Palermo, Teatro Massimo: “Pagliacci”

Palermo, Teatro Massimo, Stagione lirica 2019
PAGLIACCI
Opera in un prologo e due atti. Libretto e Musica di Ruggero Leoncavallo
Canio MARTIN MUEHLE
Nedda VALERIA SEPE
Tonio AMARTUVSHIN ENKHBAT
Beppe MATTEO MEZZARO
Silvio ELIA FABBIAN
Un contadino FRANCESCO POLIZZI
Altro contadino PAOLO CUTOLO
Orchestra, Coro, Coro di voci bianche e Corpo di ballo del Teatro Massimo
Direttore Daniel Oren
Direttore del Coro Piero Monti
Direttore del Coro di voci bianche Salvatore Punturo
Regia Lorenzo Mariani ripresa da Luigi Neri
Scene e costumi Maurizio Balò
Coreografia Luciano Cannito
Luci Roberto Venturi
Allestimento del Teatro Massimo
Palermo, 15 Giugno 2019 (Prima rappresentazione)
Una lunga, sofferta, emozionata dedica al Maestro Franco Zeffirelli da parte di Daniel Oren, coperta dagli applausi del pubblico, ha rappresentato il punto d’avvio di Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, l’ultima opera della stagione 2019 del Teatro Massimo di Palermo prima della pausa estiva.Dopo, a sipario chiuso, il Prologo affidato a Tonio, Amartuvshin Enkhbat, principio dell’intreccio che, nella prospettiva verista, interseca continuamente, fino allo straniamento, finzione e realtà, teatro vero e teatro scenico, pubblico in scena e pubblico in sala. L’allestimento dal Teatro Massimo di Pagliacci, con la regia di Lorenzo Mariani, ha per cifra una composta maestosità. Le scene, di Maurizio Balò (come i costumi), si organizzano nello spazio con un altissimo spalto bianco sulla destra e con un vuoto scuro, sulla sinistra, colpito sovente da luci intense e dalla foggia rotonda, curate da Roberto Venturi.
Al centro della scena, per tutto il primo atto, un’altalena per equilibristi che segna, con il suo oscillare che asseconda i pesi che alternativamente la sollecitano, il continuo passaggio, la continua transizione psicologica e drammatica sulla scena. Nel secondo atto, lo spalto diviene la platea gremita e il palco diviene meta-palco grazie all’inserzione di porte che inchiavardano la commedia alla tragedia. I costumi, curati, come accennato, da Balò, collocano il dramma nelle prime decadi del Novecento e risultano pregevoli nella cura del dettaglio. Particolarmente prezioso, fra gli altri, il costume di Arlecchino, dalla luminescenza sfolgorante.L’Orchestra del Teatro Massimo, diretta da un Daniel Oren fiaccato nel fisico ma non nello spirito, ha interpretato con maestria la partitura di Leoncavallo che, come scrive Gianluca D’Agostino nel programma di sala, è imperlata di “gelosia e passioni assolute. Maggiore e più esplicita è però la violenza, e maggiorati sono pure i mezzi musicali: dalle proporzioni all’articolazione più mossa delle scene, dall’organico orchestrale (con il costante raddoppio strumentale) alle masse corali, dalle armonizzazioni cromatiche e dissonanti all’impiego di tonalità remote”. Il Coro, diretto per l’ultima volta dal Maestro Piero Monti, in partenza per l’Accademia di Santa Cecilia, ha dato buona prova di sé facendosi trovare preciso e armonioso ad ogni intervento. Buona anche la prova canora del Coro delle voci bianche, diretto dal Maestro Salvatore Punturo. Il Corpo di ballo, su coreografia di Luciano Cannito, si è proposto con movenze circensi, ora rutilanti ora melanconiche, esaltate dal candore di visi e costumi. Ottimo il cast. Valeria Sepe ha dato voce e corpo a una Nedda ricca di molte sfumature interpretative: altera con Tonio, passionale con Silvio, tragica con Canio, la solida e sicura Sepe  ha saputo bene adattarsi al pathos cangiante del personaggio. Dopo il successo personale nel Rigoletto, il baritono Amartuvshin Enkhbat, è tornato ad infiammare il cuore e le orecchie del pubblico del Massimo, con la sua voce piena e robusta, fraseggio efficace  è stato un Tonio pazzo d’amore e di gelosia.

ph © rosellina garbo 2019

Successo pieno e personale per il Canio di Martin Muehle. Se è parso prudente nelle prime battute dell’opera, il tenore ha poi preso il volo rapidamente restituendo una voce potente, omogenea,  drammatica, ma sempre espressiva, mai volgare,  ha restituito, insieme alle notevoli capacità attoriali, la spiccata drammaticità psicologica del personaggio. Matteo Mezzaro ha prestato a Beppe una voce fresca unita a brillanti capacità attoriali. Di  Elia Fabbian (Silvio) si è apprezzata la bella linea di canto e la sensibilità interpretativa.  Puntuali gli interventi di Francesco Polizzi e Paolo Cutolo, due contadini. Repliche fino al 23 giugno. Foto Franco Lannino & Rosellina Garbo