Parma, Teatro Regio: “L’occasione fa il ladro”

Parma, Teatro Regio, Stagione lirica 2016
“L’OCCASIONE FA IL LADRO”
Burletta per musica in un atto. Libretto di Luigi Prividali
Musica di Gioachino Rossini
Don Eusebio ALESSANDRO VANNUCCI
Berenice
NAO YOKOMAE
Conte Alberto
MANUEL AMATI
Don Parmenione
JAEHONG JUNG
Ernestina
FEDERICA CACCIATORE
Martino
NICOLÒ DONINI
Orchestra del Conservatorio di Musica “Arrigo Boito” di Parma
Direttore Alessandro D’Agostini
Regia Andrea Cigni
Scene Dario Gessati
Costumi Simona Morresi
Luci Fiammetta Baldisseri
Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma. Interpreti della scuola di canto del Conservatorio di Musica “Arrigo Boito” di Parma.
Parma, 21 febbraio 2016
Una grande valigia sta al centro della scena in questo allestimento de L’occasione fa il ladro tutto made in Parma (lo produce il Teatro Regio, orchestra e cast li mette con oculata selezione il conservatorio cittadino). L’enorme oggetto, materializzazione della valigia attorno al quale ruota l’equivoco scatenante della farsa rossiniana, è opera dello scenografo Dario Gessati: si svela lentamente al pubblico nel mirabile gioco di luci di Fiammetta Baldisseri e scopre il suo interno fatto di scale praticabili, botole, tavole da imbandire. Tutt’intorno il regista Andrea Cigni imbastisce uno spettacolo chiaramente ispirato al cinema muto degli anni Venti e all’avanspettacolo. I bei costumi di Simona Morresi lo confermano, come pure il film a didascalie che scorre sul sipario chiuso durante l’ouverture, pronto a mostrare i protagonisti della storia in viaggio ciclistico verso Napoli. Il tutto funziona, con qualche ma. Cosa vorrai mai dire la gigantesca pelle di volpe srotolata sul finire dell’opera resta un mistero. Né convincono alcune gag di Martino, pesantucce e ammiccanti (vedi il parmigianissimo prosciutto crudo brandito a mo’ di chitarra). Spiace infine la tendenza a fermare i numeri rossiniani per garantire questo o quel movimento scenico. Piace però molto il recitare franco, spigliato, mobile e corporeo alla Chaplin o alla Buster Keaton, singolare per dei cantanti d’opera e forse possibile solo con artisti giovani, che magari avranno qualcosa da aggiustare in fatto di proiezione del suono, appoggio e via dicendo, ma almeno sono disposti a divertirsi e divertire.
Come il Don Parmenione di Jaehong Jung, che pur dovendo ancora lavorare sul perfido sillabato rossiniano, ha dalla sua un gran bel timbro. A fianco a lui, vero tenore di grazia, sta il Don Alberto di Manuel Amati, minuto per fisico e dagli acuti chiari ma sicurissimi: pur con qualche incertezza d’intonazione, regala ottimi cantabili. Agile in alto, di pronuncia assai perfettibile, Nao Yokomae è una Berenice solida, ma talvolta troppo aspra e petulante. Eccellente per dizione e verve il Martino di Nicolò Donini, corretti l’Ernestina di Federica Cacciatore e il Don Eusebio (che la regia vuole bacucco e in carrozzella) di Alessandro Vannucci. Alessandro D’Agostini dirige l’Orchestra del Conservatorio di Parma (fatta di docenti, studenti, ex studenti) senza grande verve e a ritmo un po’ “ingessato”, ma con ottimo mestiere e gesto efficace. Gli strumentisti se la cavano bene nel ritmo, i fiati realizzano a dovere gli ostici a solo, l’intonazione talvolta latita. Nei recitativi, il fortepianista Riccardo Mascia cita il Mozart delle opere dapontiane, a suggerire la filiazione del Rossini delle farse dal grande teatro comico del Salisburghese. Bel promemoria. Foto Roberto Ricci