Parigi, Le Centquatre: “Plexus”, il solo di Aurélien Bory per Kaori Ito

Le Centquatre – Paris, stagione 2017/2018
PLEXUS”
Coreografia Aurélien Bory, Kaori Ito
Versione originale creata nel 2012
Interprete Kaori Ito
Musica Joan Cambon
Luci Arno Veyrat
Costumi Sylvie Marcucci
Concezione tecnica del decoro Pierre Dequivre
Realizzazione del decoro Atelier de la fiancée du pirate
Regia suoni Stéphane Ley
Regia generale Arno Veyrat
Produzione Compagnie 111 – Aurelién Bory
Parigi, 23 marzo 2018
Creato nel 2012 dallo scenografo e coreografo Aurélien Bory, Plexus è un solo realizzato per la danzatrice ed interprete giapponese Kaori Ito. Presentato nell’ambito della sesta edizione della rassegna Séquence danse, dal 20 al 25 marzo al Cenquatre di Parigi, lo spettacolo si presenta come un incrocio tra danza, performance, installazione, gioco di ombre cinesi e mitologie giapponesi. In questo modo, Aurélien Bory tenta di tracciare il ritratto di questa figura femminile, componendo una partizione scenica che oscilla tra poema e fiaba. Lo spettacolo si apre con il battito del cuore e il respiro di Kaori Ito, amplificati grazie all’uso di microfoni che lei stessa muove sul proprio petto.
Fare il ritratto di Kaori Ito, è innanzitutto per me fare il ritratto del suo corpo, precisa il coreografo. Quel che m’interessa qui non è lo studio anatomico, ma la memoria di un corpo, le tracce della danza all’interno di questo corpo vivo. La sfida di Plexus si trova nel dialogo tra mondo interno e mondo esterno.”
L’interesse di Aurélien Bory per le scienze naturali influenza fortemente la sua estetica. Plexus deriva dal latino plectĕre e significa “intrecciato”. Nella sua accezione anatomica assume il senso di rete di nervi o di vasi sanguigni. Questa parola indica, dunque, da un lato il meccanismo interiore del movimento muscolare e dei flussi sanguigni, dall’altro la meccanica esteriore della danza, l’intrecciarsi dei gesti, gli spostamenti del corpo o di alcune parti del corpo. L’oscillazione tra queste due realtà si materializza sul palco attraverso un dispositivo originale e particolarmente suggestivo: una donna-marionetta in bilico tra la vita e la morte, si muove in un equilibrio instabile e precario, su un palco mobile al centro di 5000 fili di nylon sospesi, che a tratti la imprigionano, a tratti la liberano. Visibile e invisibile, corporeo e spirituale, si mescolano e s’intrecciano lungo una traversata di questa gabbia di fili, scandita dalla composizione di quadri in movimento. Il risultato è un dispositivo ipnotico che agisce profondamente sull’immaginazione dello spettatore. I colori sono scuri e i giochi di luce creano una dimensione ultraterrena. Un percorso nell’ombra, che culmina con la sparizione del corpo nel buio. La musica, che alterna i momenti di silenzio, rispecchia questo universo. Ne scaturisce un dramma intimo di un corpo vulnerabile, che a tratti non sembra essere umano. Con la Compagnie 111, fondata nel 2000 a Tolosa, Aurélien Bory sviluppa un teatro fisico singolare e ibrido, che incrocia diverse discipline (teatro, circo, danza, arti visive, musica). Le sue opere mettono in questione la nozione di spazio, appoggiandosi fortemente sulla scenografia. Il coreografo trova in Kaori Ito una complice, un corpo in ascolto dei propri movimenti e degli intenti coreografici. Nata a Tokyo nel 1979, Kaori Ito si forma fin da bambina alla danza classica. In seguito, a New York, studia le tecniche della danza moderna e contemporanea che la portano a collaborare con numerosi coreografi, quali Angelin Preljocaj, James Thierrée e Alain Platel. Con questo spettacolo, Aurélien Bory porta avanti la trilogia dei Portraits de femmes, Ritratti di donne, progetto avviato nel 2008 con la pièce Questcequetudeviens?, realizzata per Stéphanie Fuster. La terza creazione, che prevede la collaborazione con la danzatrice Shantala Shivalingappa, sarà presentata quest’anno al Festival Montpellier Danse. Foto Aglae Bory / Mario Del Curto