Bruxelles, Théâtre La Monnaie: “La Vestale”

Bruxelles, Théâtre La Monnaie – stagione 2015/2016
“LA VESTALE”
Tragédie lyrique in tre atti. Libretto di Victor-Joseph Etienne de Jouy
Musica di Gaspare Spontini
Licinius YANN BEURON
Cinna JULIEN DRAN
Le Souverain Pontife JEAN TEITGEN
Julia ALEXANDRA DESHORTIES
La Grande Vestale SYLVIE BRUNET-GRUPPOSO
Orchestra Sinfonica e coro del Théâtre La Monnaie
Coro dell’Accademia del Coro del Théâtre La Monnaie
Direttore Alessandro De Marchi
Regia Eric Lacascade
Scene Emmanuel Clolus
Costumi Marguerite Bordat
Luci Philippe Berthomé
Drammaturgia Daria Lippi
Direttore del coro Martino Faggiani
Direttore dell’Accademia del Coro Benoît Giaux
Coproduzione La Monnaie / De Munt, Théâtre des Champs- Élysées
Bruxelles, 15 ottobre 2015        
Gaspare Spontini fu nominato compositore di corte a Parigi nel 1805, e due anni più tardi, sotto il patrocinio dell’imperatrice Joséphine, scrisse La Vestale, tentando di rispondere ai nuovi canoni estetici voluti da Napoleone e fortemente ispirati alla Roma antica. L’opera conobbe un grande successo, con più di duecento rappresentazioni in poco più di vent’anni. Nel ‘900 è stata viceversa scarsamente rappresentata, con la memorabile eccezione della produzione alla Scala nel 1954, con Maria Callas e Luchino Visconti alla regia, e l’edizione del 1993 diretta da Riccardo Muti. Nel 2013, il Théâtre des Champs- Élysées ha creato una nuova produzione basata sul libretto originale in francese di Etienne de Jouy. Produzione che è ora approdata a Bruxelles, al Cirque Royal, ancora una volta adattato a ospitare un’opera lirica nonostante il teatro sia stato pensato con una vocazione affatto diversa. Spontini non peccava certo di modestia quando sosteneva che, dopo La Vestale, non era più stata scritta una nota che non fosse stata ispirata alle sue partizioni. Molto apprezzata da Berlioz, diretta da Wagner nel 1844, l’opera è considerata un punto di passaggio tra il barocco e il romanticismo. La storia vede il generale Licinius innamorato di una giovane sacerdotessa del tempio di Vesta, Julia. Mentre i due innamorati si giurano eterno amore il fuoco sacro affidato alla sorveglianza di Julia si spegne, e la vestale è condannata a morte. Una tempesta divina si abbatte sul tempio al momento dell’esecuzione, il fuoco sacro è riacceso, e Julia si ricongiunge a Licinio nel più classico lieto fine. Eric Lacascade, regista francese formatosi negli ambienti del teatro alternativo, con questa Vestale fa il suo debutto nella regia operistica. Sceglie un approccio minimalista, con un palcoscenico spoglio, luci scure e crude, elementi teatrali ridotti ai minimi termini. Per sua ammissione, considera che il tema dell’opera non volga tanto attorno alla passione amorosa quanto alla “liberazione di una donna che si affranca dal potere religioso”, e non mancano infatti le sfumature ideologiche quali i sacerdoti di epoca romana con l’abito talare, i gesti violenti con cui gli stessi sacerdoti trascinano le vestali, il rude trattamento riservato a Julia al momento della caduta. Non succede molto in scena in questa produzione cosi essenziale, ma questo non sarebbe necessariamente un difetto. La bellezza della musica e di certi momenti lirici sarebbe più che sufficiente a coinvolgere lo spettatore, se non fosse che sul piano emotivo l’allestimento risulta piuttosto freddo. Quando invece il regista sceglie di inserire degli elementi teatrali ulteriori il risultato appare pasticciato e di non chiara lettura, come nel caso dei coristi in piedi su un tavolo che si scambiano bottiglie di liquore, o della parrucca strappata a Julia nel momento in cui viene condannata. Anche i costumi di Marguerite Bordat si possono definire essenziali: tunica bianca e parrucca rossa per le vestali, gilet di cuoio per il coro maschile, la tunica nera dei sacerdoti, impermeabili neri per i protagonisti maschili. Non c’è molto da aggiungere riguardo alle scene di Emmanuel Clolus, che non vanno oltre al palcoscenico spoglio, con panche e tavoli di legno, e una strana prigione capsula dentro la quale viene rinchiusa Julia nel momento della disgrazia. Le luci sobrie di Philippe Barthomé creano una plumbea solennità.
Il cast a sua volta sembra volersi allineare all’allestimento minimalista e le emozioni appaiono per lo più stilizzate. Così risultano freddi i duetti tra Licinius e Julia, la passione tra i due è soltanto teorica, e l’amore che dovrebbe animare Julia sembra piuttosto una nevrosi molto moderna. Tuttavia Yann Beuron è un buon Licinius, convincente e solido, anche se in qualche momento perde di spessore. Il timbro, pur non essendo particolarmente interessante, è comunque gradevole. Piuttosto debole Alexandra Deshorties nel ruolo di Julia, sia a livello vocale che sul piano interpretativo. La voce non è particolarmente espressiva e denuncia una certa debolezza nei centri, è per lo più incolore, ma si anima di emozione in qualche bel momento come l’addio alle sorelle vestali che sfocia poi nel breve duetto con la grande vestale. Convince Sylvie Brunet-Grupposo ha una voce potente e calda che si addice bene al ruolo, e la sua interpretazione della grande vestale è pienamente riuscita. Jean Teitgen nel ruolo del sommo pontefice possiede uno strumento di grande intensità drammatica e una notevole presenza scenica, mentre Julien Dran non delude nel personaggio secondario di Cinna. Alessandro De Marchi regala una bellissima ouverture eseguita con precisione e raffinatezza, e con grandissima attenzione alle diverse componenti strumentali. In altri momenti invece la direzione risulta più confusa ma sempre improntata a una lineare sobrietà. Possono avere influito sul risultato complessivo anche l’idea, forse dovuta alla particolare configurazione del Cirque Royal, di collocare il direttore tra l’orchestra e la scena, e la scelta di De Marchi di dirigere ora voltato verso l’orchestra ora dandole le spalle, rivolto ai cantanti. Ineccepibili il coro della Monnaie e il coro dell’Accademia della Monnaie, sotto la direzione rispettivamente di Martino Faggiani e Benoît Giaux, che hanno proposto forse i momenti più belli e intensi della serata, riuscendo a trasmettere quelle emozioni che purtroppo sono per lo più mancate nella prestazione dei solisti. Il pubblico ha manifestato un convinto gradimento con lunghi applausi finali. Foto © Clärchen und Matthias Baus