“La Calisto” al Teatro Real di Madrid

Madrid, Teatro Real, Temporada 2018-2019
“LA CALISTO”
Dramma per musica in un prologo e tre atti di Giovanni Faustini, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio
Musica Francesco Cavalli
La Natura, Satirino, una Furia DOMINIQUE VISSE
L’Eternità, Giunone KARINA GAUVIN
Il Destino, Diana, una Furia MONICA BACELLI
Giove LUCA TITTOTO
Mercurio NIKOLAY BORCHEV
Calisto LOUISE ALDER
Endimione TIM MEAD
Linfea GUY DE MEY
Pane ED LYON
Silvano ANDREA MASTRONI
Monteverdi Continuo Ensemble
Orquesta Barroca de Sevilla
Orquesta Titular del Teatro Real
Direttore Ivor Bolton
Regia David Alden
Scene Paul Steimberg
Costumi Buki Shiff
Luci Pat Collins
Coreografia Beate Vollack
Produzione Bayerische Staatsoper, Münich
Madrid, 27 marzo 2019

Nella fruizione del teatro musicale l’opera barocca veneziana rappresenta un limite di complessità letteraria che all’ascoltatore di oggi può determinare una certa difficoltà; oltre tutto, le abitudini generali sono lontane dall’idea di recarsi a teatro con un’adeguata preparazione, come quella che fornisce la lettura del libretto. Tutte queste pretensioni sono percepite come noiose e pedanti dai fautori della comunicatività essenzialmente estetico-visiva del teatro; i registi, proprio per questo, devono escogitare soluzioni in grado di controbilanciare la mancata fruizione del testo (ammesso che considerino il testo poetico alla base della partitura come elemento importante; ma questo sarebbe motivo per altra riflessione …). Il mito di Calisto, narrativamente consecutivo al mito di Fetonte secondo la disposizione delle Metamorfosi di Ovidio, si può raccontare nell’opera di Francesco Cavalli (Venezia, 1651) in un solo modo: quello previsto dal malizioso e raffinato libretto di Giovanni Faustini. David Alden propone una soluzione ironica, scintillante, convincente e cólta: pur con tutta la mescolanza di stili pop e art déco dai colori sgargianti, nel suo spettacolo non fa altro che realizzare e differenziare la pluralità dei personaggi, ognuno con i propri attributi mitologici, secondo quanto previsto dalle fonti. Satiri, centauri, minotauri, pavoni alati, camaleonti giganti, arieti, cavalli, dèi e ninfe zebrate e leopardate animano un quadro il cui solo difetto è forse l’eccessivo divertimento che suscita nel pubblico; non che sia male (al contrario), anche se La Calisto è pur sempre una storia di mortificazione dell’umanità, tragicamente succube di divinità che la possono violare, punire o sublimare a loro arbitrio. Nel Prologo allegorico, la Natura, l’Eternità e il Destino sono rappresentati in modo surreale (rispettivamente, un corpo femminile deforme, un androgino e un enorme neonato bamboccione), intenti a maneggiare vecchi nastri di registrazione, con allusione alla storia e al tempo dell’umanità. La scena terrena del I atto sembra invece una coloratissima hall di grande albergo o l’atrio di un edificio modernista degli Anni Quaranta, perfettamente consono ai costumi di Buki Shiff, al tempo stesso fantasiosi e funzionali; Giove viveur, per esempio, alterna pastrano da aviatore a smoking, ma quando si finge Diana veste un tailleur di velluto nero, con cappellino sormontato dal crescente lunare, ossia le fattezze con cui si presenterà la vera Diana; Mercurio è un commesso viaggiatore interamente dorato; Giunone un’azzimata donna di potere, costantemente preoccupata del proprio glamour. Nel II e III atto Calisto, già ripudiata dalla sua dea, si esibisce come cantante in un locale notturno frequentato da equivoci personaggi, e ovviamente anche da Giove. Lo splendore barocco rifulge grazie ai colori, alle luci di Pat Collins o a peculiari scelte della regia, come lo spettacolare ingresso di Giunone, trainata da due pavoni reali, o il costume di orsa che la dea tradita regala perfidamente a Calisto; una volta indossato – come la camicia del centauro Nesso: finissimo rimando mitologico – la ninfa non potrà più toglierselo, e la sua trasformazione sarà definitivamente avviata. Il direttore principale del Teatro Real, Ivor Bolton, riesce a trarre un suono corposo, unitario e omogeneo dall’unione di tre differenti complessi strumentali, senza mai forzare troppo le sonorità, ma senza neppure ricercare estenuati pianissimo; egli non è certo uno specialista del barocco italiano, e per questo imposta la concertazione sulla fruibilità melodica della musica e del canto; sempre godibilissimi, a questo proposito, i ritmi di danza e i ritornelli, gli interventi percussivi e la dinamica complessiva. La compagnia cantante interpreta l’opera con uno stile decisamente moderno, attenendosi alla linea tracciata da Cavalli o ricostruita dall’edizione critica di Álvaro Torrente, senza evidenti personalizzazioni virtuosistiche; questo non significa che le parti risultino per tutti semplici da affrontare (al contrario, in qualcuno gli acuti, l’estensione di registro e l’intonazione generano qualche difficoltà); tutti, però, sopperiscono alle eventuali debolezze vocali con una recitazione spigliata, sempre accompagnata da passi di danza (preparati da Beate Vollack). Louise Alder è una Calisto più che soddisfacente, dal bel timbro, corretta e anche ottima attrice, sebbene qualche difetto nella dizione non sempre renda pieno onore agli interventi che le competono. Giove è Luca Tittoto, molto espressivo e ben controllato. Il controtenore Tim Mead dà voce, con la giusta languidezza e liricità, a Endimione. Molto buona la prestazione del soprano Karina Gauvin (l’Eternità e Giunone) e del mezzosoprano Monica Bacelli (il Destino e Diana); nella voce di quest’ultima si apprezza quell’unione di vibrazioni e ricerca del colore che caratterizza una scuola italiana di prim’ordine. Linfea è interpretata da un uomo, il bravissimo tenore caratterista Guy De Mey; tale espediente del ruolo femminile en travesti determina un gustoso parallelo con l’altro travestimento, di Giove, equilibrando ed esaltando così le allusioni (omo)sessuali all’interno dell’opera. Molto efficaci Mercurio del baritono Nikolay Borchev, Pane del tenore Ed Lyon e Silvano centauro del basso Andrea Mastroni (uno dei comprimari più assidui e professionali del Teatro Real). Forse il cantante-attore più acclamato di tutti è il controtenore Dominique Visse, interprete della Natura (nel Prologo, in cui risuona un po’ sopra le righe), ma soprattutto di Satirino, la creatura faunesca e infoiata che duetta un po’ con tutti i personaggi dell’opera, in particolare con Linfea; pioniere del vocalismo controtenorile, Visse interpretò Satirino anche nella celebre versione discografica della Calisto diretta da René Jacobs. Il pubblico del Teatro Real di Madrid, poco abituato all’opera barocca del secolo XVII, dapprima resta interdetto e pensoso, ma poi si lascia coinvolgere dallo spettacolo e partecipa del divertimento, riservando prolungati applausi a tutta la compagine: la ninfa orsa sarà senz’altro luminosa costellazione.   Foto Javier del Real @ Teatro Real de Madrid