un balletto, o ammiri un dipinto, una scultura o altri prodotti artistici è capace di reagire a quel lavoro – è ciò che ci unisce nonstante tutto e tutti. Essere parte di ciò che ci può unire è un dono e una benedizione, ma più importante ancora una responsabilità.
Infine, se ti fosse concesso un desiderio… Quale sarebbe?
Una cura gratuita e facilmente accessibile per il cancro.