Felice Romani e i suoi melodrammi: “Bianca e Falliero o sia Il consiglio del Tre” di Gioachino Rossini

“Abbiamo visto Rossini lasciare Napoli fra i fischi, nella notte del 4 ottobre 1819. Il 26 dicembre dello stesso anno fece rappresentare a Milano Bianca e Faliero. È press’a poco l’argomento del Conte di Carmagnola, tragedia del signor Manzoni […]. In quanto alla partitura di Rossini tutto era reminiscenza; non fu applaudito, fu quasi fischiato. Il pubblico fu severo; un’aria molto difficile, e cantata dalla signora Camporesi non lo disarmò. Quell’aria fu detta l’aria della Ghirlanda, perché Bianca la canta con una ghirlanda in mano. C’era un solo brano nuovo in Bianca e Faliero, il quartetto; ma questo brano e soprattutto il pezzo suonato dal clarinetto, sono fra le più belle ispirazioni che un maestro abbia mai avuto. Oso affermare, se non con verità, almeno con piena convinzione che nell’Otello e nella Gazza ladra non vi è nulla di paragonabile a questo quartetto; è un momento di genio che dura dieci minuti. È tenero quanto Mozart senza essere altrettanto triste. Colloco questo quartetto al livello delle più belle arie del Tancredi o di Sigillara”.
Così Stendhal ricordò la prima di Bianca e Falliero di Rossini avvenuta alla Scala di Milano dove l’opera non aveva ripetuto il trionfo di due anni prima, il 31 maggio 1817, de La gazza ladra, ma certo non aveva del tutto sfigurato, anche perché aveva potuto contare su un cast d’eccezione del quale fecero parte il soprano Violante Camporesi (Bianca), il noto basso Giuseppe Fioravanti (Capellio), figlio del compositore Valentino, e il contralto Carolina Bassi-Manna (Falliero), giudicata sempre da Stendhal, la sola cantante che si avvicini alla signora Pasta. A parziale smentita di quanto affermato dallo scrittore francese, la cui stroncatura contribuì probabilmente alla scarsa fortuna dell’opera nell’Ottocento, è opportuno ricordare che Bianca e Falliero tenne il cartellone del prestigioso teatro milanese per ben 40 serate, molte di più della maggiormente celebrata Gazza, e che alcune cronache dell’epoca posero l’accento sull’ottima accoglienza del pubblico, alla quale, tuttavia, non corrispose un giudizio altrettanto lusinghiero della critica che in quegli anni aveva imparato ad apprezzare opere come Le Nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan tutte e Il flauto magico di Mozart o il balletto Le creature di Prometeo di Beethoven. Forse anche a causa dello scarso favore tributatogli dalla critica, l’opera, dopo essere stata rappresentata in diversi teatri italiani ed europei, tra cui quelli di Vienna, Lisbona e Barcellona, fino al 1833, sparì dai cartelloni teatrali per oltre un secolo, eccezion fatta per una ripresa al Civico di Cagliari nel 1846. La prima ripresa moderna risale, infatti, al 1986 nell’ambito del Rossini Opera Festival di Pesaro con Donato Renzetti sul podio e un cast formato da Katia Ricciarelli, Marilyn Horne e Chris Merritt. Ultima opera di Rossini scritta su libretto di Romani, Bianca e Falliero trae spunto dalla tragedia Les Vénitiens, ou Blanche et Montcassin di Antoine-Vincent Arnault e non dal Conte di Carmagnola, come affermato da un distratto Stendhal. Il libretto segue sostanzialmente lo svolgimento dell’azione della tragedia francese ad eccezione di una modifica sostanziale riguardante il finale che nell’opera di Rossini è lieto a differenza di quello francese dove il padre di Blanche, durante il processo, toglie il cappuccio a Montcassin, già giustiziato, che, quindi, era stato condotto morto davanti al Consiglio dei tre. Una simile scena certamente avrebbe irritato la censura e comunque avrebbe offeso i gusti del pubblico. Questo accorgimento non evitò all’opera le già note difficoltà ad affermarsi, anche perché la sua partitura che sembrava il frutto di un Rossini stanco che aveva già composto 3 opere in quella stagione. Ciò è dimostrato dalla scelta di introdurre il recitativo secco al posto di quello accompagnato al quale ricorreva quando aveva la necessità di scrivere in tempi strettissimi o di mala voglia oltre che dalla ripresa di brani già composti in precedenza come il Finale della Donna del Lago.

