Bologna, Teatro Comunale: “Elektra”

Bologna, Teatro Comunale, Stagione d’opera 2015
ELEKTRA
Tragedia in un atto, Libretto di Hugo von Hofmannsthal
Musica di Richard Strauss
Klytämnestra NATASCHA PETRINSKY
Elektra
ELENA NEBERA
Chrysothemis
ANNA GABLER
Aegisth
JAN VACIK
Orest THOMAS HALL
Il precettore di Orest / Un servo anziano LUCA GALLO
La confidente / Seconda ancella ALENA SAUTIER
L’ancella dello strascico / Quarta ancella ELEONORA CONTUCCI
Un servo giovane CARLO PUTELLI
La sorvegliante PAOLA FRANCESCA NATALE
Prima ancella CONSTANCE HELLER
Terza ancella
DANIELA DENSCHLAG
Quinta ancella EVA OLTIVÁNYI
Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna
Direttore Lothar Zagrosek
Maestro del Coro Andrea Faidutti
Regia Guy Joosten
Scene e costumi Patrick Kinmonth
Luci Manfred Voss
Allestimento del Teatro Comunale di Bologna dal Théâtre de La Monnaie / De Munt Bruxelles e Gran Teatre del Liceu Barcelona.
Bologna, 18 novembre 2015
Quante cose da guardare, sul palco del Comunale di Bologna. L’orchestra intona a tutta forza il tema di Agamemnon e il sipario si alza su uno squallido spogliatoio. Lì si vestono e cianciano le ancelle di Klytämnestra, secondine di un carcere femminile buono alla reclusione delle sole Elektra e Chrysothemis, ricavato in un grande spazio dismesso dai cornicioni classici. Il regista Guy Joosten non cela il lato ironico che pure in un’opera barbara come Elektra è presente, e gioca a mescolare spunti visivi e culturali, assecondato dal virtuosismo scenografico e costumistico di Patrick Kinmonth. Dal chiacchiericcio farsesco delle secondine al monologo di Elektra il passo è breve: lei appare sdraiata su un neoclassico divano perfetto per le psicanalisi di un Sigmund Freud. Su quella dormeuse legge un libro: è forse la figlia di Agamemnon non solo custode della memoria di una famiglia, ma anche della cultura che in questo suo mondo distopico sembra dispersa? Sicuramente non è un’Elektra convulsa come tante se ne sono viste, quella del soprano russo Elena Nebera, e in fine dell’opera non danzerà: il suo timbro talvolta velato non passa facilmente l’enorme massa orchestrale, eppure sale e scende con sicurezza in tutta la tessitura e regge la scena. Buona nelle salite in acuto, non troppo appassionata ma corretta la Chrysothemis di Anna Gabler. Mentre le note gravi di petto di Natasha Petrinsky (forse la più credibile della serata per pronuncia, temperamento, proiezione) calzano a pennello, nella loro retorica da vecchio melodramma, su questa Klytämnestra che scende le scale come neppure Gloria Swanson in Viale del tramonto e ostenta collane di perle acquistate per cancellare il rimorso. L’Orest di timbro scuro, cupo nella voce e sulla scena di Thomas Hall incede timido verso la sorella: non c’è commozione in lui, alla vista di Elektra. C’è piuttosto un disagio che si fa palpabilissimo quando lei, portatolo nel suo covo, lo sottopone a una rituale lavanda dei piedi. Per nulla grottesco (nonostante quella divisa da gerarca nazista che gli hanno messo addosso: l’effetto Sturmtruppen è dietro l’angolo), corposo appare Aegisth nella prestazione di Jan Vacik, tenore ben più virile nella voce di quanto lo descrivano i versi del dramma di Hoffmansthal. E meno feroce del solito suona la buca: l’Orchestra del Comunale regge splendidamente alle sollecitazioni di una partitura complessa e l’ottimo Coro del teatro bolognese, fuori scena, sfoggia un incredibile vigore; ma d’altronde alla loro guida c’è un direttore di solido mestiere come Lothar Zagrosek, che non ha timore di aizzare gli ottoni (lo fa dove sa di non coprire il canto), e che, a costo di non abbondare in slanci lirici, non perde mai il controllo del palcoscenico. Magari qualcuno si lamenterà di una tavolozza strumentale poco colorata e di una certa monotonia. Ma i lividi accordi finali (che risuonano mentre il fondale rivela Oreste e Elektra ricomposti in michelangiolesca pietà, fra sangue e morti) valgono lo spettacolo. Efficiente, professionale come spesso accade a Bologna la schiera dei comprimari, dalle cinque ancelle di Alena Sautier, Eleonora Contucci, Paola Francesca Natale, Constance Heller, Daniela Denschlag, Eva Oltiványi, al precettore di Orest (anche Vecchio servo) di Luca Gallo, fino al puntuto Giovane servitore di Carlo Putelli. Foto Rocco Casaluci