Venezia, Palazzetto Bru Zane: “Violoncelli in famiglia”

Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival “Fernand de La Tombelle, Gentiluomo della Belle Époque”, dall’8 Aprile all’11 Maggio 2017
Violoncelli François Salque, Hermine Horiot, Adrien Bellom, Aurélienne Brauner
Jacques Offenbach: Duo en la mineur op. 53 n° 2
Fernand de La Tombelle: Suite pour trois violoncelles
Antoine Reicha: Trio pour trois violoncelles
Gabriel Fauré: Élégie op. 24 (arrangement pour quatuor de violoncelles de David Poro)
Louis Vierne:Soirs étrangers op. 56, extraits (arrangement pour quatuor de violoncelles de David Poro) Venise; Poissons chinois
Venezia, 22 aprile 2017
Un’ulteriore tappa alla scoperta di Fernand de La Tombelle – l’autore cui è dedicato l’attuale Festival di primavera del Palazzaetto Bru Zane-Centre de Musique Romantique Française di Venezia – si è compiuta con il concerto di venerdì 22 aprile, nel quale protagonista assoluto era il violoncello, in base a un raffinato programma che vedeva una composizione di La Tombelle per trio di violoncelli, inserita tra altre composizioni di vari autori francesi, di nascita o di adozione – databili tra l’inizio dell’Ottocento e il primo Novecento –, concepite per varie formazioni sempre di violoncelli. Solisti – com’è costume dell’istituzione franco-veneziana – erano dei giovani virtuosi dello strumento, e tuttavia già affermati interpreti, nel panorama musicale internazionale, per l’alta scuola che traspare dalle loro interpretazioni, unita a passione, capacità di concentrazione e musicalità.
Di un autore francese d’adozione – Jacques Offenbach – era il primo titolo, che ci ha svelato un aspetto poco conosciuto del celebre compositore di fortunate operette, presentato qui, appunto, in veste di cultore del violoncello, strumento di cui era un vero e proprio virtuoso e per il quale anche compose, tra il 1839 e il 1855, opere di carattere didattico: tra esse il Cours méthodique de duos pour deux violoncelles, di cui fa parte anche il Duo presentato in quest’occasione, il cui numero d’opus, il 53 – le sei suites che compongono il Corso, sono ordinate in base alla loro crescente difficoltà dall’op. 49 all’op. 54 –, testimonia da solo del livello trascendentale, sul piano tecnico, richiesto dal pezzo stesso. E, in effetti, una tecnica trascendentale hanno sfoggiato le due valenti soliste Hermine Horiot e Aurélienne Brauner, che hanno, nello stesso tempo, saputo valorizzare la cantabilità che percorre la composizione, preannunciando quella facilità melodica, che sarà cifra distintiva del compositore franco-tedesco.
A Hermine Horiot si univano successivamente François Salque e Adrien Bellom, ad eseguire la Suite di La Tombelle, pubblicata a Parigi nel 1921 e dedicata ai celebri violoncellisti Ruyssen, padre e figlio: un altro brano in cui la difficoltà tecnica si coniuga con la cantabilità. Molto espressivo è risultato il primo violoncello, François Salque, intonando il tema cantabile nel registro acuto che, nel primo movimento (Allegro), nasce dall’elaborazione del materiale tematico iniziale, o la melodia in pianissimo dell’Andantino, dove i tre strumentisti insieme hanno brillato nel successivo episodio contrappuntistico. Trascinante il Presto, struggente il Lento con i tre strumenti in sordina, ricco di contrastanti colori l’Allegro finale.
Adrien Bellom, insieme alle due violoncelliste, ha successivamente eseguito il Trio per tre violoncelli di Antoine Reicha, datato 15 giugno 1807, le cui tre parti sono state composte per strumentisti di pari livello. Questo si è colto nel primo movimento, caratterizzato da  scambi tra gli strumenti, in progressioni o imitazioni con accenni di improvvisazione polifonica. Un affiatato dialogo si è, analogamente, apprezzato nell’Andante, su cui aleggia lo spirito di Haydn, dal ritmo cadenzato di siciliana, come, peraltro, nel vivace Minuetto, in cui i tre strumenti si passano costantemente la parola, e nel Finale, in cui prevale l’elemento ritmico.
Tutti e quattro i solisti si sono riuniti ad eseguire i due restanti pezzi, segnalandosi ulteriormente per l’alto livello tecnico-interpretativo, che li accomuna, consentendo a tutti loro una grande versatilità e una perfetta intercambiabilità. Composta nel 1880, l’Élégie di Fauré – ancora oggi uno dei pezzi più apprezzati della letteratura per violoncello – fu eseguita per la prima volta il 15 dicembre 1883 presso la Société Nationale de Musique dal violoncellista Jules Loëb, professore al Conservatoire de Paris e dedicatario dell’opera, che nacque come movimento lento di una sonata, che poi non venne mai completata; e ciò spiega il suo carattere altamente espressivo.  Nel concerto di cui ci occupiamo ne è stato proposto l’arrangiamento per quartetto di violoncelli, firmato da David Poro. Varia nell’accento e ricca di sfumature è risultata l’interpretazione, da parte dei quattro strumentisti, di questo brano, che si basa sul trattamento di un tema dal profilo discendente e le cui prime battute stabiliscono un clima funebre, con cui contrasta l’espressione appassionata della parte centrale, aperta da un secondo tema dal ritmo ternario, e seguita da figurazioni virtuosistiche, che ricordano una cadenza da concerto, affidate al primo violoncello (ancora Salque). Lo stesso poi ripropone, nel registro acuto con espressione tesa, la melodia iniziale su un accompagnamento tempestoso degli altri tre strumenti, fino al ritorno, in tono cupo del secondo tema in modo minore.
Perfettamente a loro agio si sono dimostrati i quattro violoncellisti anche nei due brani di Louis VierneVenise e Poissons chinois – tratti da Soirs étrangers (in origine, Cinque pezzi per violoncello e pianoforte, datati: Losanna, agosto-settembre 1928), anch’essi proposti nell’arrangiamento per quartetto di violoncelli ad opera di David Poro. Di questi brevi brani, scritti all’insegna della semplicità, gli interpreti hanno restituito con sensibilità e padronanza tecnica  il rispettivo carattere: l’andamento dolcemente cadenzato del primo, lo scatenato moto perpetuo di crome dominante nel secondo. Successo pieno e scroscianti applausi, placati da un bis: Après un rêve del sempre affascinante Gabriel Fauré.