“La bella addormentata nel bosco” al Teatro dell’Opera di Roma

Roma, Teatro dell’Opera di Roma, Stagione di Opere e Balletti 2013-2014
“LA BELLA ADDORMENTATA NEL BOSCO”
Balletto in un prologo e tre atti
Musica di Pëtr Il’ič Čajkovskij
Coreografia di Paul Chalmer da Marius Petipa
Principessa Aurora JURGITA DRONINA
Principe Florimondo VLADIMIR SHISHOV
Uccello blu ALESSIO REZZA
Principessa Florina ALESSIA GAY
Fata dei lillà MARIANNA SURIANO
Fata Carabosse ANJELLA KOUZNETSOVA
La regina ALESSIA BARBERINI
Il Re Florestano SERGIO GRANDONI
Calabutte ANDREA SCUDERI
Variazioni delle Fate CLAUDIA BAILETTI, GIOVANNA PISANI,CRISTINA SASO,SILVIA FANFANI,ROBERTA PAPARELLA
Principi EMANUELE MULÉ, ALESSANDRO RENDE, MICHAEL MORRONE, DAMIANO MONGELLI
Diamanti ROBERTA PAPARELLA, MICHELE SATRIANO
Zaffiro VIVIANA MELANDRI
Smeraldo ANNALISA CIANCI
Rubino CRISTINA MIRIGLIANO
Il Gatto con gli stivali GIACOMO LUCI
La Gatta bianca GIOVANNA PISANI
Orchestra e corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore David Garforth
Scene e costumi Aldo Buti
Luci Agostino Angelini
Allestimento del Teatro dell’Opera
Roma, 30 maggio 2014         

 In contemporanea, curiosamente, con l’uscita nelle sale cinematografiche di Maleficent (un one-woman-show della blasonata attrice hollywoodiana Angelina Jolie), rifacimento del famoso e amato cartone della Disney sulla fiaba di Charles Perrault, il Teatro dell’Opera di Roma ripropone, dopo cinque anni di assenza, il capolavoro di Pëtr Il’ič Čajkovskij La bella addormentata nel bosco (la première si ebbe 3-01-1890 al Teatro Marijinskij). La direzione è affidata a David Garforth, già protagonista dello scorso Verdi danse: l’orchestra fa il suo dovere (molto brave le parti soliste, soprattutto il primo violino, la viola e l’arpa, cui sono affidate, nella partitura, cadenze di notevole effetto), accompagnando degnamente i ballerini, anche se Garforth ha la bacchetta pesante in più di un passaggio, non tanto per l’agogica squisitamente ritmica – che tiene molto in considerazione chi è sul palco, elemento non del tutto scontato −, ma per i bassi (tromboni e tuba, in particolare) alle volte troppo marcati.
Il corpo di ballo (Micha van Hoecke) è, al solito, bravissimo: sì, qualche fisiologico errore può ovviamente starci qua e là, ma la resa generale del tutto è più che buona. Come, per esempio, la coreografia della celeberrima Grande valse de villageoise (I atto, n. 6), con un gioco in cui i ballerini entrano dentro degli archi di ghirlande alzate dalle ballerine, danzanti in cerchio sulle punte, e una volta usciti eseguono dei grand jeté en tournant, sempre girando attorno – come si comprende egevolmente, per essere degnamente eseguito, il tutto ha bisogno di gran coordinazione e precisione. Bella del pari è l’esecuzione della coreografia della danza onirica delle driadi (III atto, n. 15), con bei tableaux: qui la scelta dei costumi è assai azzeccata, dato che le driadi vestono tutte delle vesti lievemente trasparenti e screziate di verde acqua, che creano un continuo gioco con le luci proiettate. Anche i solisti sono all’altezza. Riesce abbastanza bene il Grand pas d’ensemble (prologo, n. 3) con le singole variazioni delle fate, su cui spicca l’esecuzione di quella della Fata dei lillà (Marianna Suriano, assai bella, oltre che brava), a suo grande agio nel ruolo. Brava anche la strega Carabosse (Anjella Kouznetsova), una parte, soprattutto mimica, che dimostra come un ballerino classico debba saper anche recitare. Aurora è la russa, naturalizzata lituana, Jurgita Dronina, già premiata nel 2011 proprio per questo ruolo: premio meritato, giacché anche a Roma ha dimostrato grazia e salda tecnica. Fin dalla sua entrata, infatti, si fa apprezzare esteticamente per l’innegabile physique du rôle e la pulizia delle linee (posizioni sulle punte, arabesque e salti vari); stupisce per il controllo del corpo durante il Grand adage à la rose (I atto, n. 8), quando i quattro principi pretendenti, che