“Don Giovanni” al Théâtre La Monnaie

Bruxelles, Théâtre La Monnaie – Stagione 2014/2015
“DON GIOVANNI”
Dramma giocoso in due atti KV527. Libretto di Lorenzo Da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Don Giovanni JEAN-SEBASTIEN BOU
Donna Anna BARBARA HANNIGAN
Il Commendatore
SIR WILLARD WHITE
Don Ottavio
TOPI LEHTIPUU
Donna Elvira RINAT SHAHAM
Zerlina JULIE MATHEVET
Leporello ANDREAS WOLF
Masetto JEAN-LUC BALLESTRA
Orchestra Sinfonica e Coro del Théâtre La Monnaie
Direttore Ludovic Morlot
Maestro del coro Martino Faggiani
Regia Krzystof Warlikowski
Scene e costumi Malgorzata Szczesniak
Luci Felice Ross
Coreografia Claude Bardouil
Video Denis Gueguin
Drammaturgia Christian Longchamp
Produzione del Théâtre La Monnaie
Bruxelles, 14 dicembre 2014

Don Giovanni che striscia per terra, Don Giovanni attaccato a una flebo, Don Giovanni stordito, quasi ipnotizzato davanti a film e cartoni animati pornografici. Tre immagini che possono dare il senso di questa produzione del Théâtre La Monnaie, una rappresentazione cruda ed esplicita di una società degradata dove ognuno fa quello che vuole, una società che non è nemmeno immorale ma semplicemente amorale. Sul palcoscenico della Monnaie è andato in scena un Don Giovanni che sembrava aver passato la sua data di scadenza naturale, e ossessionato dal sesso a un livello da turba mentale. Non il libertino dominatore dall’esuberanza vitale incontenibile ma una figura quasi triste, a volte ridicola, un sopravvissuto al suo stesso mito che va a caccia di gonnelle perché non ne può fare a meno, come un drogato. Con un Don Giovanni spogliato della sua affascinante grandezza e ridotto all’ombra di se stesso, tutto l’impianto dell’opera risulta mutato, e considerazioni sul libero arbitrio e sull’indipendenza estrema dell’uomo anche di fronte al trascendente non hanno ragione di essere. S’invertono i ruoli tra Don Giovanni e Leporello che a tratti domina il suo padrone, Donna Anna è una ninfomane, Donna Elvira scambia effusioni con la cameriera e pesca la bottiglia di whisky dalla borsa firmata, e Zerlina è prevedibilmente disinibita e furbetta. Scompaiono le divisione di classi sociali, e scompare anche l’aspetto giocoso. Non è dato sapere se questa lettura dell’opera in chiave erotico-compulsiva sia semplicemente da intendere come lo specchio della società contemporanea o non rifletta piuttosto le personali ossessioni del regista, che fra l’altro sembra sempre convinto, ancora nel 2014, che le scene di sesso esplicito abbiano una valenza innovativa e rivoluzionaria.
Se l’idea di attualizzare un’opera e trasporla ai giorni nostri di per sé può essere una scelta validissima e condurre a risultati piacevoli e interessanti, sembrerebbe però di poter dire che tale operazione dovrebbe quanto meno avere una sua intima coerenza, un filo conduttore che abbia una senso, e non ridursi semplicemente a una sommatoria di rappresentazioni di comportamenti più o meno beceri. Questa coerenza, nel caso del Don Giovanni andato in scena alla Monnaie, sembra mancare. Un’opera attualizzata in chiave moderna può essere magnifica, o può scivolare nel cattivo gusto. Questo Don Giovanni lascia l’amaro in bocca.
C’è di tutto e di troppo. L’opera si apre con Don Giovanni che, durante l’ouverture, guarda il video di se stesso impegnato in un’orgia, tributo al film Shame di Steve McQueen. Donna Anna, di fronte al padre morto, consuma un amplesso con Don Ottavio. Il finale del primo atto è scandito dalle movenze di una ballerina impegnata per metà in un ballo da cubista e per l’altra metà in una danza tribale. Ritroveremo di nuovo la ballerina in versione lap dance, scossa da spasmi di intensità crescente nella scena del commendatore. Fra gli elementi ai quali si stenta a dare un significato c’è anche la piccola ginnasta che salta la corda, e che nel secondo atto si siede sulle ginocchia di Don Giovanni (non è fuori luogo immaginare un brivido nel pubblico).
