Cagliari, Teatro Lirico: Gérard Korsten dirige musiche di Mendelssohn, Cosmi, Dvorak e Sibelius

Cagliari, Teatro Lirico – Stagione Concertistica 2019
Orchestra e Coro del Teatro Lirico
Direttore Gerard Korsten
Maestro del coro Donato Sivo
Felix Mendelssohn-Bartholdy :Sinfonia n.4 in la maggiore “italiana”
Gabriele Cosmi : “Edipo ha lasciato Tebe”, per coro e orchestra (prima esecuzione assoluta)
Antonin Dvorak: Salmo 149 per coro e orchestra op. 79
Jean Sibelius:  Sinfonia n.5 in mi bemolle maggiore op. 82
Cagliari, 8 giugno 2019
I lunghi applausi del pubblico, che ha sicuramente apprezzato la nuova esecuzione sinfonico – corale per la stagione concertistica del Teatro Lirico di Cagliari, basterebbero a far vacillare alcune convinzioni. Prima di tutto che è inutile per un teatro lirico programmare musica non teatrale, in secondo luogo non “famosa” (cioè non appartenente alla dozzina di jingle filmico – pubblicitari ben conosciuti dal grosso pubblico) e, soprattutto, che fuoriesca dal rassicurante salotto sette/ottocentesco mediamente identificato in Italia col concetto stesso di musica d’arte. Va quindi lodata senza alcun dubbio la bella e intelligente proposta che ha visto protagonisti orchestra e coro del Teatro Lirico sotto la guida di un ispirato Gérard Korsten, direttore sudafricano da tempo buona conoscenza degli ensemble cagliaritani. Il programma esordiva con la Sinfonia n°4 “italiana” di Felix Mendelssohn, unico brano della serata di grande repertorio sui nostri palcoscenici, di cui l’orchestra del teatro ha offerto un’esecuzione praticamente impeccabile, tecnicamente smagliante ma senza l’irritante superficialità che troppo spesso la riduce solo a un catalogo di splendide trovate melodiche. La lettura del direttore ha privilegiato un’impostazione classica, apollinea, che ha evidenziato con cura anche le linee secondarie di una partitura complessa e omogenea, nonostante l’apparente spontaneismo della scrittura. Da manuale la concertazione del bellissimo Andante con moto, dove le due semplici linee fondamentali (tema con varianti e “basso continuo”) hanno raggiunto un equilibrio, una cantabilità e un’espressione assolutamente encomiabili. Ottimo il colore e l’insieme degli archi e l’intonazione e fusione gli strumentini, in un insieme orchestrale veramente compatto e a fuoco in tutte le sezioni. In chiusura di serata il secondo grande brano orchestrale, la Sinfonia n°5 di Jean Sibelius, è un’apparente antitesi dell’illustre predecessore. Sarebbe lungo e fuori sede riepilogare la lunga gestazione e i vari rimaneggiamenti durante la Grande Guerra che hanno portato all’attuale capolavoro, ma va almeno sottolineata la difficoltà di un’opera ardua da interpretare nella sua discontinuità formale, lessicale e stilistica. Sibelius cerca altre strade rispetto ai suoi lavori precedenti e viene difficile pensare che la comparsa di alcuni grandi termini di paragone del 900 (Le Sacre du printemps è del 1913, La Mer del 1905) non abbiano scosso le sue certezze linguistiche legate fondamentalmente alle scuole nazionali tardo romantiche. Ecco quindi coesistere episodi decisamente “modernisti” come il passo del primo tempo in tremolo degli archi con altri più tradizionali come il celebre ostinato finale degli ottoni (eccellenti i corni per colore e intonazione) su cui è abilmente, ma non banalmente, costruito tutto il terzo tempo. Per non parlare del rompicapo della forma di tutta l’opera, su cui si arrovellano da sempre schiere di musicologi e su cui lo stesso autore fu piuttosto reticente. Anche in questo caso Korsten ha saputo guidare l’orchestra nelle ambiguità della partitura in maniera convincente, esaltandone le