Giuseppe Valdengo (1914-2007): “Italian Songs”

F.P.Tosti: “l’ultima canzone”, “T’amo ancora”, “Aprile”, “La serenata”, “‘A vucchella”, “La mia canzone”, “Ideale”, A.Rotoli: “Mia sposa sarà la mia bandiera”; L.Denza: “Se…”, “Occhi di fata”; R.Brogi: “Visione Veneziana”; V.De Crescenzo: “Rondine al nido”; V.Billi: “Canta il grillo”; R.Leoncavallo: “Mattinata”. The New Promenade Orchestra, Alberto Erede (direttore)
Bonus tracks
G.Verdi: “Pari siamo”, “Cortigiani, vil razza dannata” (Rigoletto); C.Gounod: “Avant de quitter ce lieux” (Faust); A.Thomas: “Ò vin,  dissipe la tristesse” (Hamlet); R.Leoncavallo: Prologo (Pagliacci). The New Symphony Orchestra, Alberto Erede (direttore). Registrazioni, 1949 – T.Time: 75.37. 1 CD Decca 480 8184

Nell’immaginario collettivo dei melomani Giuseppe Valdengo resterà sempre legato alle incisioni toscaniniane dell’”Otello” e del “Falstaff” per quanto nella sua lunga carriera molti sono stati i ruoli affrontati. Al principio degli anni ’50 si data questo recital Decca con il baritono torinese accompagnato da Alberto Erede. Le registrazioni presenti appartengono a varie sessioni (si alternano la New Promenade Orchestra, la Kingsway Symphony Orchestra e la New Symphony Orchestra) ed è centrato sulle romanze da salotto italiane fra fine Ottocento e inizio Novecento. Se il genere in Italia non ha mai raggiunto la qualità delle corrispondenti esperienze francesi e russe – senza scomodare l’improponibile confronto con la liederistica tedesca – qui siamo lontani anche dal non trascurabile interesse della stagione belcantista e in un ambito dove la romanza colta sempre più scivola verso quella che sarà la canzone popolare del Novecento con una scarsa attenzione ai testi – di solito di un livello poetico decisamente trascurabile – e una schiettezza melodica di facile presa. Insieme a “Mattinata” di Leoncavallo i risultati migliori si ascoltano nei brani di Tosti dove interessante è anche l’alternanza di brani notissimi (come “L’ultima canzone”, “A vucchella”, “Ideale”) ad altri di ascolto sicuramente più raro (“Aprile”, “La mia canzone”). Inoltre per quanto riguarda i primi non è così frequente ascoltarli da una voce di baritono essendo prevalentemente brani classici del repertorio dei tenori. E in  qualche modo tenorile è la voce di Valdengo. Il timbro è infatti chiarissimo per un baritono e anche l’impostazione vocale ha tratti tenorili. La dote migliore di Valdengo è la chiarezza della dizione che permette di intendere alla perfezione il testo dei singoli brani elemento essenziale anche se spesso trascurato nella musica vocale da camera. Inoltre Valdengo è figlio di un mondo musicale ancora molto prossimo a quello che ha prodotto questi brani cogliendone naturalmente la cifra espressiva.
Fra gli altri brani proposti meritano un accenno la sempre elegante “Occhi di fata” di Denza e “E canta il grillo” di Billi per il suo sapore rustico e popolaresco.
Per completare il programma è stata poi aggiunta una selezione di brani operistici sempre con la direzione di Alberto Erede. Dei due brani del “Rigoletto” colpisce soprattutto “Pari siamo” l’andamento declamatorio permette a Valdengo di fruttare al meglio la perfetta dizione e la capacità di valorizzare la parola nelle sue componenti espressive e se qualche effetto troppo caricato è nel gusto dell’epoca l’esecuzione mantiene a tutt’oggi una sua apprezzabilità. Convince invece meno in “Cortigiani” perché se ottima è la cantabilità della seconda parte nella prima la voce sembra mancare del giusto peso e più palese è il senso di sforzo.
Si torna in un più congeniale ambito lirico con l’aria di Valentino dal “Faust” cantata in italiano come di prassi al tempo. Il lirico si adatta alla perfezione al canto di Valdengo, qui particolarmente elegante nonostante le difficoltà sugli acuti che risultano faticosi e forzati soprattutto nelle fasi iniziali – limite che si riscontra in tutto il programma.
Dopo un’esecuzione più generica del brindisi dell’”Hamlet” – in italiano e accompagnato con piglio fin troppo bandistico da Erede – troviamo il monologo del Prologo da “Pagliacci” in cui Valdengo fornisce un’autentica lezione. Certo gli acuti restano faticosi ma la perfetta dizione esalta il carattere retorico del brano mentre la pulizia vocale e la correttezza dell’emissione permettono di offrirne una lettura ben lontana da certe facili platealità tipiche del gusto dell’epoca senza però perdere quella pertinenza stilistica che in questo repertorio era innata per Valdengo. Una delle migliori letture documentate di questo brano.