Venezia, Palazzetto Bru Zane: “D’Un Soir Triste”

Palazzetto Bru Zane, Festival “Romanticismo tra guerra e pace” (27 settembre-11 dicembre 2014)
“D’UN SOIR TRISTE”
Trio Karénine :
Violino Anna Göckel
Violoncello Louis Rodde
Pianoforte Paloma Kouider
Théodore Dubois: Trio pour violon, violoncelle et piano n. 1
Lili Boulanger: D’un soir triste-D’un matin de printemps
Alexis de Castillon: Trio pour violon, violoncelle et piano n. 2 op. 17
In partenariato con Auditorium du Louvre
Venezia, sabato 15 novembre 2014

Ancora un concerto, nell’ambito del Festival “Romanticismo tra guerra e pace”, all’insegna di giovani talenti, a conferma che questa è da tempo una delle cifre distintive dell’attività del Centre de musique romantique française presso il Pallazzetto bu Zane a Venezia. Questa volta sul palco della deliziosa sala dei concerti è salito il Trio Karénine, che riunisce tre artisti appassionati di letteratura, che non a caso hanno scelto di fregiarsi del nome dell’eroina del celebre romanzo di Tolstoj, per la speranza che infonde e lo slancio vitale che racchiude. I tre musicisti sono stati recentemente insigniti di un importante riconoscimento internazionale: il secondo premio (il primo non è stato attribuito) e tre premi speciali al 62° Concorso Internazionale dell’ARD di Monaco di Baviera. La prestazione che hanno offerto – affrontando un programma costituito da composizioni scritte nel periodo compreso tra la guerra franco-prussiana e il primo conflitto mondiale – è stata quanto mai carica di quello slancio vitale legato al nome della loro beniamina, ad esprimere il pathos romantico che percorre i brani scelti per il concerto, tra cupe riflessioni, episodi lirici e momenti spensierati. Davvero encomiabile l’estrema concentrazione, unita a un perfetto affiatamento e a una costante purezza di suono, dimostrata da questi giovani solisti, che non hanno mai avuto la minima incertezza, di fronte a un programma impegnativo anche dal punto di vista della quantità, suonando impeccabilmente per quasi due ore.
Così è avvenuto nell’esecuzione del Trio per violino, violoncello e pianoforte n. 1 di Dubois, composto nel 1904 e accolto con entusiasmo fin dal suo primo apparire (al pianoforte il suo stesso dedicatario, Camille Saint-Saëns). Di architettura solida e sottilmente ciclica, il trio conferma i tratti più tipici della musica di questo dotatissimo compositore, allievo di Ambroise Thomas, vale a dire l’attaccamento alla tradizione strumentale tedesca e l’influsso di Franck e Saint-Saëns. Traboccante di pathos l’interpretazione del Trio Karénine a partire dal primo tema, che (plagio inconscio o voluto?) ricompare tale e quale in Une châtelaine en sa tour, un pezzo per arpa di Gabriel Fauré del 1918. Suono rotondo nel secondo tema, un nobile corale, presentato dai nitidi accordi del pianoforte, che nel movimento successivo si è imposto per una sua notevole parte cantabile. Magnifica l’esecuzione anche nei restanti movimenti, in particolare l’ensemble si è segnalato per rigore e musicalità nell’ultimo, caratterizzato in buona parte da una scrittura polifonica, in cui viene riprenso il tema iniziale.
Quanto alle due composizioni di Lili Boulanger, vera e propria meteora della musica francese, rampolla di una famiglia di musicisti, purtroppo minata dalla tisi, esse furono realizzate tra il 1917 e il 1918, l’anno della sua morte a soli 25 anni: due pezzi complementari uno all’altro, che esprimono quella bipolarità emotiva, tipica della compositrice. D’un soir triste e D’un matin de printemps sono le ultime opere portate a termine senza l’aiuto della sorella Nadia. È interessante notare come entrambe condividano lo stesso ritmo ternario, lo stesso sapore modale e soprattutto lo stesso tema melodico, pur rivelando caratteri opposti. Estremamente espressiva l’interpretazione del Trio Karénine: in D’un soir triste la cupezza funerea che pervade la composizione, introdotta da una mesta “processione” di accordi del pianoforte, è stata pienamente resa, sottolineandone anche il carattere di violenta disperazione, che si dirada solo nell’unico episodio in modo maggiore, evocante una sorta di trasfigurazione dopo la morte. La gaiezza D’un matin de printemps ha, invece, pervaso la platea grazie al tema danzante energicamente proposto dal violino su accordi ribattuti alla Debussy, e ai successivi trilli dello strumento ad arco, cui fa seguito una melodia di ampio respiro, su accordi seducenti, anche per la loro audacia, della tastiera, a conferma della ricordata sensibilità armonica della sfortunata musicista.
Tonalità scure dominano anche nel tempo iniziale del Trio per violino, violoncello e pianoforte n. 2 op. 17 di Alexis de Castillon, un aristocratico colto e mondano, che abbandonò la carriera militare per dedicarsi alla musica, avendo tra i suoi maestri César Franck. Anche Castillon scomparve prematuramente – a soli trentacinque anni – dopo aver partecipato alla fondazione della Société nationale de musique e aver composto opere da camera vigorose e raffinate, cui si aggiunge qualche lavoro orchestrale. Il secondo Trio per violino, violoncello e pianoforte, eseguito in quest’occasione, è una delle ultime composizioni del musicista di Chartres, che lo ha dedicato al direttore d’orchestra Charles Lamoureux. Si tratta di un’opera possente, che come tante altre di Castillon ha ricevuto adeguati riconoscimenti solo dopo la morte dell’artista, di cui testimonia appieno il senso melodico e l’adesione alquanto personale ai modelli formali della tradizione. Purezza di suono e sensibilità sono state confermate dal pianoforte nel primo movimento, Allegro moderato, così come dagli archi. Grande precisione si è apprezzata nel fugato del movimento successivo, Allegro non vivo, dove un motivo trascinante viene affidato, in successione, al violoncello, al violino e al pianoforte, per svilupparsi in modi diversi, sempre in un clima gradevole. Piena di fascino la prima sezione del Trio centrale del terzo, Scherzando vivace – una cullante barcarola –, mentre nella seconda sezione si sono imposti i bei colori della serie di accordi ripetuti in tonalità maggiore. Particolarmente suggestivo l’ultimo variegato movimento, Adagio. Allegro con fuoco. Molto espressivo senza rigore, che si apre con un’introduzione dalle armonie cupe e toccanti, su cui si distende un “arioso” degli archi. Impeccabili gli archi nell’affrontare l’ardente Allegro con fuoco e il romantico Molto espressivo senza rigore, fino alle vigorose strappate finali con cui si conclude la monumentale composizione.  Meritatissimi gli applausi tributati dal pubblico, ricambiati con un raffinato bis: l’Andantino dal Trio in re minore op. 120 di Gabriel Fauré, interpretato con pathos, eleganza, leggiadria tutta francese. Foto Rocco Grandese