Venezia, Teatro Malibran: “Les Chevaliers de la Table Ronde” di Hervé

Venezia, Teatro Malibran, Lirica e balletto, Stagione 2015-2016 – Palazzetto Bru Zane – Centre de musique romantique française
“LES CHEVALIERS DE LA TABLE RONDE” (I cavalieri della tavola rotonda)
Opéra-bouffe in tre atti. Libretto di Henri Chivot e Alfred Duru
Musica di Hervé pseudonimo di Florimond Roger
Trascrizione per tredici cantanti e dodici strumentisti di Thibault Perrine. Prima rappresentazione italiana.
Rodomont DAMIEN BIGOURDAN
Sacripant ANTOINE PHILIPPOT
Merlin ARNAUD MARZORATI
Médor MATHIAS VIDAL
La Duchesse Totoche INGRID PERRUCHE
Angélique LARA NEUMANN
Mélusine CHANTAL SANTON-JEFFERY
Fleur-de-Neige CLÉMENTINE BOURGOIN
Roland RÉMY MATHIEU
Amadis des Gaules DAVID GHILARDI
Lancelot du Lac THÉOPHILE ALEXANDRE
Renaud de Montauban JÉRÉMIE DELVERT
Ogier le Danois PIERRE LEBON
Strumentisti della compagnia “Les Brigands”
Direttore Christophe Grapperon
Maestri del coro Nicolas Ducloux e Christophe Manien
Regia, scene e costumi Pierre-André Weitz
Luci Bertrand Killy
Nuovo allestimento
Venezia, 7 febbraio 2016      
Il Palazzetto Bru Zane insieme alla la compagnia Les Brigands riscopre uno dei capolavori del repertorio lirico leggero francese, Les Chevaliers de la Table Ronde, opéra-buffe di Louis Auguste Florimond Ronger, detto Hervé, organista, tenore, librettista, direttore e compositore fecondo. Il fondatore dell’operetta francese, cui fu affibbiato il soprannome di “compositeur toqué” (dal titolo di uno dei suoi atti unici), si meritò la stima di un personaggio dai gusti difficili, qual era Richard Wagner (conosciuto da Hervé all’epoca in cui questi era a Parigi per la prima – peraltro deludente – del Tannhäuser), eppure è ancora oggi oscurato dalla popolarità di Jacques Offenbach, al contrario detestato dal compositore tedesco.  Di grande interesse risulta, dunque, questa riesumazione, basata su una trascrizione della versione originale – arricchita da alcune gustose aggiunte musicali, inserite dall’autore nel rifacimento del 1872 – per tredici voci e dodici strumenti, come peraltro è consuetudine preso la compagnia Les Brigands, che ricerca una proficua parità tra il numero dei cantanti e quello degli strumentisti. Se una riduzione per pochi strumenti può sempre riservare qualche rischio, in questo caso l’arrangiamento ha funzionato perfettamente, in quanto il maesto Christophe Grapperon, ha diretto con sensibilità e precisione, garantendo il giusto equilibrio tra archi, fiati e percussioni, e soprattutto scandendo dei tempi diffusamente vivaci, adeguati alla sfrenata teatralità, al continuo, frenetico movimento che anima il palcoscenico. Durante lo spettacolo i cantanti-attori-ballerini si divertono, divertendo grandemente anche il pubblico, con i loro eccessi un po’ folli, che si susseguono senza lasciare respiro, secondo le intenzioni di Pierre-André Weitz, responsabile, oltre che della regia, anche di scene e costumi. “Opera buffe, où on ne mange pas”, si legge – insieme a “Defense d’afficher” – sul sipario a strisce bianche e nere (i colori della bandiera bretone), al pari dei costumi e degli elementi di arredo: un allestimento semplice, ma sapientemente progettato da Weitz, per consentire il rapido succedersi delle scene, su cui Bertrand Killy spande una luce bianca dalla gradevole tonalità calda. Abbastanza arduo sintetizzare l’ingarbugliata vicenda, da vaudeville, in cui compaiono – accanto a sinistrati cavalieri, quali Orlando, un bamboccione che si esprime con l’accento della periferia, i frivoli Lancilloto e Amadigi di Gaula, gli scialbi Rinaldo e Ogier il Danese – la maga-fattucchiera Melusina (in questo allestimento tenutaria di un lupanare) innamorata di Orlando; Merlino, non il famoso mago, bensì il di lui inetto figlio; lo sgradevole quanto squattrinato duca Rodomonte; sua moglie, l’avida, ma anche sentimentale Duchessa Totoche; la loro figlia Angelica, una fanciulla ingenua ma non troppo; lo Siniscalco Sacripante, amante di Totoche; il menestrello Medoro, innamorato di Angelica. Rodomonte – ormai sul lastrico per le spese pazze della moglie, che gli ha venduto pure la corona, sostituendola con una fasulla – è costretto a dare la figlia in sposa al cavaliere vincitore di un torneo organizzato ad hoc. Lo vince ovviamente Orlando, che però una pozione di Melusina mette fuori combattimento … La vicenda si aggroviglia, ma poi si sbroglia: alla fine Orlando sposa Melusina e Medoro Angelica. Assolutamente divertenti e ricchi di risorse gli interpreti di quest’opera, contrassegnata dalla sigla S.G.D.G (senza garanzie di governo), che non lascia dubbi sulla natura dello spettacolo (non esente da un certo intento di satira sociale contro l’affarismo dilagante nel Secondo Impero come ai giorni nostri), dove il canto, spesso caricaturale, si mischia a urla sgangherate: da uno scatenato Damien Bigourdan (Rodomonte) a un’irresistibile Lara Neumann (Angelica), a Ingrid Perruche formidabile quale Duchessa. A questo proposito va notato che il ruolo di Totoche non è stato scritto, in origine, per soprano, ma per un valente contralto dell’epoca, Delphine Ugalde, nondimeno la Perruche ha superato egregiamente la prova come, a loro volta, Mathias Vidal (Medoro), che deve affrontare insidiosi couplets e Chantal Santon-Jeffery (Melusina), la cui parte prevede passaggi tutt’altro che facili. Ma sono tutti bravi: si tratta di un grande lavoro d’insieme, dove si canta, si recita, si danza egregiamente, tra valzer, parodie di brani d’altre opere, squilli di tromba da circo, arie orecchiabili, spesso anche virtuosistiche: nessuno può uscire dal teatro senza avere piacevolmente in testa il motivetto della Ronde des Chevaliers. Successone senza riserve.