Presente e futuro al San Carlo di Napoli per “Lo Schiaccianoci”

Napoli, Teatro di San Carlo, stagione di balletto 2014-2015
“LO SCHIACCIANOCI”
Coreografia e Regia Alessandra Panzavolta da M.Petipa/L. Ivanov
Musica P. I. Ĉajkovskj
Clara/Principessa Confetto JURGITA DRONINA / LUISA IELUZZI
Principe Schiaccianoci GIUSEPPE PICONE / ALESSANDRO STAIANO
Drosselmeyer EDMONDO TUCCI /GIANLUCA NUNZIATA
Regina della Neve ANNALINA NUZZO/ ANNA CHIARA AMIRANTE
Orchestra E Coro di Voci Bianche del Teatro di San Carlo
Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo
Allievi della Scuola di Ballo del Teatro di San Carlo diretta da Anna Razzi
Direttore David Coleman
Maître de Ballet e Assistente alla Coreografia Lienz Chang
Direttore del Coro di Voci Bianche Stefania Rinaldi
Scene Nicola Rubertelli
Costumi Giusi Giustino
Napoli, 30 dicembre 2014 / 3 gennaio 2015 ore 17.00

A chiudere l’anno vecchio e ad aprire quello nuovo al San Carlo di Napoli è, ancora una volta, il re delle festività d’inverno, Lo Schiaccianoci che George Balanchine definì «uno dei più bei doni della danza…per chiunque ami l’elemento magico del teatro», per via del suo «incanto perenne, che non dura soltanto i giorni di Natale, ma tutto l’anno…».
Ci sia consentito sorvolare, per questa volta, sulle doverose notizie storiche, poiché i fiumi di inchiostro (o meglio di pixel) che invadono il web in questo periodo non mancheranno di sopperire a chi ancora non conosca la genesi e la fortuna di questa perla del repertorio ottocentesco, per regalarci un cantuccio di riflessione e di commento sulla messa inscena partenopea. E c’è molto da dire in merito.
L’allestimento proposto è quello firmato da Alessandra Panzavolta, ex Direttrice del Corpo di Ballo del Massimo napoletano. A una prima lettura del cartellone in programma per la nuova stagione, la proposta dello stesso allestimento dello scorso anno, oltre a una economia generale anti-crisi, ci aveva lasciati – a dire il vero ‒ un tantino perplessi, o quanto meno ci aveva rassegnati alla monotonia del “già visto”. Ebbene, la Prima è stata invece una piacevole sorpresa. Non solo per le piccole ma efficaci risistemazioni, quanto per una interpretazione di tutto l’enesemble decisamente migliore, rispetto allo scorso anno (grande merito al nuovo Maestro del Ballo a Assistente alle coreografie Liez Chang), percepibile soprattutto negli insiemi. Ma procediamo con ordine.
La ripresa coreografica di Alessandra Panzavolta si rifà alla messa in scena tradizionale, come spiega la stessa coreografa, secondo la «stesura musicale originale seguendo la partitura così come prevista da Ĉajkovskij-Petipa», cercando al contempo di «renderne più attuale il racconto». I personaggi di Clara e della Fata Confetto si fondono, divenendo rispettivamente i significanti dell’infanzia e dell’età adulta di una fanciulla che rincorre e vive il proprio sogno, attraverso il superamento delle paure di ogni donna. Il principe Schiaccianoci è il suo “compagno di viaggio” che, da giocattolo accudito e protetto, diviene compagno rassicurante e protettivo. Un’inversione di ruoli sospirata e agognata dalla psicologia fiabesca più tradizionale.
L’invincibilità dei classici si conferma indiscutibile e sempre duttile di fronte alle riletture moderne. La risposta del Corpo di Ballo, sia pure con organico tristemente ridotto rispetto all’imponenza che vorrebbe l’allestimento del grande repertorio (perché non aspirare a un organico come quello della Scala di Milano?), ha risposto con energia regalando al pubblico, con tutta probabilità, Lo Schiaccianoci migliore degli ultimi anni.