Questi pochi esempi valgono a dare un’idea delle scelte di regia di Krzystof Warlikowski, ben noto per i suoi allestimenti provocatori. Altre idee sono più riuscite dal punto di vista teatrale, come la scena del cimitero che si svolge tra il palco reale, dove cantano Don Giovanni e Leporello, e il palco di fronte dove siede il commendatore, ieratico sotto una luce intensissima. Per la scena finale del commendatore Warlikowski evita fiamme e nebbie e pone il commendatore direttamente sul palco sotto un grande cappuccio bianco. Le scene di Malgorzata Szczesniak sono eleganti ed equilibrate senza voler strafare in originalità, anche se un po’ fredde; neanche l’ambientare la scena della cena in una cucina sembra molto originale, ma nel complesso è felicemente riuscita. I costumi sempre della Szczesniak sono ben intonati alla contemporaneità della rappresentazione, con un protagonista un po’ “fashion-victim”, mentre Donna Anna ed Elvira sono forzatamente erotiche nei loro tubini-guaina e tacchi a stiletto. Leporello non ha nulla del servitore mentre  Zerlina è  una Marilyn rediviva e aggiunge un tocco un po’ kitsch. I video curati da Denis Guéguin, proiettati su un pannello trasparente che scende a metà del palco, si rivelano strumenti efficaci per la caratterizzazione dei personaggi.
Ludovic Morlot, in una delle sue ultime conduzioni sul podio della Monnaie – ha infatti annunciato nei giorni scorsi di voler lasciare il teatro alla fine dell’anno, per “divergenze con l’orchestra” – dirige con piglio sicuro ma, visto che il cast non certo composto da voci particolarmente “brillanti” tende a soverchiare il canto. La regia poi inserisce degli inspiegabili poi i momenti di silenzio assoluto, nel golfo mistico e sul palco, che tolgono ritmo all’azione. Il coro diretto da Martino Faggiani viene relegato in fondo al palco e questo non aiuta. Il cast segue alla perfezione le intenzioni registiche ma non mostra delle punte di eccellenza sul piano musicale. Nel complesso non si va oltre la correttezza. Il protagonista, il baritono  Jean-Sébastien Bou ha un voce dal timbro gradevole ma piuttosto anonima e tecnicamente deficitaria e in volume, anche se rende bene l’idea di un Don Giovanni ormai indebolito e fiacco. Barbara Hannigan esibisce uno strumento vocale piuttosto esile per rendere la drammaticità di Donna Anna. La sua prestazione diviene più convincente nel secondo atto e strappa uno dei rarissimi applausi a scena aperta sull’aria “Non mi dir”, che è costretta a cantare completamente distesa a  terra, e nella quale le agilità sono associate  alla rappresentazione delle solite ossessioni erotiche. Più interessante la Donna Elvira di Rinat Shaham, con un bella voce in particolare nel registro grave; applausi a scena aperta anche per lei sull’aria “Mi tradì” nonostante qualche sbavatura. Opaca invece la prestazione di Topi Lehtipuu che non convince come Don Ottavio: la linea di canto si presenta molto diseguale, forzata,  forse il cantante non era in serata. Andreas Wolf (Leporello) un po’ sfrontato non impressiona né per vocalità (tecnica di emissione decisamente discutibile) né per interpretazione. Inconsistente la Zerlina di Julie Mathevet, non lascia il segno nemmeno il Masetto di Jean-Luc Ballestra. All’interno di questo “flebile” cast il Commendatore del veterano Willard White spicca per il calore timbrico,  per la potenza d’emissione (perfettibile però il fraseggio) e la carismatica resa drammatica aiutata sicuramente anche dal physique du rôle. La scena  finale  risolleva le sorti di una rappresentazione altrimenti non all’altezza degli standard de La Monnaie, persino un po’ noiosa nonostante una regia che vuole ad ogni costo essere  originale. Ma almeno la musica era di Mozart. Pubblico perplesso e annoiato.  Foto Bernd Uhlig