Milano, Teatro alla Scala: “Il lago dei cigni”

Milano, Teatro alla Scala, Stagione d’opera e balletto 2013-2014
“IL LAGO DEI CIGNI”
Coreografia Rudolf Nureyev da Marius Petipa e Lev Ivanov
Ripresa da Maina Gielgud
Regia Rudolf Nureyev
Musica Pëtr Il’ič Čajkovskij
Odette/Odile POLINA SEMIONOVA
Siegfried CARLO DI LANNO
Rothbart MARCO AGOSTINO
La regina RAFFAELLA BENAGLIA
Passo a tre MARTA GERANI, LUSYMAY DI STEFANO, WALTER MADAU
Solisti valzer SOPHIE SARROTE, VIRNA TOPPI, VITTORIA VALERIO, ALESSANDRA VASSALLO, MASSIMO GARON, RICCARDO MASSIMI, MAURIZIO LICITRA, CHRISTIAN FAGETTI
Quattro cigni grandi NICOLETTA MANNI, VIRNA TOPPI, LUANA SAULLO, ALESSANDRA VASSALLO
Quattro cigni piccoli BRIGIDA BOSSONI, LUSYMAY DI STEFANO, VITTORIA VALERIO, DANIELA CAVALLERI
Solisti ciarda LARA MONTANARO, MAURIZIO LICITRA
Spagnoli STEFANIA BALLONE, LUANA SAULLO, MICK ZENI, MASSIMO GARON
Solisti tarantella SERENA SARNATARO, FEDERICO FRESI
Le fidanzate ALESSANDRA VASSALLO, VIRNA TOPPI, VITTORIA VALERIO, ANTONINA CHAPKINA, LUANA SAULLO, GIULIA SCHEMBRI
Corpo di Ballo del Teatro alla Scala
Direttore Paul Connelly
Scene Ezio Frigerio
Costumi Franca Squarciapino
Milano, 27 aprile 2014

Erano molte le aspettative per la prova di Polina Semionova nei panni di Odette / Odile nel Lago scaligero, dopo la smagliante performance offerta in Diamonds – ultima parte di Jewels di George Balanchine – danzato a marzo al Piermarini. E le aspettative non sono state disattese. Moscovita di nascita, dopo alcuni anni dedicati al pattinaggio artistico viene indirizzata allo studio della danza; giovanissima entra a far parte del Berlin Staatsballett mentre oggi è principal dell’American Ballet Theatre e ritorna in patria in veste di guest principal presso il Balletto del Teatro Mikhailovskij, compagnia che negli ultimi anni ha saputo richiamare a sé nomi prestigiosissimi della danza russa. Per la raffigurazione di Odette, Polina Semionova utilizza un registro più lirico che drammatico, senza inutili retoriche, cosa molto azzeccata giacché l’adagio del primo atto bianco è quello che sancisce l’innamoramento tra Siegfried e la Principessa – Cigno. È davvero una fanciulla in balìa di un destino che non sembra comprendere, con le braccia appena frementi e i petit battement sur le cou-de-pied solo accennati, insieme al volto di una bellezza veramente lunare. Nelle vesti di Odile, è un contraltare affascinante e sufficientemente malioso: esegue quasi con spavalderia la temibile variazione del “pas de deux del Cigno Nero” e alla coda scatena l’entusiasmo del pubblico con la celebre serie di fouetté, magari non eseguiti perfettamente sur place ma impreziositi dall’abbagliante virtuosismo. Anche in quest’occasione, la direzione scaligera propende per affiancare l’artista ospite ad un membro della Compagnia, Carlo Di Lanno, già interprete di Siegfried accanto a Nicoletta Manni – neo prima ballerina scaligera – durante la scorsa stagione. Di Lanno può vantare una figura che ben si confà alla ritratto dolente e malinconico del Principe pensato da Rudolf Nureyev; è buono il lavoro di gambe, che viene sempre sollecitato dalla certo non agevole coreografia, così come la musicalità. Meno convincenti alcuni atterraggi poco sicuri, che talvolta hanno compromesso la qualità complessiva del legato. Tutte cose che avranno modo di maturare con una maggiore frequentazione del ruolo. Nell’ambiguo ruolo di Rothbart / Precettore troviamo un altro giovane artista della compagine scaligera, Marco Agostino, forse troppo estraneo per maturità alla sinistra natura di quello che è l’autentico ‘motore’ dell’intera vicenda. Nel pas de trois del primo atto, è emersa per eleganza la prova di Lusymay Di Stefano. Il Corpo di Ballo si è obbiettivamente comportato molto bene, in particolar modo il corpo di ballo femminile all’ultimo atto ha raggiunto livelli di bravura e bellezza tali da dover patir ben pochi confronti. Restano però diversi dubbi sui frutti che possano apportare le recenti normative in fatto di stabilità. Nello specifico, ci riferiamo all’esecuzione della ciarda, dove purtroppo alcuni elementi in stridente disarmonia col livello fisico ed estetico raggiunto dal Balletto della Scala – ancorché distribuiti ‘ad arte’ – non hanno molto giovato all’economia generale della partitura… anche in quella fastosa (o, magari, pompier…) concepita da Nureyev per il suo Lago.