Il primo cast ha brillato per la presenza, nei ruoli principali, di Jurgita Dronina e Giuseppe Picone. Splendida Clara nelle fattezze, nello stile e nella tecnica, Jurgita Dronina aveva già fatto innamorare il pubblico partenopeo in Le Corsaire, la scorsa stagione. Nata in Russia nel 1986 e diplomatasi alla M. K. Ciurlionis Art School di Vilnius, è Prima ballerina dell’Het National Ballet dal 2010 e del Royal Swedish Ballet dal 2005. Delicata ed estremamente comunicativa, è padrona di una tecnica che le permette di sfruttare, ai fini artistici, ogni situazione scenica e ogni nota della partitura. Non a caso si è aggiudicata il primo premio nella sezione “danzatrice più espressiva” a San Pietroburgo, in occasione dell’International Ballet Stars Gala “Dance Open”. Quello del nostro Giuseppe Picone è, invece, un nostos accolto sempre con grande calore ed entusiasmo. Dalla Scuola di Ballo del Teatro di San Carlo all’Accademia Nazionale di Danza, Étoile internazionale di grande esperienza, Picone è uno dei prìncipi per antonomasia del balletto classico, elegantissimo nelle linee e dotato di una forza contenuta, non esplosiva, del danseur noble.
Edmondo Tucci si conferma un Drosselmeyer interessante, in quanto l’uso “moderno” che fa della tecnica classica ben si adatta a un ruolo che potrebbe pericolosamente scivolare nel grottesco, come spesso succede. Degno di menzione l’assolo di Salvatore Manzo nel consueto ruolo di Arlecchino, “piroettatore” elegante e fluido; c’è da dire tuttavia che la costruzione delle coreografie per Manzo risente un po’ troppo del voler mettere in evidenza le linee dei piedi e delle gambe del bravo danzatore, anche quando trattasi di un burattino, che dovrebbe invece mantenere una rigidità differente nella messa in scena di un “tipo” teatrale diversamente connotato. Poco convincente la Regina della neve di Annalina Nuzzo. Perfettamente eseguita la Danza Spagnola, un Passo a quattro dei giovani Luisa Ieluzzi, Sara Sancamillo, Stanislao Capissi, Alessandro Staiano, che hanno dimostrato precisione tecnica e musicale. Molto applaudito il Passo a due della Danza araba eseguita da Roberta De Intinis ed Ertugrel Gjoni. La bella Candida Sorrentino, solista del Valzer dei Fiori, col suo viso dai lineamenti “dipinti” è elegante e piacevole in un contesto fiabesco. Molto divertente il ruolo della Nonna di Clara, costruito con efficace connotazione comica e ben interpretato da Vincenza Milazzo e Ottavia Cocozza.
Bellissime le scene di Nicola Rubertelli (eccezion fatta per le ipermoderne lucine a led azzurre dell’albero di Natale) e splendidi i costumi di Giusi Giustino, da venticinque anni Direttrice della Sartoria del Teatro di San Carlo, studiati ed elaborati attraverso un processo creativo lungo e impegnativo, ispirato dal libretto e dalla musica, oltre che dalla destinazione e dalla funzione finali di effetto e vestibilità per un corpo danzante (meno efficace, in vero, solamente quello del Re dei Topi).
Il secondo cast ha visto in scena la consolidata coppia formata da Alessandro Macario, Primo ballerino ospite del Massimo napoletano, dalla tecnica precisa ed elegante, e Anbeta Toromani, nota al grande pubblico per la sua presenza nel programma televisivo “Amici”, ma già solista al Teatro dell’Opera di Tirana.
