Franz Schubert (1797 – 1828) V: “Der Spiegelritter” D. 11 (1811-1812) e “Rosamunde, Fürstin von Kypern” D. 797 (1823)

A 190 anni dalla morte.
A conclusione di questo viaggio nella produzione teatrale di Schubert ci occuperemo di due lavori che cronologicamente la aprono e la chiudono: il giovanile esperimento Der Spiegelritter D. 11 e le musiche di scena di Rosamunde D. 797.
Composto tra il 1811 e il 1812 quando Schubert aveva appena 15 anni, Der Spiegelritter  (Il cavaliere dello specchio) è un lavoro incompleto, che ha indotto gli studiosi a ritenerlo come un saggio scolastico scritto per Salieri; si tratta, infatti, del primo atto di un’operetta, composta su testo del barone August von Kotzebue, la cui partitura è costituita da sette numeri ai quali va aggiunta un’ouverture in si bemolle maggiore la cui destinazione originaria non è ben chiara, in quanto, nonostante sia stata attribuita a questo lavoro, in realtà potrebbe essere stata scritta per un’altra composizione. Protagonista dell’operetta, il cui contenuto è di ascendenza magico-cavalleresca, è il principe Almador, in procinto di parteire per la guerra, al quale un mago di nome Burudusussusu, regala uno specchio la cui caratteristica è quella di oscurarsi ogni qual volta si prospetti un pericolo per il principe.  All’interno della partitura di Schubert spiccano i due numeri maggiormente connotati dal punto di vista lirico e, in particolar modo, Ach! Es ist schön, fremde Länder sehn, tutto giocato sul contrato tra la gioia di Almador per l’imminente partenza e la preoccupazione dei genitori i quali temono che possa morire in guerra, e l’aria di Almador Halte grave, caratterizzata da un delicato accompagnamento di oboe e archi, mentre gli altri, in prevalenza corali, appaiono un po’ scolastici.

Ultimo contributo al teatro di Schubert, le musiche di scena per Rosamunde, Fürstin von Kypern (Rosamunda, Regina di Cipro), furono composte nell’autunno del 1823 su commissione del conte Palffy, proprietario del teatro An der Wien, per  il dramma di Helmina von Chezy che, alla prima rappresentazione avvenuta il 20 dicembre di quell’anno, andò incontro ad un clamoroso insuccesso. Un grande successo arrise, invece, alle musiche composte da Schubert come riconosciuto dalla stessa Helmina von Chezy che cinque anni dopo ebbe modo di affermare: «La magnifica musica di Schubert fu apprezzata e coronata da un brillante successo nonostante il testo non ne fosse all’altezza». Del dramma, che fu immediatamente ritirato, infatti, è andato perduto anche il testo, ma è possibile ricostruirne la vicenda grazie alle recensioni sui giornali dell’epoca. Protagonista è Rosamunde che, affidata dal padre ad un povero pescatore, cresce tra di loro  del tutto ignara della sua origine. Alla fine, però, dopo diverse vicissitudini, la donna sposa il suo amato Alfonso e viene reintegrata nella sua legittima condizione di regina.
Le musiche di scena di Rosamunde sono costituite complessivamente da 10 numeri esclusa l’ouverture che Schubert, pressato dalla committenza, non compose, decidendo di utilizzare, secondo una testimonianza di Moritz von Schwind consegnata ad una lettera ad un amico nella quale faceva il resoconto della serata, quella «scritta per Alfonso und Estrella», perché l’avrebbe trovata «troppo sempliciotta per quell’opera» tanto da volerne fare una nuova. Un diverso parere è stato espresso dal musicologo Alfred Einstein, il quale, nella sua monografia su Schubert, scrisse:
“Non posso fare a meno di chiedermi se, in effetti, non sia piuttosto l’ouverture dell’Arpa magica che Schubert utilizzò e se Schwind non si sia ingannato parlando di Alfonso und Estrella. Cita un tema in parte affidato al flauto; ora questo può solo appartenere all’Arpa magica“.
Nell’impossibilità di stabilire la verità, oggi, comunque, viene eseguita l’ouverture dell’Arpa magica che, del resto, è stata inserita in una versione per pianoforte a quattro mani delle musiche di scena della Rosamunde, pubblicata nel 1827. Dal punto di vista formale, questo brano sinfonico si presenta come una classica ouverture rossiniana con’introduzione lenta, nella quale appare la grande vena lirica di Schubert, e un Allegro vivace in forma-sonata, in cui a un primo tema gaio e ammiccante, esposto dagli archi, si contrappone il secondo lirico affidato ai legni. L’ouverture si conclude con una trionfale e brillante coda. Le altre musiche si segnalano per una scrittura tranquilla di carattere contemplativo eccezion fatta per il primo tragico Entr’Acte in si minore, che è certamente una delle pagine sinfoniche migliori di Schubert, e il secondo Entr’acte la cui musica preannuncia il coro degli spiriti. Tra gli altri brani spiccano la nostalgica Romanza di Axa e il celeberrimo terzo Entr’acte la cui melodia è stata ripresa da Schubert sia nell’Andante del Quartetto in la minore che nell’Impromptu n. 3 D. 935 per pianoforte. Una raffinata eleganza contraddistingue, infine, le danze.