Max Emanuel Cencic:”Rokoko”

Johann Adolf Hasse (1699-1783). “Notte amica, oblio de’ mali” (Il cantico dei tre fanciulli); Cadrò ma qual si mira (Arminio*); “La sorte mia tiranna” (Siroe, re di Persia*);”Opprimete i contumaci” ( Tito Vespasiano*); “Siam navi all’onde algenti” (L’Olimpiade);“Ma rendi pur contento” (Ipermestra*); Concerto per mandolino in sol maggiore; De’ folgori di Giove (Il trionfo di Clelia*); “Se un tenero affetto” (La spartana generosa*); “Dei di Roma, ah, perdonate” (Il trionfo di Clelia); “Solca il mar e nel periglio” (Tigrane*).*Prime registrazioni assolute. Theodoros Kisos (mandolino), Armonia Atenea,  George Petrou (direttore). T.Time:64.25. Registrazione: Atene, 5-14 luglio 2013 1 CD Decca 478 6418
Il nuovo prodotto discografico Decca dedicato al controtenore croato Max Emanuel Cencic ha un proprio specifico interesse. In primo luogo la scelta dei brani; nella sconsolante banalità delle scelte musicali in molti recital non solo contemporanei questo si distingue per la possibilità di ascoltare brani decisamente poco o punto noti (molti in prima registrazione assoluta) e di un musicista ben poco conosciuto al grande pubblico come Johann Adolf Hasse.  Compositore amburghese nato nel 1699 e morto nel 1783, allievo a Napoli di Porpora e Scarlatti ha attraversato gran parte del Settecento musicale specie sul terreno del teatro musicale di cui fu protagonista a 360°, egli stesso cantante prima di essere compositore, sposato con un’autentica leggenda del canto barocco come Faustina Bordoni, amico dei fratelli Broschi e del Senesino. L’ascolto dei brani presentati, pur nell’ovvia eseguita, testimonia un innegabile talento compositivo con soluzioni tanto orchestrali quanto vocali di indubbia originalità e di notevole effetto e in cui si riconosce l’ottima conoscenza della voce umana e delle sue possibilità.    Il protagonista vocale dell’incisione è Max Emanuel Cencic, controtenore di origne croata di registro mezzosopranile affermatosi negli ultimi anni come uno degli interpreti più qualificati in questa corda vocale. Classe 1976, già membro dei Wiener Sängerknaben dal 1986 al 1992, presenta qualità musicali e stilistiche non comuni che in pochi anni gli hanno permesso di collaborare con i maggiori specialisti della musica vocale barocca e non solo. Il timbro non è privo di piacevolezza, con riflessi insolitamente virili per un controtenore e non impropri alla natura androgina di molte parti, la tecnica è molto curata così come la linea di canto, i passaggi di coloratura – spesso decisamente impervi – sono affrontati e risolti con slancio e sicurezza seppur non mancando completamente quel senso di artificiosità rispetto a voci più naturali che sempre caratterizza questo tipo di voci. Anche la proiezione della voce appare apprezzabile.
Cencic tende a presentare se stesso più come un musicista ed un interprete che come un virtuoso, e la cosa è apprezzabile vista la tendenza di molti ad esaltare solo l’aspetto virtuosistico e in qualche modo circense di questo repertorio a scapito del versante interpretativo. Posta in apertura la bella serenata “Notte amica, oblio de’ mali” da “Il cantico de’ tre fanciulli” inquadra perfettamente l’approccio di Cencic. Linea di canto curatissima, di estrema musicalità, preferenza per un andamento disteso, dai toni lirici ed elegantemente patetici che sembrano rappresentare il contesto espressivo più congeniale al cantante.
Nel prosieguo dell’ascolto sono proprio i brani ad andamento più lirico quelli che vengono maggiormente evidenziati dalla lettura di Cencic, così “Ma rendi pur contento” da “Ipermestra” del 1744 restituisce a pieno il lirismo della scrittura di Hasse mentre ne “Se un tenero affetto” da “La spartana generosa” del 1747 l’andamento leggero e galante del brano non contrasta con la sincerità espressiva che Cencic cura nel dettaglio o “Dei di Roma, ah, perdonate” dal più tardo “Il trionfo di Clelia” del 1762 esprime pienamente la sua natura di solenne e commossa preghiera.
Anche nelle pagine di carattere più  mosso Cencic cerca sempre di approfondire più l’aspetto espressivo e teatrale di quello meramente virtuosistico cercando di esaltare al massimo le differenze espressive ed evitando il rischio di cadere in un’eccessiva uniformità. Fra questi si apprezzano particolarmente le due arie dal “Tito Vespasiano” del 1735 “Opprimete i contumaci” e “Vo disperato a morte”; il testo è lo stesso che – con le modifiche del caso – servirà a Mozart per “La clemenza di Tito” e le due arie sono destinate al personaggio di Sesto, qui il canto d’agilità è strettamente legato alla dimensione espressiva del personaggio e Cencic riesce a rendere molto bene tanto la tensione della prima aria quanto il disperato desiderio di morte della seconda. La lunga aria “La sorte mia tiranna” da “Siroe re di Persia” del 1733 si caratterizza per un’estrema vivacità e per i ripetuti cambi di registro espressivo che il cantante tende ad evidenziare con grande intelligenza espressiva e musicalità.  I brani in cui prevale “il virtuoso” sembrano coinvolgere meno Cencic che però canta sempre con gusto e proprietà stilistica. Fra le “arie di tempesta” merita di essere segnalata “Siam navi all’onde algenti” da “L’Olimpiade” del 1756, opera della piena maturità di Hasse ed in cui non si può non restare affascinati dal ricco gioco orchestrale capace di evocare con estremo realismo le sensazioni atmosferiche dell’aria.   A completare la registrazione è il concerto per mandolino in Sol maggiore dello stesso Hasse dove si apprezza una scrittura di grande cantabilità e un trattamento dello strumento solista in forme quasi vocali. Il complesso Armonia Atenea diretto da George Petrou fornisce un buon accompagnamento complessivo e testimonia la fioritura di buone compagini di musica antica anche in paesi tradizionalmente più periferici in questo tipo di esperienze come in questo caso la Grecia.