Resta da dire di lui, Rudolf Nureyev, artefice di questa coreografia che nel 1990 andò in scena per la prima volta in scena alla Scala e creata per il Balletto dell’Opéra di Parigi qualche anno prima; Nureyev danzò il personaggio di Wolfgang / Rothbart e fu anche l’ultima volta che il Massimo milanese lo vide in scena. Fu una coreografia sofferta, fatta di molti ripensamenti e per nulla amata dalla Compagnia per cui venne creata. L’attività di Nureyev – coreografo iniziò negli anni ’60 del ‘900, allorché venne chiamato a rimontare alcuni celebri balletti, a partire dal celebre Atto delle Ombre de La Bayadère per il Royal Ballet di Londra nel 1963: l’anno successivo fu la volta de Il lago dei cigni per l’Opera di Stato di Vienna, una prima versione che ancora oggi possiamo ammirare nella celebre registrazione in coppia con Margot Fonteyn. L’intento di queste operazioni era quello di svecchiare, soprattutto da un punto cosiddetto “drammaturgico”, il grande balletto di repertorio. Già all’epoca della composizione del Lago, la forma del ballet à grand spectacle si era ridotta a semplice convenzione, senza porre (e porsi) troppi interrogativi sui “perché e per come” di numeri e pantomime. Avvinghiato nella sua adamantina bellezza, il Balletto Imperiale provò a cercare nuove vie (come nella scelta delle interpreti femminili di scuola italiana) ma da lì a poco, semplicemente cessò di esistere. La versione del Lago di Nureyev ad oggi non smette di stupire nel bene e nel male. Dai più viene fiaccamente definita «freudiana», ma giusto perché il balletto inizia col sogno di Siegfried e perché non sono ben chiari quali rapporti intercorrano tra il Principe e il Precettore (quando per intendere il sogno come presagio di sventure basterebbe semplicemente pensare a La Sylphide…). Comunque sia, il risultato finale di questo Lago sono momenti di pantomima convenzionale intervallati ad altri decisamente anti – accademici (o neoclassici?) per poi lasciare quasi inalterati nella loro purezza i magnifici atti bianchi (il quasi è d’obbligo, considerata la bizzarra rentrée prevista per i cigni in apertura all’ultimo atto…): ancora oggi si può rimanere confusi e “spiazzati”. Se invece si cerca una giustificazione dal punto di vista narrativo, è chiaro il voler far emergere quasi con prepotenza Siegfried e il suo ambiguo rapporto con Wolfgang, magari a scapito del risultato complessivo, musicale e coreutico. Insomma, gli eterni problemi che comportano le versione nureyeveiane del repertorio… ancora se ne parla abbondantemente: e va bene così.
Tantissimi applausi per tutti, con punte di meritatissimo entusiasmo per Polina Semionova. Le repliche de Il lago dei cigni proseguono fino all’11 maggio, con cast che vedono schierate le nuove leve scaligere. Foto Brescia e Amisano © Teatro alla Scala