Trionfa la gioia se Herreweghe dirige “La Creazione”

Torino, Auditorium “Giovanni Agnelli”
I Concerti del Lingotto 2013-2014
Orchestre des Champs-Élysées
Collegium Vocale Gent
Direttore Philippe Herreweghe
Soprano Christina Landshamer
Tenore Maximilian Schmitt
Baritono Rudolf Rosen
 
Joseph Haydn: Die Schöpfung (La Creazione), oratorio in tre parti Hob XXI n. 2 per soli, coro e orchestra, su testo di Gottfried van Swieten, tratto dal Paradiso perduto di John Milton
Torino, 17 marzo 2014

A distanza di una settimana a Torino si ascoltano la Sinfonia n. 2 di Gustav Mahler, Resurrezione, e La Creazione di Franz Joseph Haydn: due titoli grandiosi, in un cammino quaresimale che non ha nulla di cupo, di penitenziale, di formale, ma inanella importanti tappe con cui l’arte musicale ha riflettuto sull’origine e sul destino religioso dell’universo.
Più che un oratorio, Die Schöpfung è la cronaca della vittoria della luce sull’oscurità, dell’ordine armonioso sul caos. Per questo è fondamentale la temperatura emotiva con cui il complesso esegue la partitura; e uno specialista come Philippe Herreweghe infonde certamente la gioia sia nell’Orchestre des Champs-Élysées sia nel Collegium Vocale Gent (sua creazione, è proprio il caso di dire, fondato nel 1970). La gioia del fedele, che ripercorre la prima settimana del mondo attraverso i testi sacri a base del libretto, diventa spunto ritmico e coloristico inesauribile. In effetti, i tempi staccati dal direttore, le sonorità squillanti e leggere, i singoli interventi strumentali e i contributi vocali sono tutti improntati alla manifestazione della felicità (quella che si legge nella narrazione biblica; ma che diviene poi felicità dell’esecuzione stessa). Ed è una vera soddisfazione seguire le vicende del creato primigenio nelle voci dei vari personaggi (Gabriel, Uriel, Raphael, Eva, Adam), perché i tre solisti hanno un profilo molto interessante. Rudolf Rosen, il baritono, è il miglior elemento del trio, con bel timbro scuro e vibrante; ha voce un po’ leggera per la parte di Raphael (scritta nel registro di basso), ma la sua capacità espressiva riesce sempre a valorizzare la trama emotiva del testo letterario e musicale (punto più alto è il lungo recitativo nella II parte, con l’aria «Ora brilla in pieno splendore il cielo», nn. 21-22). Maximilian Schmitt è tenore che canta in modo molto aggraziato, a partire dai numerosi recitativi che gli competono. Il soprano Christina Landshamer ha voce angelicata, impostazione corretta, ma non così espressiva come i colleghi; le colorature sono porte con delicatezza, ma risultano monocordi (ed è un peccato, soprattutto nell’aria dedicata agli uccelli e ai loro amori, «Su possente ala si slancia l’aquila superba», n. 16).
Vera meraviglia per l’ascolto è il coro di Gent; la verve profusa nella pagina «Intonate le corde, / afferrate le cetre» (n. 11) è un paradigma con cui affrontare la riflessione metamusicale (poiché si tratta di musica che invita alla musica e alla gioia del canto). Ma, a onor del vero, in ogni suo intervento il coro rende perfettamente l’intenzione musicale di Haydn: più che rivolgere una preghiera o un canto di lode, La Creazione denota e condivide lo stupore incessante per la meraviglia del creato, un senso fanciullesco di stupefatto candore.
Anche a costo di forzare un po’ le indicazioni ritmiche, Herreweghe rende mobilissimi i ritmi interni, e mantiene sempre al culmine la tensione propriamente drammatica. Dolcissimo il traversiere, che spicca sugli altri strumenti a fiato; ma la morbidezza delle sonorità è generale (spigolosità e stridori degli strumenti originali sono completamente assenti). Più che l’imitazione della natura, ossia l’aspetto mimetico e descrittivo della musica haydniana, il direttore sottolinea sempre la vitalità della rappresentazione. Herreweghe è eccezionale demiurgo, anche perché dimostra come la filologia – quella vera e non pedante – permetta di raggiungere il traguardo più alto nel cogliere le prescrizioni del testo; la gioia quale chiave interpretativa generale non è tanto una scelta, ma l’esito di attenta lettura del coro finale della II parte: «Finita è la grande opera; / il Creatore la vede e si rallegra. / Anche la nostra gioia alta risuoni! (Auch unsre Freud erschalle laut!) / La lode del Signore sia il nostro canto!». Tanto è entusiasta il pubblico alla fine dell’oratorio, che Herreweghe decide di ripetere il coro conclusivo «Cantate al Signore, o voci tutte!». L’imperativo del salmista non potrebbe essere realizzato meglio di così.