Natalie Dessay. Il ritorno a Madrid

Madrid, Teatro Real – Las voces del Real 2015/2016
Soprano Natalie Dessay
Pianoforte Philippe Cassard
Franz Schubert: “Erlkönig” D 328 – “Am Bach im Frühling” D 361 – “Suleika” I D 720 – “Nacht und Träume” D 827 – “Geheimes” D 719 – “Rastlose Liebe” D 138 – “Nachtviolen” D 752 – “Gretchen am Spinnrade” D 118.
Felix Mendelssohn: “Suleika” op. 57 n. 3 – “Die Liebende schreibt” op. post. 86/3 – “Nachtgesang” WoO 21 – “Hexenlied” op. 8.
Henri Duparc: “Extase” – “Elégie” – “L’invitation au Voyage” – “Au pays où se fait la guerre”.
Franz Liszt: Sonnet 104 de Pétrarque – Cinque canzoni su testo di Victor Hugo – “Oh! Quand je dors” S. 282)
Gabriel Fauré:
“Dans les ruines d’une abbaye” op. 2/1 – “L’absent” op. 5/3
Georges Bizet: “Adieux de l’hôtesse arabe”
Franz Liszt:
“Comment, disaient-ils S. 276”
Madrid, 29 settembre 2015

Il Teatro Real di Madrid propone accostamenti incantevoli. Una sera vi si ascolta Mariella Devia, davvero regale e maestosa nel Roberto Devereux di Donizetti; la sera dopo offre un recital liederistico Natalie Dessay, che in questo teatro è comparsa una sola volta, per un concerto di arie d’opera nella stagione 2007-2008. Il melomane belcantista in effetti la vorrebbe riascoltare quale protagonista di una tragédie lyrique barocca, oppure di un titolo belliniano; ma il programma di Lieder (e soprattutto il modo in cui l’artista lo porge) non fa rimpiangere il repertorio teatrale. Accompagna il soprano il fido pianista con cui la Dessay ha realizzato tournées e incisioni discografiche (imperdibile per verve e simpatia la recentissima raccolta Fiançailles pour rire), Philippe Cassard, modello di discrezione e di sobrietà, anche quando il suo strumento è protagonista. Il grande interprete vocale si riconosce ancora prima che inizi a cantare, dal tipo di scelte che presenta. La Dessay dedica una prima parte a Schubert e a Mendelssohn; dopo l’intervallo è la volta di Duparc, Liszt, Fauré e Bizet. Prima metà del concerto germanofona, dunque, mentre la seconda è tutta francofona; e qui si ravvisa l’esprit dell’artista lionese, perché ella stessa allestisce un ciclo di cinque canzoni su testo di Victor Hugo, una corona poetica in cui è la letteratura a guidare le scelte musicali. Quando il soprano entra con la sua abituale semplicità, è un subisso di applausi e di saluti festosi; si comprende subito la presenza di un pubblico internazionale che segue la cantante nelle sue ormai rare apparizioni. Natalie Dessay ha appena compiuto cinquant’anni, che può senza dubbio festeggiare con piena soddisfazione: appare in un abito di fine broccato argenteo, lungo fino alle caviglie, avvolto da un panneggio perlaceo; elegante, luminosa, lievemente sorridente come le ballerine di Dégas. Attacca i Lieder di Schubert a mezza voce, con fiati di interminabile durata, e soprattutto con un’emissione indicibilmente carezzevole. L’accompagnamento delle braccia, i movimenti degli occhi, la flessuosità di un corpo minuto che appena accenna qualche leggiadra movenza: tutto concorre alla partecipazione emotiva della cantante e all’interpretazione del testo musicale. Erlkönig è rapido come un sussurro, incanta anziché impaurire, mentre nei brani successivi la voce si fa più piena e rotonda, cresce in volume fino al magnifico Gretchen am Spinnrade, in cui è una drammaticità quasi “veristica”, se confrontata allo stile d’inizio. Una Dessay sulfurea, dirompente come un fuoco d’artificio, è quella che canta i quattro Lieder di Mendelssohn, agitando le braccia come se stesse dirigendo un’intera orchestra. Uno degli elementi vocali più interessanti è l’emissione, perché nella perfetta quadratura di un timbro diafano mantiene piena e cristallina omogeneità; ma l’unità di base è poi arricchita dalle nuances espressive, dai colori e da un fraseggio del tedesco quasi impeccabile.
La dolcezza malinconica delle chansons di Duparc si manifesta con voce più disinvolta e voluminosa, prima di lasciare un momento protagonistico al pianista, che esegue con dolcezza il lisztiano Sonetto 104 di Petrarca («Pace non trovo, e non ho da far guerra»). Senza soluzione di continuità emotiva con il brano che segue, Oh! Quand je dors, la Dessay rientra in scena in punta di piedi, sugli ultimi accordi del pianoforte, e attacca in pianissimo il nuovo Lied («veggio senz’occhi, e non ho lingua e grido», si legge sempre in quel famoso sonetto …). L’effetto è davvero di una grande scena d’opera, in cui la primadonna ricorda una lontana passione con struggente nostalgia. Ma non tutto è sentimento elegiaco; nel finale dell’Adieux de l’hôtesse arabe di Bizet, infatti, si susseguono un lungo vocalizzo, un trillo e una interminabile filatura di voce, che la Dessay esegue con prodigiosa precisione. È naturale che al termine del programma l’uditorio sia molto emozionato e commosso; il prolungato acclamare induce il soprano a concedere due bis fuori programma (li chiamano propinas, qui in Spagna, come le mance che si lasciano al ristorante). Ed è davvero un’offerta inebriante, tutta da bere avidamente, quella della Dessay e di Cassard: la Chanson espagnole di Léo Delibes e Zdes’ khorosho di Rachmaninov.
Las voces del Real, la rassegna di concerti vocali che integra la stagione d’opera del teatro madrileno, si avvia dunque nel segno di un’aristocratica raffinatezza e di uno spirito vivace e ironico; ma entro il 2015 si esibiranno tra gli altri anche Juan Diego Flórez e Peter Mattei: voci reali, non c’è che dire.   Foto Teatro Real