Ruggero Leoncavallo (1857 – 1919): “Zazà” (1900)

Opera in quattro atti su libretto di Ruggero Leoncavallo. Ermonela Jaho (Zazà), Riccardo Massi (Milio Dufresne), Stephen Gaertner (Cascart), Patricia Bardon (Anaide), Kathryn Rudge (Natalia), David Stout (Bussy), Fflur Wyn (Floriana), Simon Thorpe (Duclos), Nicky Spence (Courtois), Christopher Turner (Augusto), Julia Ferri (Totò Dufresne), Helen Neeves (Signora Dufresne), Robert Anthony (Il signore), David Goater (Marco), BBC Symphony Orchestra and Choir, Maurizio Benini (direttore). Registrazione: Londra, BBC Maida Vale Studios, novembre 2015. 2 CD Opera rara ORC55 
La fama di Ruggero Leoncavallo è oggi praticamente condensata nel giovanile “Pagliacci”, l’opera del debutto nata sulla scia del successo della mascagnana “Cavalleria rusticana” e immersa nello stesso clima di verismo rusticano. In passato la fama del compositore era però divisa almeno a metà con un altro titolo che, pur non rinnegando totalmente il linguaggio di “Pagliacci”, segnava un tentativo di muoversi alla conquista di un mondo più cosmopolita e meno folkloristico quale quello delle commedie melò, così di moda al tempo: questo titolo era “Zazà”, opera tratta da una commedia al tempo fortunatissima di Pierre Breton e Charles Simon, andata in scena a Parigi nel 1898 e divenuta subito uno dei maggiori successi teatrali del tempo. Il tempo trascorso non ha giovato né alla pièce, né all’opera, ma riascoltarla oggi in un’edizione curata e ben eseguita è alquanto interessante per comprendere il gusto del tempo e rivela anche più di una piacevolezza all’ascolto, segnando sul piano strettamente musicale un deciso passo avanti rispetto agli stessi “Pagliacci”.
L’etichetta britannica Opera Rara si è fatta apprezzare soprattutto per la riscoperta e la valorizzazione dell’opera italiana del primo Ottocento, ma negli ultimi anni, al fianco del repertorio belcantistico, si è palesato un certo interesse anche per il repertorio della fine del XIX e degli inizi del XX secolo in cui rientra questa proposta.
Alla guida dei sempre validissimi complessi della BBC Symphony Orchestra – che confermano qui l’alto livello qualitativo già apprezzato in altre registrazioni della stessa etichetta – Maurizio Benini fornisce un’ottima prestazione. Il direttore sa piegare perfettamente l’orchestra britannica alle necessità del canto italiano riuscendo a rendere bene le diverse caratterizzazioni ambientali della vicenda – il mondo leggero e venato di malinconia del teatro di varietà e la realtà piccolo borghese che lo circonda – e al contempo riesce sempre a tenere in evidenza i valori prettamente musicali della partitura, senza lasciarsi trascinare dal facile patetismo a cui molti passaggi invitano.
In questo senso, perfettamente in linea è Ermonela Jaho, la cui prestazione può forse lasciar perplessi gli amanti del verismo più esplicito e sanguigno, ma è – a parere dello scrivente – esemplare proprio per la valorizzazione dell’aspetto musicale e per la capacità di creare una propria espressività senza cedimenti a sdolcinatezze o facili languori. La voce è molto bella, gli acuti squillanti e sicuri, splendide le mezze voci, elegantissima e affascinante come diva del Varietà e di autentica commozione nella scena con Totò o nel finale dell’opera, ma sempre pulita, educata, musicalissima. Quella seguita dalla Jaho è forse la via più convincente per recuperare questo repertorio, rendendolo più vicino al gusto contemporaneo.
Il Milio di Riccardo Massi è al confronto meno affascinante: voce solida, robusta, di buona potenza si trova a proprio agio nei momenti più passionali e scoperti della vicenda, ma manca di fascino e di eleganza quando a prevalere è l’aspetto salottiero e leggero – il duetto del primo atto con Zazà o la grande romanza del secondo – riuscendo solo in parte a rendere un personaggio mal definito e poco empatico in sé.
Subentrato al previsto Nicola Alaimo, Stephen Gaertner è un Cascart dai ragguardevoli mezzi vocali  – l’aria “Zazà, piccola zingara”, forse l’unico brano dell’opera parzialmente sfuggito all’oblio, è cantata molto bene e con mezzi rilevanti – ma resta un senso di non naturalezza di stile, di eccessiva costruzione nel canto di conversazione che a un orecchio italiano non possono sfuggire e che lasciano un sentore di non pienamente compiuto, nonostante l’ottima prova vocale. Manca di naturalezza, per essere una bambina, la piccola Totò di Julia Ferri (insolito ruolo solamente recitato e non cantato).
Un po’ sopra le righe, ma di innegabile comunicativa l’Anaide di Patricia Bardon, interessante materiale vocale la Natalia di Kathryn Rudge e sostanzialmente positive le parti di fianco, cui manca solo quella dimestichezza del canto italiano, così difficile da ottenere per interpreti tutti di area britannica.
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