asperità e le differenze piuttosto che tentando una sintesi audace e, forse, impossibile. Intelligente a questo proposito la scelta dell’evidenza strutturale data alla scrittura degli ottoni che, diventando preponderanti nel corso dell’opera, sono i principali responsabili della sua mutazione timbrica. Hanno completato il programma due lavori sinfonico corali “d’occasione”. Il primo, commissionato ad Antonin Dvorak dalla storica Società Corale Hlahol di Praga, vide la luce nella forma attuale nel 1887; il Salmo 149 è una breve opera dal carattere chiaramente celebrativo ed estroverso, ben scritto ma lontano dall’espressione profonda e matura dell’autore boemo nelle sue opere sacre maggiori. L’esecuzione scolpita e molto articolata (forse fin troppo…) ha avuto il pregio di mettere comunque in luce le ottime doti del coro, ben preparato da Donato Sivo, notevole per colore e peso vocale in tutte le sezioni. Sicuramente più interessante per varie ragioni la nuova opera di Gabriele Cosmi, Edipo ha lasciato Tebe, per coro e orchestra, nuova commissione del Teatro Lirico di Cagliari per il 2019. Il primo motivo d’interesse è ovviamente costituito dalla novità, ed è da lodare sopra ogni cosa la volontà della direzione artistica di mantenere un contatto con la musica del nostro tempo valorizzando anche i giovani compositori locali. Per la verità Cosmi, classe 1988, di Oristano, si sta valorizzando assai bene da solo con importanti esecuzioni e concorsi vinti in ogni parte del mondo, ma si tratta comunque di un segnale importante in un ambiente esecutivo nazionale, salvo rare eccezioni, integralmente appiattito sul consueto repertorio storico. In secondo luogo è stata notevole la cura e qualità esecutiva dell’opera, ben al di sopra della scettica routine che spesso si riserva alle prime assolute e infine, ma non ultima, la qualità della partitura, sicuramente valida, ampia e ricca di fascino in vari episodi. Oblitero con cura l’aggettivo “interessante”, sicura panacea per qualunque opera del nostro tempo, per dire che si tratta di un lavoro scritto abilmente, che si colloca in una ormai consolidata tradizione senza la necessità di stupire a tutti i costi e che, sia nella tematica che nelle tecniche utilizzate, evidenzia la ricerca di uno stretto legame col passato. Dal lungo pedale iniziale splendidamente orchestrato al semplice e onnipresente elemento generatore (tono, semitono e semitono contrario) scaturisce tutto il materiale utilizzato secondo le consuete tecniche attuali, ma anche di una storia lontana: inversioni, aggravamenti, clusterizzazioni, mutazioni su vari piani ecc. Il tutto ha una vivace stesura ritmica con un’evidenza per l’ottima sezione di percussioni, ma cui collabora anche la vocalità mobile e ostinata del coro. Il testo, rielaborato in greco dallo stesso Cosmi dall’Edipo Re di Sofocle, la veste timbrica, certe soluzioni modali e anche un carattere generale non possono non far pensare al modello dell’Oedipus Rex di Stravinskij, magari con chiare influenze nella scrittura corale di scuola baltica, però il risultato ha una sua solida ed elegante originalità pur nella sintesi di elementi ben conosciuti. Il direttore nell’occasione ha decisamente depurato il gesto in favore di un’essenzialità che ha facilitato l’esecuzione e una menzione di merito va fatta a Donato Sivo che ha saputo preparare ottimamente il coro anche dal punto di vista stilistico, nonostante un repertorio d’abitudine completamente diverso per vocalità ed emissione. Caloroso e tutt’altro che scontato anche il successo tributato dal pubblico, abbastanza numeroso, al brano e al suo autore in chiusura della prima parte del concerto. Foto Priamo Tolu