“Fedora” al Teatro Carlo Felice di Genova

Teatro Carlo Felice Stagione dOpera e Balletto 2014/2015  
“FEDORA”
Melodramma  in tre atti di Arturo Colautti, dal dramma omonimo di Victorien Sardou
Musica di Umberto Giordano
La principessa Fedora Romazov DANIELA DESSÌ
Il conte Loris Ipanov RUBENS PELIZZARI
De Siriex, diplomatico ALFONSO ANTONIOZZI
La contessa Olga Sukarev DARIA KOVALENKO
Dimitri, groom MARGHERITA ROTONDI
Desiré, cameriere MANUEL PIERATTELLI
Il barone Rouvel ALESSANDRO FANTONI
Cirillo, cocchiere LUIGI RONI
Borov, medico CLAUDIO OTTINO
Gretch, ufficiale di polizia ROBERTO MAIETTA
Lorex, chirurgo DAVIDE MURA
Nicola, staffiere ALESSIO BIANCHINI
Sergio, staffiere ANTONIO MANNARINO
Michele, portinaio ALESSANDRO PASTORINO
Boleslao Lazinski, pianista SIRIO RESTANI
Un piccolo savoiardo SEBASTIANO CARBONE
Il vecchio Loris LUCA ALBERTI
Orchestra e Coro del Teatro Carlo Felice
Direttore Valerio Galli
Maestro del coro Patrizia Priarone
Regia Rosetta Cucchi  
Scene Tiziano Santi
Costumi Claudia Pernigotti
Luci Luciano Novelli
Nuovo allestimento del Teatro Carlo Felice di Genova
Genova, 21 marzo 2015
Capitano talvolta, nella vita come nel teatro, sfortunate coincidenze, piccole maledizioni: la pioggia per esempio, che, dopo aver accompagnato tutte le prime della stagione, questa Fedora non voleva proprio perdersela; ed il malanno di turno che impedisce a Daniela Dessì e Fabio Armiliato di debuttare un’opera a Genova ormai dal 2010. Superstizioni a parte, non c’è di che preoccuparsi quando si può contare su un allestimento ben congegnato e su un cast affiatato, come in questa occasione. La regia, a firma della pesarese Rosetta Cucchi, opera una leggera postdatazione del dramma a cavallo della Grande Guerra e presenta l’intera vicenda come lo straziante ricordo della figura di un anziano Loris (Luca Alberti) che ripercorre nell’inquietudine la sua storia, sempre presente in un angolo del proscenio, perfino durante gli intervalli in cui, con espressione immancabilmente sofferente, si concede una sigaretta in scena. La triplice suddivisione spaziale garantita dalle scene di Tiziano Santi permette di sfruttare la profondità del palcoscenico e far apparire, al di là dell’immensa vetrata che compare in tutti gli atti, situazioni della vicenda, fotografie in bianco e nero che prendono vita con giochi di luce, affreschi della guerra in corso, personaggi che fuoriescono dal turbinio confuso di volti nella mente del vecchio Loris. Il tutto è condotto in modo non invasivo e costituisce un’ottima cornice al dramma degli amanti, che si consuma nella zona più prossima al boccascena, dando modo di apprezzare una gestualità studiata ed approfondita dagli interpreti e pazienza se la festa del secondo atto è un po’ avara di invitati, tutto funziona, e bene. Eleganti e di gusto i costumi di Claudia Pernigotti e anche l’abbigliamento da pseudo-cavallerizza di Fedora nel terzo atto non dispiace.
Considerato il tonnellaggio vocale del cast, il direttore Valerio Galli ha sostenuto la serata su sonorità piuttosto marcate, mantenendo comunque sempre gradevole il bilanciamento delle compagini artistiche e rispettando anche lo stile che si addice alla composizione. Significativa l’esecuzione dell’intermezzo, caratterizzata da splendide dilatazioni dinamiche e temporali ed estremamente struggente la tensione del finale. Nel ruolo del titolo, Daniela Dessì è parsa davvero in ottima forma, favorita da un ruolo che le si addice per verve drammatica e tessitura vocale. La pastosità del suono è garantita da una messa in voce libera da costrizioni, che permette inoltre alla voce di correre in ogni punto della sala. L’interpretazione, poi, è di quelle cui riferirsi per il ruolo, profondamente sentita e mirabilmente espressa dalla gestualità e dall’espressività del viso. L’indisposizione di Armiliato ha permesso a Rubens Pelizzari di farsi apprezzare, al pari del soprano, per una vocalità sempre presente e ben timbrata, oltre che per una resa del personaggio appassionata ma mai debordante. È vero che alcuni acuti potrebbero essere più coperti, ma nulla nega al tenore il meritato successo finale. Sembra strano vedere Alfonso Antoniozzi esibirsi in un ruolo decisamente più compassato rispetto a quel che abbiamo potuto apprezzare nel recente passato ed in effetti anche nei panni di De Siriex l’artista mette giustamente un po’ di quel suo modo d’essere in scena, fatto di ammiccamenti ed espressioni simpatiche, pur sapendo essere all’occorrenza credibilmente serio.
La resa vocale non brillerà per ricercatezza ma è più che convincente ed in linea col resto della compagnia. La piccola e bella voce di Daria Kovalenko (Olga) è stata quella che più ha risentito degli alti volumi orchestrali ed è risultata talvolta soverchiata dalla musica, pur riuscendo di tanto in tanto a farsi apprezzare per la luminosità del timbro, un po’ meno per la dizione. Ben ha figurato tutta la miriade di personaggi secondari di quest’opera, tra i quali evidenziamo l’eterno Luigi Roni (Cirillo), oltre alla squillante prova di Manuel Pierattelli (Desiré) e all’attenta esecuzione al pianoforte di Sirio Restani (Lasinski). Ancora una volta, disgraziatamente scarsa l’affluenza del pubblico che tributa le meritate ovazioni all’intero cast e soprattutto, come naturale, alla coppia protagonista. Foto Marcello Orselli