Gioachino Rossini 150: Marie-Nicole Lemieux – “Rossini Sì, sì, sì, s’ì!

Gioachino Rossini – Opera Arias & Duets: “Cruda sorte”,”Pensa alla Patria” (L’italiana in Algeri); “Oh patria!…Di tanti palpiti”; “Fiero incontro!…” (Tancredi); “Quel dirmi, oh Dio!” (La pietra del paragone); “In si barbara sciagura” (Semiramide); “Sazia tu fossi alfin” (Matilde di Shabran); “Deh pensa che domani” (la gazza ladra); “Una voce poco fa” (Il barbiere di Siviglia); Duetto buffo di due gatti. Marie-Nicole Lemieux (contralto), Patrizia Ciofi (soprano), Julien Véronèse (basso). Orchestra e Coro di Montpellier Occitanie, Enrique Mazzola (direttore). Registrazione: Montpellier, Opéra Berlioz, dicembre 2015. T.Time: 79′ 38 1 CD Erato 0190295953263

Marie-Nicole Lemieux è una delle dive più affermate del repertorio barocco – il suo Giulio Cesare con Curtis è una pietra miliare dell’esecuzione barocca di questi anni – ma è anche una cantante capace di spaziare su un repertorio molto vasto, come attestano le escursioni in Verdi, nell’opera francese, nel repertorio liederistico. Questo recente  CD edito per Erato la vede alle prese con Rossini. Il compositore pesarese per molti aspetti è una sorta di punto di arrivo e ultimo epigono della tradizione barocca italiana riletta e proiettata nei nuovi tempi; non sorprende quindi che la Lemieux vi arrivi ben fornita di tutte le qualità necessarie per brillare in questo repertorio. La partenza del CD di suo non entusiasma. La cavatina di Isabella è ben eseguita, la dizione nitidissima, le colorature sicure, ma manca lo spirito del personaggio: tutto suona troppo costruito e le discese al grave – sicurissime come note – sono però troppo esibite e tendono a risultare volgari. È però fortunatamente solo un passaggio – la seconda aria di Isabella “Pensa alla patria” è forse fin troppo eroica ma evita certe scivolate che ritorneranno solo nella cavatina di Rosina, altro ruolo alieno come gusto alla Lemieux – e con la successiva cavatina di Tancredi il salto di qualità è evidente. La brunitura della voce – che in certi passaggi giunge quasi a ricordare la Horne – la vertiginosa facilità delle colorature, l’eroismo astratto e stilizzato dell’accento le permettono di dar prova di non comuni qualità. È innegabilmente nei grandi ruoli seri che la Lemieux dà il meglio di se stessa. La grande scena di Arsace dal II atto di “Semiramide” – eseguita come tutte le scene proposte integralmente con coro e pertichini, in questo caso il basso Julien Véronèse – non è solo cantata in modo magistrale ma soprattutto è una lezione di gusto dal momento che la Lemieux coglie la natura ancora sostanzialmente barocca di questa scrittura, il valore espressivo della coloratura oltre che delle parti più declamate dove a emergere è la qualità della dizione e della pronuncia italiana. Di “Sazia tu fossi alfine” da “Matilde di Shabran” abbiamo forse una delle esecuzioni più riuscite che si siano ascoltate per la strepitosa facilità di canto – un’autentica cascata inarrestabile di note perfettamente eseguite – sia per la chiarezza dell’accento. Si torna ad un ruolo di mezzo carattere con “Quel dirmi, oh Dio!” da “La pietra di Paragone” dove a brillare è soprattutto la sicurezza nel registro grave particolarmente esaltato da una delle scritture più fonde pensate da Rossini per una prima donna buffa. Il programma di arie è integrato da tre duetti dove la Lemieux viene affiancata dal soprano Patrizia Ciofi. Le due cantanti si conosco molto bene e spesso hanno lavorato insieme; questa familiarità si traduce in un’evidente intesa che va oltre il pur notevole amalgama fra le rispettive voci. Il primo duetto da “Tancredi” vede prevalere nettamente la Lemieux per presenza vocale e intensità d’accento mentre le due voci trovano piena concordia in “Ah, pensa che domani” da “La gazza ladra” dove riuscitissimo è il gioco fra la flautata e liliale Ninetta della Ciofi e il più irruente Pippo della Lemieux, contrasto che si sublima nel perfetto unisono delle parti a due. Trasformate in due seducenti micette, le interpreti chiudono il programma con una godibilissima esecuzione del “Duetto buffo dei gatti”, unico pezzo non operistico del programma. Alla guida dei complessi di Montpellier Enrique Mazzola dirige con esperienza e maestria, sostenendo al meglio le cantanti. In un tempo di recital spesso fin troppo scarno va segnalata anche l’ampia durata del programma proposto – quasi ottanta minuti –.  Già di suo è questo un merito non da poco e ancor significativo considerando l’alta qualità esecutiva proposta.