Venezia, Palazzetto Bru Zane: “Violino e pianoforte”

Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival “I musicisti nella Grande guerra” dal 6 al 28 aprile 2019 
Violino Tobias Feldmann
Pianoforte Joachim Carr
Gabriel Dupont: “Journée de printemps”
Maurice Ravel: Sonate no 1 “posthume” pour violon et piano
Louis Vierne: Sonate pour violon et piano en sol mineur, op. 23
Venezia, 28 aprile 2019
Al repertorio per violino e pianoforte attingeva il programma dell’ultimo concerto del Festival di primavera 2019 del Palazzetto Bru Zane: un corpus di opere che, nella seconda metà dell’Ottocento si arricchisce, anche in seguito all’attività di promozione, svolta dalla Société nationale de musique. Si compongono sonate – i cui autori sono: Lalo, che fa da pioniere, seguito da Godard, Castillon, Fauré, Gouvy, Saint-Saëns, Franck, Lekeu, Lazzari –, ma anche pezzi in un solo movimento, che richiedono agli esecutori di dimostrare virtuosismo nei passaggi tecnicamente più ardui e sensibilità nelle parti cantabili. Per lo stesso organico continuano a scrivere anche compositori della generazione successiva (Debussy, Vierne, Fernand Halphen, Magnard, Boulanger), che sanciscono il predominio pressoché assoluto del violino nei salotti borghesi. Tra gli ultimi anni dell’Ottocento e i primi del secolo successivo nacquero le opere in programma al Palazzetto Bru Zane: intorno al 1899 Jurnée de printemps di Gabriel Dupont, verso il 1897 la Sonata “postuma” di Maurice Ravel, presumibilmente tra il 105 e il 1907 la Sonata di Louis Vierne.
Un carattere impressionistico si coglie nel pezzo di Dupont, autore – nello stesso periodo – di Jour d’été, un poema sinfonico, che rivela la medesima fonte d’ispirazione: l’ambiente naturale, còlto in vari momenti nell’arco di una giornata primaverile. Successivamente completeranno l’intero ciclo stagionale Poèmes d’automne (1904) e le mélodies Jurnée d’hiver e Crépuscule d’été (1905 e 1912). Padronanza tecnica e sensibilità interpretativa hanno dimostrato i due eccellenti solisti – il violinista Tobias Feldmann e il pianista Joachim Carr – nel rendere queste “impressioni dal vero”, giocate soprattutto sul colore strumentale, con il pianoforte evocante, ad esempio, il fluire dell’acqua e il violino atmosfere dolcemente mutevoli.
Quanto a successivo titolo in programma, il primo tentativo di sonata, da parte di Ravel, nacque nel periodo in cui l’autore, ventiduenne, seguiva i corsi di composizione, presso il conservatorio parigino, sotto la guida di Gabriel Fauré. Il lavoro fu pubblicato solo nel 1975, in occasione del centenario della nascita dell’artista; donde il titolo, alquanto ingannevole, di Sonata “postuma”, come se si trattasse di un prodotto dell’estrema fase creativa, mentre esso risale – come si è detto – agli anni della formazione, quando il basco-francese era ancora fortemente influenzato dai grandi esempi precedenti, in particolare, dai movimenti iniziali delle sonate di César Franck e di Gabriel Fauré. Per questo il “modernista” Ravel, una volta trovata la sua strada, non ebbe interesse a pubblicare questo questo suo primo saggio, che doveva apparirgli agli antipodi rispetto alle sperimentazioni successive: lontano dai giochi di contrasti, da lui privilegiati nel 1927, e invece fondato sull’equilibrio tra i due strumenti. Analogamente espressivi i solisti in questo pezzo, in un unico movimento, che inizia con un tema molto dolce e cantabile – precorrendo l’attacco del Trio per pianoforte, violino e violoncello, di una ventina di anni dopo – per poi procedere con un fitto gioco fra i due strumenti e una varietà di figure ritmiche, prima che tutto nuovamente si acqueti.
Venedo a Louis Vierne – il musicista ipovedente, per anni organista a Notre-Dame – la sua Sonata per violino e pianoforte, commissionatagli da Eugène Ysaÿe (dedicatario dell’opera) e da Raoul Pugno, ha lasciato una durevole traccia di sé, anche perché, dopo la Prima guerra mondiale, Jacques Thibaud e Georges Enesco inserirono questo titolo nei programmi delle loro tournées. Con questa sonata – che ebbe una genesi tribolata, dapprima per motivi di salute, poi a causa di difficoltà intervenute alla prima assoluta, intrecciate a problemi familiari – il compositore cerca di unificare i due strumenti; inoltre rompe con la tradizione della forma ciclica di César Franck, proponendo un lavoro in cui i quattro movimenti sono autonomi l’uno rispetto all’altro. Un’ampia gamma di colori e di accenti si è apprezzata anche nell’esecuzione di queste pagine: dall’Allegro risoluto basato su due temi – l’uno appassionato, l’altro sereno – all’Andante sostenuto segnato da più accentuati cambiamenti di tono, al vorticoso Intermezzo, fino alla spettacolare conclusione del quarto movimento, Allegro agitato, di grande ampiezza che, in particolare, ha permesso agli interpreti di esprimere tutto il loro virtuosismo. Successo pieno e convinto.