le recano in dono una rosa bianca, la sorreggono in diversi tour de promenade: non ha ancora finito l’ultimo, che già il pubblico applaude in deliquio, in uno dei momenti più riconoscibili della classica coreografia di Petipa. Continua bene nel primo passo a due col principe (in questa versione chiamato Florimondo), in cui risulta assai eterea, qual spettro o illusione d’un sogno dev’essere. Il secondo pas de deux scorre bene e i due partners si fanno apprezzare soprattutto nel campionario di prese. La parte del principe la sostiene il russo Vladimir Shishov, altissimo: un ballerino che coniuga a una naturale massiccia muscolatura una certa qual grazia, una danza sul filo dell’acqua. Dei suoi due assoli durante la caccia (II atto, scena I) risulta molto bello il primo, un tantino meno il secondo, comunque d’effetto: eccellente nei suoi due pas de deux con Aurora – è un ottimo partner per la ballerina −, e soprattutto nel secondo, con la sua variazione, ha buon agio per il solito campionario di prodezze – meno, devo dire, rispetto a molti balletti classici: La bella addormentata nel bosco si rivela una fiaba danzante dove molto si deve alla parte più strettamente mimico-recitata. Deliziosi i divertissement della festa nuziale di Aurora e Florimondo. In particolare, sono risultati irresistibili il Gatto con gli stivali (Giacomo Luci) e la Gatta bianca (Giovanna Pisani); assolutamente perfetto, nel suo pas de deux con l’altrettanto brava Alessia Gay (Principessa Florina), si mostra Alessio Rezza, che interpreta la parte dell’Uccello blu: la sua tecnica prodigiosa e la precisione millimetrica gli consentono di esprimere al meglio quell’aerea levità che la marca caratteristica del ruolo, che tutti abbiamo in mente per la deliziosa serie dei brisé volé. La coreografia storica di Marius Petipa viene riadattata dal coreografo ed ex ballerino canadese Paul Chalmer, che si tiene abbastanza aderente alla lettera classica; la sua versione è prediletta dall’Opera di Roma fin dai primi anni 2000. Lo stesso dicasi delle scene e dei costumi di Aldo Buti, che videro la première in un allestimento del 2002. Le scene sono classiche: troviamo a più riprese inferriate medievaleggianti che lasciano intravedere fondali dipinti (il giardino di un palazzo, con una fontana e delle statue esotiche), come pure scale e addobbi floreali. Classicissimi pure i costumi dei ballerini: peccato solo la mancanza di cura nel non aver voluto distinguere adeguatamente le fate soliste dal resto del gruppo al seguito della Fata dei lillà. Molto belli alcuni momenti della regia e, in generale, l’uso dei sipari di velatino con delle decorazioni arboree per descrivere la natura che prende possesso del regno del re Florestano, creando il bosco dove giace, eternamente dormiente, Aurora. Così, quando Florimondo deve raggiungere Aurora per donarle il bacio del risveglio, passa tra questi sipari, dove la corte del regno giace addormentata, combattendo con Carabosse e i suoi sgherri (ballerini assai competenti), fino a che la Fata dei lillà, cacciatili via, non gli permette di ridestare la principessa. D’effetto anche l’entrata di Carabosse al battesimo di Aurora, su un semovente decorato con ali di drago, e con i suoi scagnozzi che portano caos e scompiglio.  Una bella ripresa di una produzione oramai classica per l’Opera di Roma, che dimostra, ancor di più, di possedere un corpo di ballo di tutto rispetto. Ora si attende Cenerentola di Prokof’ev a cavallo fra settembre e ottobre (se si esclude la ripresa a Caracalla de Il lago dei cigni andato in scena fra dicembre e gennaio scorsi). L’augurio è che, in un non lontano futuro, si possa assistere a sempre più recite e nuovi titoli di danza classica; ma, soprattutto, che alla barbara crisi che sta lentamente distruggendo, ab imo, la tradizione rappresentativa della danza classica, arte tra le più esposte (in questo momento storico) al ludibrio di una sorte sfortunata, si ponga un serio freno.