Tuttavia è il terzo cast, oltre al primo, che abbiamo voluto osservare con attenzione, poiché sono due allievi della Scuola di Ballo del Teatro di San Carlo a ricoprire entrambi e contemporaneamente un ruolo così importante nelle recite ufficiali. E questo è un elemento di grande interesse, almeno per chi scrive e si interessa di Storia della danza, perché è una coppia formatasi alla Scuola di ballo diretta da Anna Razzi a portare in scena in maniera eccellente i primissimi ruoli secondo canoni estetici che coniugano tradizione e modernità. Luisa Ieluzzi è stata una Clara dalla tecnica pulita e precisa; dotata di linee lunghe ed eleganti, ha debuttato con successo in un ruolo di notevole difficoltà. L’emozione traspariva dal sorriso a volte un po’ irrigidito, ma il pubblico ha potuto percepire in maniera diretta la gioia e l’energia che traboccavano dalla sua persona. E questo in un contesto maschile tradizionalmente predominante, nella scuola napoletana. Alessandro Staiano, già noto per altre interpretazioni – sia pure non da protagonista assoluto ‒ è stato un principe più che convincente. Dotato di tecnica forte e sicura, di prestanza fisica e notevole presenza scenica, di un salto dal ballon eccezionale, ha convinto proprio tutti. Un gentile e distinto signore francese seduto accanto alla sottoscritta ha avuto per lui parole di sincero apprezzamento (il teatro era pieno di francesi, che tra l’altro hanno molto apprezzato l’eccellenza dell’orchestra). Unico neo, alla fine del Gran Pas de Deux, un fatale errore durante le ultime pirouettes, causato senza dubbio dall’emozione e dalla foga giovanile, dopo una esecuzione a dir poco perfetta in tutto. E questo a dimostrazione del fatto che non bisogna mai abbassare la guardia, anche quando va tutto al meglio. Ma si tratta di cosa di poco conto, se commisurata alla bravura di due giovani che ci auguriamo di poter rivedere in ruoli di primissimo piano (perché no, nel Passo a Due dei contadini della prossima Giselle, ad esempio?) che permettano loro di maturare sulla scena, imparando a gestire l’emozione e tutto il resto. Noi di Gbopera ne avevamo profetizzato il successo fin dai primi ruoli in Compagnia. Meriterebbero, in ogni caso, una promozione “sul campo”.
Poco azzeccata è apparsa la scelta di Gianluca Nunziata nel ruolo di Drosselmeyer e questo per un fatto esclusivamente “visivo”: la proporzione inversa dei due fratelli (altissimi) rispetto a lui (piccolo), al centro, ha annullato l’effetto di meraviglia e di misteriosa solennità di un deus ex machina qual è Drosselmeyer, proiezione inconscia del desiderio di Clara nel suo voler “diventare grande”. Oltretutto la mimica facciale di Nunziata, molto bravo nelle parti comiche, ha portato la situazione su questo registro stilistico. Si voleva forse dare una lettura più divertente? In questo caso, il tutto è riuscito. Stanislao Capissi è stato un simpaticissimo Fratello di Clara; Carlo De Martino ha conferito al suo Arlecchino la giusta forza e dinamica nei salti e nei giri alla seconda en tournant, conferendo il personaggio del burattino a corda il giusto colore. Sicura ed efficace Anna Chiara Amirante nel ruolo della Regina della Neve: ariosi e precisi i suoi fouettes con bellissimo relevé a la seconde, raramente eseguito in scena in maniera evidente. Delusione per la Solista dei Fiori Valentina Vitale (tra l’altro solista effettiva del Corpo di Ballo), la cui schiena era perennemente inarcata all’indietro in un irrigidimento generale, le braccia sventolavano pericolosamente senza morbidezza e il costume (non il tutù piatto come sarebbe stato giusto, visto il bellissimo tutù che vestiva Candida Sorrentino, ma un lunghissimo “degas”) non ha certo impedito di notare le ginocchia piegate e la perdita costante dell’en dehors. E questa è stata una stonatura palese al pubblico intero. Mistero della fede. Con tutto il rispetto per la persona, ma il disappunto era udibile in sala.
Il Valzer dei fiori avrebbe meritato, in vero, un numero più cospicuo di danzatori. Si potrebbe, nel caso di impossibilità ad aggiungere tersicorei di fila, attingere ai corsi superiori della Scuola di Ballo, come è d’uso presso molti Teatri, così da ottenere una massa danzante di maggiore impatto visivo, permettendo anche agli allievi di fare ottima esperienza di palcoscenico.
L’orchestra è stata magistralmente diretta dal Maestro David Coleman e ha ricevuto non pochi apprezzamenti dal pubblico internazionale presente in platea. Idem per il Coro di Voci Bianche diretto da Stefania Rinaldi. D’altra parte, ascoltare Ĉiajkovskij con l’ineguagliabile acustica del San Carlo è sempre un piacere.
Nel complesso, un’altra dimostrazione della rinascita della danza partenopea e il numero sempre più alto di solisti provenienti dalla Scuola di Ballo del nostro Massimo parla chiaro. E questo in concomitanza con l’approvazione del nuovo Statuto, proprio negli ultimissimi giorni del 2014, e soprattutto con l’ “uscita dal tunnel” grazie all’acquisizione dei fondi della legge Valore Cultura. Nella speranza che, dopo gli anni bui, si vada solo avanti, perché il pubblico vuole la grande danza. E la grande danza ripaga sempre. Foto Luciano Romano / Francesco Squeglia (cast alternativo)