Giacomo Puccini (1858 – 1924): “Suor Angelica” (1918)

Opera in un atto su libretto di Giacchino Forzano. Kristine Opolais (Suor Angelica), Lioba Braun (La zia Principessa), Mojca Erdmann (Suor Genoveffa), Nadezhda Serdyuk (Suor zelatrice), Beata Borchert (La maestra delle novizie), Beata Koepp (La Badessa), Carola Günther (Suor Dolcina, seconda conversa), Claudia Nüsse (La sorella infermiera), Dong-Hi Yi (Prima cercatrice), Christiane Rost (Suor Osmina, seconda cercatrice), Benita Borbonus (Prima conversa), Sabine Kalhammer (Una novizia). WDR Rundkunkchor Köln, Kinderchor des Theaters Bonn, WDR Sinfonieorchester Köln, Andris Nelsons (direttore). Registrazione Kölner Philarmonie 12-17 maggio, 12-15 ottobre 2011. 1 CD Orfeo C848 121A.
“Il trittico” pucciniano è stato pensato come un’unità che acquisisce il proprio specifico valore solo nell’esecuzione complessiva delle tre opere con il doppio binario cronologico-emotivo in cui le tensioni si stemperano con il progressivo allontanarsi dal presente dell’autore e del pubblico. Fin da subito è però invalsa la pratica di eseguire separatamente i titoli o di accoppiarli a lavori diversi da quelli previsti, pratica non ancora abbandonata come conferma questa registrazione live di un’esecuzione concertante a Colonia dove a essere eseguita è “Suor Angelica” fra le tre operine quella che ha goduto di minor fortuna autonoma.
Le perplessità filologiche scompaiono fin dai primi accordi e resta solo il rimpianto di non poter ascoltare “Il trittico” nella sua interezza tante sono la qualità e l’originalità dell’interpretazione di Andris Nelsons. Noto soprattutto come interprete wagneriano il direttore lettone guida la WDR Sinfonieorchester Köln in una prestazione di grandissima suggestione. Nelsons resiste alle facili sirene del sentimentalismo cui la scrittura pucciniana può sempre attirare per esaltarne la qualità compositiva, la ricchezza timbrica e cromatica, la cura maniacale per il dettaglio espressivo e ambientale, in una parola i tratti che avvicinano maggiormente il Puccini orchestratore alle coeve esperienze europee. Nelsons opta per una lettura tersa, nitida, caratterizzata da colori vividi e puliti, sostanzialmente leggera così da evidenziare con ancor maggior forza le esplosioni drammatiche che però non sono mai inficiate da eccessi patetici o retorici ma sempre sorrette da una rigorosa pulizia di natura prettamente musicale. L’attenzione per i dettagli sonori è quasi maniacale e forse mai si sono sentiti con tanta chiarezza gli effetti atmosferici e ambientali che evocano il clima del convento (il fagotto che evoca il belato degli agnellini, gli effetti del violino chiamati a raffigurare il raglio dell’asino) così come mai tanto straussiana è stata la cascata di note che accompagna la rivelazione della morte del figlioletto di Angelica.
Il cast è poi di alto livello con punte di autentico lusso in alcune parti di fianco fra cui emergono la sontuosa Suor Zelatrice di Nadezhda Serdyuk e addirittura Mojca Erdmann che dona a Suor Genoveffa una luminosità timbrica che non potrebbe essere più radiosa.
Protagonista assoluta è Kristine Opolais. La cantante lettone si conferma uno dei maggiori soprani lirico-spinti del nostro tempo. La voce è molto personale, pur bella non ha il morbido velluto di altre interpreti, è chiara, squillante ma mantiene un sentore di asprezza, di nervosità che si adatta al meglio a un personaggio che in fondo vive la sua infelice condizione sull’orlo di una nevrosi latente sempre pronta a spezzarsi. La dizione italiana è ottima così come il fraseggio drammatico e passionale ma mai retorico o zuccheroso, di una drammaticità resa ancor più tragica e bruciate da un’essenzialità senza fronzoli.
Lioba Braun è meno eccezionale come Zia Principessa, si notano una pronuncia a tratti pasticciata e un’emissione che tradisce una scarsa abitudine con lo stile italiano. Canta però molto bene, con ottimo gusto e notevole rigore, la voce è piacevole anche se non personalissima e soprattutto la sua lettura asciutta ed essenziale del personaggio si inserisce alla perfezione nel taglio espressivo scelto da Nelsons. Ottimi il coro e le numerose parti di fianco così come la qualità di registrazione.
Il programma è completato con l’inserimento di un “Preludio sinfonico” che dimostra ulteriormente le qualità della scrittura orchestrale di Puccini che avrebbe potuto essere con un impegno più sistematico nel genere il maggior sinfonista italiano non solo del suo tempo.