L’opera
(in allegato il libretto dell’opera)
L’ouverture
Bianca e Falliero Es. 1Non celebre come altre ouvertures rossiniane, quella della Bianca e Falliero non manca di spunti interessanti che lo stesso compositore di Pesaro decise di sfruttare in seguito come il brillante tema iniziale dell’Allegro vivace ripreso nell’ouverture di Le siège de Corynthe (Es. 1). Dal punto di vista formale l’ouverture presenta una struttura insolita all’interno del panorama rossiniano dal momento che si apre con un Allegro vivace strutturato sul tema del successivo Allegro in forma-sonata, a cui segue un breve Andante, costituito da due momenti ben definiti e contrastanti dei quali il primo è di carattere triste e ansioso per la presenza dei sincopati, mentre il secondo è tempestoso. L’AllegroBianca e Falliero Es. 2 vivace è in una forma-sonata rielaborata e accorciata in quanto al primo tema, lo stesso dell’inizio, è giustapposto, senza una vera sezione modulante, il secondo (Es. 2) in la maggiore e di carattere brillante. Sviluppato è invece il tradizionale crescendo costruito su una semplice scala ascendente. Una ripresa accorciata dell’esposizione conclude l’ouverture.

Atto primo
Nel XVII sec. in una Venezia rasserenata, essendo stata sventata una congiura ordita dal Marchese di Bedmar ai danni del governo, il popolo inneggia in un coro piuttosto convenzionale alla Serenissima prima di lasciare la scena ai due senatori Contareno e Capellio, il quale, nel duetto Pace alfin caratterizzato vocalmente da una scrittura di coloratura, chiede e ottiene dal ricco collega la mano della figlia Bianca. Annunciato da un coro festoso, giunge il Doge che nel successivo recitativo secco dà ordine di affiggere per le vie di Venezia il decreto, emesso su suggerimento di Contareno, in base al quale sarebbe stato punito con la morte chiunque avesse rapporti con gli ambasciatori di potenze straniere. Durante il recitativo il Doge risponde a Capellio, che manifesta qualche perplessità su questa legge da lui giudicata troppo crudele, affermando che Venezia ancora non è del tutto sicura e si teme per la vita di Falliero caduto sul campo di battaglia secondo alcune voci prontamente smentite da un ufficiale, prima, e da un coro, dopo, che ne annuncia in modo solenne l’arrivo. Il giovane generale, in un recitativo accompagnato (Inclito prence) di carattere solenne, ragguaglia il Doge sulla conquista dell’Orobia ai danni degli Spagnoli ottenendone il plauso. Da parte sua il giovane prode nel cantabile della cavatina (Se per l’Adria il ferro strinse), anche questo caratterizzato vocalmente da una scrittura di coloratura, afferma di aver combattuto come figlio della patria e nella successiva cabaletta (Il ciel custode) prega affinché la Serenissima possa mantenersi sicura.

La scena si sposta nell’abitazione di Bianca, dove la fanciulla, annunciata da un leggiadro coro di donne (Negli orti di Flora), manifesta la sua gioia per il ritorno dell’amato Falliero nel recitativo Come sereno è il dì e immagina di poter coronare il suo sogno d’amore sia nel cantabile (Della rosa il bel vermiglio) della cavatina sia nella cabaletta (Oh! Serto beato). Nel successivo recitativo accompagnato Contareno, non senza qualche equivoco iniziale, informa la figlia di aver promesso la sua mano a Capellio e, alla vista della delusione di Bianca, ha una reazione di sdegno (Pensa che omai resistere al mio comando) che si tramuta, nel cantabile dell’aria (Figlia mia, se forza il core), in un’implorante preghiera che vince le resistenze della fanciulla. Contareno può quindi esprimere la sua gioia nella cabaletta (Il piacere di mia ventura).
Giunge Falliero speranzoso di poter realizzare i suoi voti d’amore con Bianca, come si apprende nel recitativo secco che lo vede protagonista insieme con Costanza, nutrice della donna; la sua speranza si infrange quando incontra la fanciulla amata che lo informa dell’eventualità della loro separazione definitiva dovuta a un rio dovere (tempo d’attacco: Sappi che un rio dovere) i cui particolari non sono rivelati dalla donna. Falliero, che in un primo tempo si mostra pronto a sfidare il destino contro il quale si scaglia nell’incantevole cantabile (Ciel qual destin orribile), viene invitato a desistere dalla donna nel tempo di mezzo (Deh! Va ti scongiuro) e alla fine riflette, nella cabaletta (Ah dopo cotanto penar), sul destino crudele che li mantiene separati dopo aver penato tanto per la sua assenza. Falliero, che non conosce le ragioni che impediscono a Bianca di sposarlo, resta angosciato e nel successivo recitativo secco, a volte tagliato, chiede spiegazioni a Costanza che lo invita ad andare via da lì.
Una solenne introduzione orchestrale, che annuncia il prossimo ingresso del corteo nuziale, e un coro di fausti auguri per la futura coppia di sposi danno inizio al Finale del primo atto nel quale si dovrebbero celebrare le nozze tra Capellio e Bianca. L’uomo si intrattiene con il futuro suocero, felice per le prossime nozze con l’amata Bianca la quale si presenta sulla scena tremante suscitando qualche perplessità in Capellio che, nel cantabile (Bianca, alla mia ventura), la implora di proferire il fatidico sì. La ragazza, contro voglia, è invitata dal padre a firmare il contratto nuziale (tempo di mezzo: Ecco espressi), quando irrompe Falliero che viene rimproverato da tutti e soprattutto da Contareno che dà l’avvio al concertato Importuno in qual momento, intriso di forte lirismo, nel quale ogni personaggio esprime i propri sentimenti. Falliero non va via, nemmeno di fronte al nuovo invito di Contareno e nella stretta finale Flutti irati tutti sono in preda all’ira.

