Leonardo Vinci (1690-1730): Alto Arias

“Bella pace dal seno di Giove” (Gismondo re di Polona, 1727); “Sotto il peso tra sassi cadendo” (Oratorio di Maria dolorata, 1718-25ca); “Nella foresta” , “Vengo a voi, funesti orrori”(Medo, 1728); “Se soffia irato il vento” (Ernelinda, 1725); “Ai lampi del tuo lume”* , “Chi mi priega, chi m’ama”(Oratorio per la Vergine del Rosario, 1727); “Alma grande” (Astianatte, 1725); “Aprirti il seno” (Eraclea, 1724); “Che legge spietata” (Catone in Utica, 17128); “Taci, o di morte” (Medo, 1728); “Ti calpesto, oh crudo Amore” (Astianatte, 1725);”Non meno risplende” (“La contesa de’Numi”, 1729); “In questa mia tempesta” (“Eraclea”, 1724). Filippo Mineccia (controtenore), Francesca Cassinari (soprano)*, Stile Galante, Stefano Aresi (direzione). Registrazione:Castrezzato, Cavalli Musica Studio, luglio 2013. T.Time: 74,38. 1 CD Pan Classics PC10297 – 2014
La stragrande maggioranza del repertorio barocco, italiano e non, un vero e proprio tesoro nascosto (spesso, c’è da dire, neanche troppo), sta in questi ultimi anni conoscendo un’inusitata stagione di fioritura: sempre più interpreti, infatti, dedicano anima e corpo a studiarne gli autori, per lo più, spesso poco spaginati o conosciuti.  È sicuramente questo il caso del compositore Leonardo Vinci, esponente di spicco dell’inclita scuola napoletana. Ci si rende agevolmente conto che stiamo vivendo in un momento di vera e propria Baroque Renaissance, sia per quanto concerne gli studi musicali, che per la prassi esecutiva, proprio come anni fa ci si rese conto di essere immersi in una Rossini renaissance – di cui ora si colgono i reali frutti, con l’intero repertorio del pesarese a disposizione di studiosi e interpreti, che non più di rado stringono in culla proprio qualche partitura di Rossini, non approdandovi nella maturità della loro vocalità o, addirittura, nella vecchiaia. Così è, se ben ci pare, anche per quando concerne l’attuale moda barocca: trovare barocchisti degni di questo nome, oggi, è notevolmente più semplice, rispetto al passato, soprattutto quelle voci che emulano i castrati. E, non da ultimo, lo dimostra questa fatica discografica della Panclassics, che ha il merito di indagare, cosa inusuale per nomi come quello del Vinci, il repertorio di un singolo autore: è, a tutti gli effetti, un piccolo saggio interpretativo monografico sulla sua produzione, sia sacra – come testimoniano i brani tratti dai due oratori, l’Oratorio di Maria dolorata e l’Oratorio per la Vergine del Rosario – che profana, di opera seria.
Filippo Mineccia sciorina tutte le sue abilità da contraltista: possiede un timbro duttile e malleabile, ma all’uopo turgido, certamente potente nel registro acuto, ben assestato e intonato convenientemente inanellate le varie fioriture, i passaggi arditi, i trilli, le messe di voce (molto belle quelle nell’aria «Taci, o di morte», da Medo), affrontate e risolte assieme a ogni classica difficoltà di un interprete del repertorio degli evirati cantori. Esempio eccellente delle doti funamboliche del Mineccia s’ha nell’aria da Astianatte, «Ti calpesto, oh crudo Amore», e pure nell’intensa «Non meno risplende» (La contesa de’ Numi); gagliardo si lancia nelle tipiche arie di bravura: «Se soffia irato il vento» (Ernelinda) e «Nella foresta» (Medo), dove la fibra del suono è invidiabile e gli consente il miglior acuto del CD. Della sua sensibilità interpretativa, invece, ci dà segno nella suadente aria «Vengo a voi, funesti orrori» (Medo). L’interprete, altresì, deve ringraziare anche l’orchestra, che lo sorregge con una buona performance. La direzione è affidata al maestro Stefano Aresi, a cui scorre il barocco nelle vene, anche se talvolta potrebbe osare slanciarsi di più, suggerendo tempi più incalzanti al controtenore – il che non stonerebbe con una certa esplosività delle corde di Mineccia; la placida agogica che imprime alle partiture, nei punti di maggior pathos, tende a una catarsi ritmico-sonora propendente per un raffinato distaccamento: quasi che, invece di viverle, guardasse con gusto le emozioni musicali.