Gabriel Zuchtriegel e “il suono dell’architettura”. L’intervista.      

Nominato Direttore del Parco Archeologico di Paestum nel 2015, alla giovanissima età di 34 anni, Gabriel Zuchtriegel (classe 1981) si rivela un archeologo molto speciale per la non comune consapevolezza del valore imprescindibile della musica e delle arti nella formazione dell’individuo. In un mondo in cui la settorializzazione estrema dei saperi e dei mestieri spesso inaridisce l’umanità e conduce a scelte che provocano ‘abbandoni’ e visioni fuorvianti, il Direttore di uno dei parchi archeologici più significativi della civiltà magnogreca, laureato in Archeologia classica, preistoria e filologia greca presso l’Università Humboldt di Berlino con dottorato conseguito magna cum laude all’Università di Bonn, non solo ha rigenerato il sito, ma sta portando avanti una interessante rassegna musicale nella parte più suggestiva dell’area, fra i templi di Nettuno e la Basilica (o tempio di Hera  I). E questo grazie al suo speciale rapporto con la musica, quella del pianoforte, che gli ha permesso di aprire una visione nuova sull’architettura antica ve che ha preso corpo in una sua recentissima pubblicazione, Piranesi a Paestum. Il suono dell’architettura (Arte’m 2017).
Per GBopera si tratta di un’incursione in un ambito apparentemente insolito, a dimostrazione di quanto i mondi della conoscenza, in tutti i suoi codici e le forme che l’uomo le imprime, siano molto più vicini di quanto le convenzioni vogliano farci credere. Perché la creatività e l’ampiezza di vedute sono spesso imbrigliate in un insieme di leggi non scritte che spesso soffocano i volti più originali del talento.
Direttore, la Sua gestione del Parco Archeologico di Paestum non è solo un salto di qualità rispetto al passato, dal punto di vista strettamente specialistico. Come nasce la rassegna musicale “Heraia Musica ai Templi” e che finalità si prefigura a lungo termine?
La rassegna “Heraia” vuole continuare una grande tradizione a Paestum – non solo quella di organizzare concerti e spettacoli di danza fra i templi, ma anche quella di riflettere sul rapporto tra architettura e musica, che è un tema molto antico che risale alla Magna Grecia: pensate a Pitagora che si interroga sulle armonie e gli intervalli che stanno alla base dei suoni, delle proporzioni, delle orbite planetarie. Anche Goethe riprende questo tema nel Faust II, con un riferimento al dorico di Paestum. Anche questo fa parte della storia e dell’archeologia di Paestum; non ci dobbiamo chiudere negli specialismi, ma vogliamo recuperare questa visione trasversale, facendo del sito archeologico un vero e proprio centro culturale e sociale per il territorio e per chi ci segue nel mondo.
Oltre a essere archeologo, Lei è anche pianista jazz. A sorpresa abbiamo potuto apprendere che ha aperto la stagione 2018: ci parli della Sua passione per la musica e della sua formazione musicale.
Mio padre era musicista, e come ragazzo aspiravo a diventarlo anch’io, ma l’archeologia ha vinto. Durante l’università suonavo nei jam session e nei bar e Hotel di Berlino per guadagnarmi qualche spicciolo. Alla fine, la musica diventò un “hobby”, il che è una cosa pessima. Me ne sono accorto studiando l’opera e la vita di Edward Said. Lui è stato uno studioso brillante e un attivista, ma anche un pianista che, insieme a Daniel Barenboim, ha fondato la West-Eastern-Orchestra, composta da ragazzi palestinesi e israeliani. L’idea che oggi ci si debba tutti specializzare in un campo iper-settorializzato e tutto il resto debba diventare un hobby è, a mio avviso, un’espressione della malattia del nostro sistema di educazione che tende a produrre tecnici iperspecializzati, ma privi di una visione d’insieme e di un’etica che sia in grado di affrontare le sfide della globalizzazione e del disastro ecologico che stiamo producendo. E l’educazione musicale nelle scuole è una delle prime vittime. Ma tutto questo non è l’educazione, la paideia, la cultura che abbiamo ereditato dal passato, da Pitagora fino a Vico, Piranesi, Goethe… Quando ho scritto su Piranesi e il “suono dell’architettura”, mi sono dato una mossa e ho osato: una serata di lettura  – da un non madrelingua – e di musica, Bach e Chopin – da un non professionista … C’è stata qualche critica, certo, ma anche molto apprezzamento per la visione ampia che ho cercato di dare e quest’anno l’abbiamo ripetuto insieme al violoncellista Aurelio Bertucci, un partner fantastico dal quale ho imparato molto. Quando alla fine della serata abbiamo sorpreso il pubblico con Bella Ciao come bis, spiegando con poche parole quale rapporto c’è nella nostra visione tra questa canzone e Piranesi, abbiamo suscitato una reazione fortissima.
Quanto è importante che le aree archeologiche continuino a vivere attraverso la musica e quali sono i progetti futuri che interessano Paestum in merito?
Le faccio un esempio: da luglio stiamo sperimentando un nuovo progetto di didattica con la musica, i suoni e gli strumenti della preistoria e dell’antichità, a cura del maestro Walter Maioli e del gruppo Synaulia. L’altro giorno ho visto un bambino di due anni partecipare al laboratorio di musica antica che si tiene ogni giorno, eccetto il lunedì, ed è gratuito per tutti i bambini. Due anni! È una fascia d’età che solitamente come museo non raggiungiamo affatto. È chiaro che questo bambino non  potrà dire la datazione del tempio di Nettuno quando andrà via, ma uscirà con un’esperienza e con un ricordo del sito archeologico. E lasciatemelo dire come padre di due figli, anche per i genitori è un regalo se i bambini si divertono e i grandi possono guardarsi il museo con un po’ di calma!
Il pubblico è sempre più numeroso: crede che la riscoperta di un sito di per sé così importante dipenda anche dal repertorio offerto con la stagione musicale?
I concerti non li facciamo per fare numeri o incassi, ma per dare qualcosa in più al pubblico. È soprattutto un’occasione per la gente del posto e della regione per tornare al sito e riscoprirlo sotto un’angolazione diversa.
Gli spettacoli sono a invito o esiste una procedura per accedere?
Gli scorsi anni ci siamo avvalsi di direttori artistici esterni, quest’anno invece abbiamo organizzato tutto noi, con un contributo finanziario del Comune di Capaccio Paestum. E devo dire che i nostri funzionari si sono rivelati grandi organizzatori, non avrei mai pensato che saremmo riusciti a creare un cartellone di un tale spessore… Il concerto di Brad Mehldau è stato indimenticabile e ne seguiranno altri. Per il futuro stiamo valutando come fare, ovviamente non è il nostro mestiere fare gli impresari, dunque siamo aperti a collaborazioni. La cosa importante è entrare nello spirito del sito. Paestum non è il luogo per progetti megalomani, né per chi cerca solo visibilità per sé stesso attraverso i templi. Le condizioni per i musicisti e i ballerini sono precarie per l’umidità, per il fatto di suonare all’aperto e così via, ma quasi tutti gli artisti che abbiamo invitato hanno mostrato grande rispetto e amore per i templi e questo l’hanno trasmesso al pubblico.