Atto secondo
Convinta dalla nutrice, Bianca incontra per un’ultima volta Falliero che le propone di fuggire con lui ottenendo un iniziale rifiuto. Le sue resistenze sono vinte, però, dalla minaccia espressa da Falliero di suicidarsi nel tempo d’attacco del duettino Va crudel e i due si possono abbandonare a un beato sogno d’amore nella cabaletta in tempo moderato Questo istante mia speranza. Avvertito da Costanza del prossimo arrivo di Contareno, Falliero fugge scavalcando il muro che introduce nell’ambasciata e contravvenendo così all’editto del Doge. Come si apprende nel recitativo secco, Contareno vorrebbe accelerare le nozze, ma Bianca oppone un nuovo rifiuto che suscita lo sdegno di Capellio il quale se ne va via. Contareno, infuriato, nel tempo d’attacco del duetto Come potesti indegno, ripudia la figlia che a sua volta gli rinfaccia i pianti causati dall’ostinazione del padre a volerla dare in sposa a Capellio. Nel tempo di mezzo del duetto interviene il cancelliere Pisani che annuncia la prossima riunione del Consiglio dei Tre per giudicare Falliero il quale era stato scorto all’interno dell’ambasciata spagnola suscitando la gioia dell’uno e la disperazione dell’altra espresse sia nel cantabile Cadde il fellon che nella cabaletta Sorte amica.

Accompagnato da un coro dal mesto incedere di marcia funebre (Ah qual notte di squallore), entra in scena Falliero che, dopo aver meditato sulla sua condizione (recitativo: Quale Funebre Apparato), intona un canto d’amore alla sua amata nella cavatina, Alma ben mio sì pura, introdotta da uno splendido assolo del flauto che dopo duetta con il personaggio. Falliero, dopo aver appreso nel successivo recitativo secco dal cancelliere insieme ai nomi dei suoi giudici, Loredano, Capellio e Contareno, che Bianca sarebbe andata in sposa a Capellio, manifesta tutto il suo abbattimento nell’aria Tu non sai qual colpo atroce prima di sfogare, nella cabaletta Del mio morir, tutta la sua ira contro Bianca, rea di aver acconsentito alla nozze.
Bianca e Falliero Es. 3 (2)Nel successivo recitativo secco Falliero, giudicato dal Consiglio dei Tre, decide di non discolparsi; la sua sorte appare segnata quando di sorpresa giunge un complice che nel recitativo accompagnato del quartetto si rivela essere Bianca. Nel cantabile del quartetto (Es. 3), tanto esaltato da Stendhal[1], Bianca prega il cielo di darle la forza di riuscire a salvare Falliero che, vedendo la donna amata, spera che le sia fedele, mentre Capellio, uomo saggio, chiede a se stesso di frenare i suoi opposti sentimenti affinché possa giudicare secondo giustizia. Lo stesso Contareno, commosso da questo atto della figlia, è tormentato dai due sentimenti della pietà e dell’ira. La donna, nel tempo di mezzo, racconta la verità affermando che Falliero era fuggito nel palazzo dell’ambasciatore spagnolo per non farsi sorprendere da Conterano insieme con lei; l’uomo appare inflessibile, mentre Capellio con un gesto nobile giudica innocente Falliero facendo prorompere in una manifestazione di gioia Bianca (cabaletta: Grazie, o ciel) e di ira Conterano (Il furore che il cor mi divora). La competenza del giudizio passa al Senato che giudica innocente Falliero il quale alla fine può congiungersi all’amata Bianca dopo aver superato le ultime resistenze di Contareno che alla fine acconsente alle nozze. Nel Finale, ripreso dalla Donna del Lago, Bianca nell’aria Teco io resto conclusa dalla cabaletta O padre! Eroe benefico, manifesta insieme con Falliero, nel tripudio generale, la sua gioia per il lieto fine.

[1] Stendhal esaltò questo quartetto non solo nella sua biografia di Rossini, ma anche nel suo trattato De l’amour (Libro I, cap. XVI) dove si legge: «L’abitudine alla musica e alla fantasticheria che ne deriva predispone all’amore. Un’aria tenera e triste, purché non sia troppo drammatica e non costringa quindi l’immaginazione a pensare all’azione, un’aria che inviti soltanto alla fantasticheria d’amore, è deliziosa per le anime tenere e infelici: per esempio, il suono prolungato del clarinetto, all’inizio del quartetto di Bianca e Faliero, e il racconto della Camporesi, verso la metà del quartetto».