Novara, Teatro Coccia: “La Bohéme”

Novara, Teatro C. Coccia, Stagione lirica 2015-16
“LA BOHÉME
Opera in quattro quadri su testo di Luigi illica e Giuseppe Giacosa.
Musica di Giacomo Puccini
Mimì MARIA MUDRYAK
Musetta DAMIANA MIZZI
Rodolfo MATTEO FALCIER
Marcello MATIAS TOSI
Schaunard DANIEL GIULIANINI
Colline LUCA DALL’AMICO
Benoit GIORGIO TRUCCO
Alcindoro GRAZIANO DELLAVALLE
Parpignol IVAN MERLO (attore), ROBERTO TOSCANO (tenore)
Mimi CARLO GAMBARO, ALBERTO LAZZARINI
Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, Coro Teatro Municipale di Piacenza, Coro di voci bianche Accademia Langhi di Novara
Direttore Nicola Paszkowski
Maestro del coro Corrado Casati
Regia Cristina Mazzavillani Muti
Costumi Alessandro Lai
Disegno luci Vincent Longuemare
Visual designer David Loom
Operatore video Davide Broccoli
Coproduzione Ravenna festival; Teatro Alighieri, Ravenna; Nacionalis operos Lietovos, Vilnius; Teatro Comunale, Piacenza; Teatro C. Coccia, Novara
Novara, 14 febbraio 2016 
Terzo ed ultimo titolo della stagione lirica novarese è stata “La bohéme” di Giacomo Puccini. Di fronte ad un’opera rappresentata così frequentemente il rischio della routine è fin troppo presente; il merito del teatro novarese è stato quello di aver proposto un’edizione interessante e ricca di spunti capaci. Coprodotta con il Ravenna Festival questa produzione nasce soprattutto con l’intento di dare a giovani artisti appositamente selezionati la possibilità di cimentarsi con una produzione di alto livello pensata per loro ed è innegabile che l’entusiasmo di questi giovani cantanti si percepisca chiaramente. “La bohéme” è il sogno di una giovinezza irreale, sfuggente e sempre rimpianta e la sincerità e la spontaneità di questi ragazzi – trentenni o meno – coglieva pienamente il clima particolare dell’opera senza quell’artificiosità che spesso si percepisce anche in più illustri produzioni. Se l’ Orchestra giovanile Luigi Cherubini mostra professionalità e impegno ma anche una certa mancanza di morbidezza e sfumature con sonorità a volte troppo secche e scandite, il direttore Nicola Paszkowski ha però il merito di mostrare una grande attenzione alle ragioni del canto sempre sorretto e valorizzato e mai contrastato, componente ancor più importane di fronte a voci ben impostate ma ancora a tratti acerbe e non così possenti che avrebbero potuto essere messe in difficoltà da una direzione meno attenta al riguardo; proprio in questo si riconosce il lungo lavoro svolto nel cantiere ravennate che non si può che sottolineare positivamente. Di contro manca un po’ di mordente e a volte i tempi risultano fin troppo indugianti.
Bloccata da un’indisposizione Benedetta Torre, il ruolo di Mimì è stato affrontato da Maria Mudryak originariamente prevista per quello di Musetta. La giovanissima cantante – poco più che ventenne – di origini kazake si è quindi trovata di colpo alle prese con una prova decisamente impegnativa uscendone nel complesso con onore. Certamente la voce per il ruolo è leggera e richiede ancora di maturare pur già mostrando una natura sostanzialmente lirica ma si apprezzano la correttezza dell’impostazione generale e la sincerità espressiva che, unite ad una identificazione fisica completa con il ruolo, le permettono di portare a termine con successo la prova e lasciano intuire interessanti sviluppi futuri. Subentrata all’ultimo momento, Damiana Mizzi è una Musetta spumeggiante e di buona personalità; forse un po’ tesa all’inizio si va sciogliendo nel corso dell’opera trovando pienezza e calore vocale. Matteo Falcier è un Rodolfo dalle buone prospettive: la voce è chiara, luminosa, timbricamente piacevole, gli acuti ci sono e tendono ad acuire sicurezza nel corso della recita dopo aver superato le iniziali tensioni; l’interprete appare partecipe e si percepisce tutta l’umana simpatia del ruolo. Anche nel suo caso si nota una qualche immaturità risolvibile con l’esperienza. Molto positiva la prova di Matias Tosi (Marcello) baritono di ottima presenza vocale e dalle interessanti capacità interpretative cui nuoce solo una pronuncia non sempre nitida. Corretto ed efficace il Colline di Luca Dall’Amico mentre si presenta troppo stentoreo e declamatorio lo Schaunard Daniel Giulianini la cui voce chiara e nitida sembra indirizzarlo maggiormente verso il repertorio brillante settecentesco e primo ottocentesco. Completano il cast Giorgio Trucco (Benoit), Graziano Dellavalle (Alcindoro), Roberto Toscano (Parpignol). Sufficiente la prova del Coro Teatro Municipale di Piacenza mentre decisamente positiva quella del Coro di voci bianche Accademia Langhi di Novara. La regia di Cristina Mazzavillani Muti rinuncia a qualunque realismo spostando il tutto sul piano dell’evocazione emotiva e simbolica. Di un’autentica scenografia non si può neppure parlare dal momento che è ridotta a pannelli verticali mobili su sui si proiettano gli elementi – o meglio gli effetti e gli affetti – che si svolgono durante la vicenda. Nelle proiezioni pochi sono gli elementi realistici – la luna alla fine del primo atto, i profili dei tetti di Parigi nel II, la neve per il III – mentre prevalgono citazioni pittoriche di matrice simbolista e impressionista che più che descrivere gli ambienti offrono un parallelo visivo alle emozioni dei protagonisti dai motivi floreali che accompagnano la romanza di Mimì alla grande finestra-occhio che domina la soffitta e che si chiude lentamente allo spirare della ragazza. Un taglio quindi sicuramente non tradizionale ma al contempo rispettoso del contesto e delle atmosfere e non privo di suggestione. I costumi sostanzialmente tradizionali richiamano più la generazione impressionista – coerentemente con le scelte pittoriche delle proiezioni – che il 1830; per quelli femminili si sarebbe preferita una maggior cura. La gestione dei personaggi è coerente e funzionale e pur con qualche ingenuità – Musetta sbracciata in mezzo alla nevicata del III atto – segue con precisione la vicenda e non manca di poesia. Sul piano prettamente tecnico sarebbe stato più opportuno far cantare maggiormente in proscenio e meno sul fondo del palcoscenico specie considerando la leggerezza delle voci a disposizione. Sala gremita e convinto successo per tutti gli interpreti alla conclusione di una stagione nel complesso decisamente riuscita per il teatro novarese. Foto Carlotta Mendola