Cagliari, Teatro Lirico: “Don Giovanni”

Cagliari, Teatro Lirico – Stagione lirica e di balletto 2019
DON GIOVANNI”
Dramma giocoso in due atti KV 527 su libretto di Lorenzo Da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Don Giovanni GIANLUCA MARGHERI
Il Commendatore CRISTIAN SAITTA
Donna Anna TETIANA ZHURAVEL
Don Ottavio VASSILIS KAVAYAS
Donna Elvira ALEXIA VOULGARIDOU
Leporello ALESSANDRO ABIS
Masetto FRANCESCO LEONE
Zerlina ELENA SCHIRRU
Orchestra e Coro del Teatro Lirico di Cagliari
Direttore d’orchestra Gérard Korsten
Maestro del Coro Donato Sivo
Regia Daniela Zedda da un’idea di Giorgio Strehler
Scene Cristian Demuro
Costumi Marco Nateri
Luci Alessandro Verazzi
Coreografie Luigia Frattaroli
Cagliari, 17 luglio 2019
“… Don Giovannino mio! va tutto male…” Ma va male davvero?
In realtà lo stato di salute dei nostri teatri lirici probabilmente si misura maggiormente in serate come questa: una delle ultime repliche del secondo cast di una produzione estiva a Cagliari. Eppure le sorprese, fortunatamente positive, non sono mancate.
Che si fa, parliamo del Don Giovanni?… Di uno della dozzina di capolavori del teatro musicale che giustifica il cosiddetto repertorio? Don Giovanni è l’inventore del repertorio, l’unica opera del XVIII secolo che è stata sempre rappresentata e ammirata da pubblico e critica, amatori e musicisti, contemporanei e posteri. È l’opera del preromanticismo, del romanticismo, del post romanticismo, della modernità, archetipo musicale e drammaturgico del teatro di ogni tempo. Perdonerei tranquillamente a Don Giovanni le sue innumerevoli conquiste ma non il suo simbolico primato storico: il famoso repertorio, che paralizza il teatro musicale contemporaneo, gli deve molto, in tutti i sensi. Quindi accodiamoci al rispetto del monumento e diciamo subito che nessun piccione in questo caso l’ha profanato, soprattutto per un taglio musicale e drammaturgico che ha prodotto un risultato fresco e assai rispettoso delle intenzioni originali degli autori. A questo punto è necessaria una doverosa quanto poco conosciuta premessa: Don Giovanni fu cucito da Mozart sulle caratteristiche di una piccola e giovane compagnia italiana, tutto sommato più apprezzata per le doti attoriali che vocali. Probabilmente il decano era Giuseppe Lolli, Commendatore e Masetto, poco più che trentenne, mentre il soprano Teresa Saporiti, Donna Anna, aveva all’epoca ventiquattro anni (morirà ultracentenaria…) e solo ventuno anni appena compiuti Luigi Bassi, il creatore del protagonista. Non a caso Georg Nikolaus Nissen, secondo marito di Costanza Weber e autore della prima biografia documentata sulla vita di Mozart, quasi quarant’anni dopo la prima esecuzione raccoglierà testimonianze dirette da parte dei primi esecutori, all’epoca ancora quasi tutti in vita. In parole povere si trattava di un’opera giovane, scritta da un compositore giovane per una compagnia di giovani. Poi il repertorio modifica, digerisce, elabora e può anche trasformare un “giovane cavaliere estremamente licenzioso” nel vecchio marpione dell’immaginario collettivo odierno: è stato un piacere, una volta tanto, ascoltare e vedere una compagnia ricca di freschezza vocale e scenica, accompagnata da un direttore che conosce la differenza tra personaggi e belle statuine, in un allestimento semplice, pur nel suo grande impatto. Intendiamoci, come in ogni cast ben amalgamato è difficile gridare al miracolo individuale, ma la combinazione di giovani professionisti, talenti locali emergenti e artisti comunque legati al territorio, ha prodotto un risultato sicuramente degno di nota. Su tutti, nel ruolo del titolo, ha spiccato per presenza scenica e vocale Gianluca Margheri, basso baritono perfettamente a suo agio nel medium vocale richiesto dal personaggio. Giustamente insinuante senza essere mellifluo, simpaticamente tracotante ma anche drammatico nei momenti necessari, ha ben utilizzato una vocalità non particolarmente ampia ma di una bellezza rara in ogni zona dell’estensione. Ottime anche le mezze voci e il legato che l’hanno portato a realizzare al meglio pagine come il duettino o la serenata; interessante anche la vivacità e l’espressione nei recitativi, fondamentali per la tipologia dell’opera. Convincente anche Alessandro Abis nel ruolo di Leporello, ammirevole per il colore vocale e lo spirito del personaggio, ma da rifinire e approfondire sul piano delle dinamiche che appaiono talvolta un po’ uniformi; ottima comunque l’intesa col protagonista, alla base della drammaturgia dell’opera. Nella tradizione la distribuzione dei ruoli tra le prime donne: Alexia Voulgaridou, Donna Elvira, caratterizzata da una vocalità drammatica nel colore, ma a suo agio anche negli accenti patetici, ha dato discreto spessore a uno dei personaggi femminili più complessi del teatro mozartiano ma, tutto sommato, ingabbiati nelle arie a tema. Apprezzabile in particolare “Ah chi mi dice mai”, risolta intelligentemente più sul piano espressivo che vocale, in maniera originale e poco consueta. Leggera e chiara invece la Donna Anna di Tetiana Zhuravel, efficace nei momenti lirici ma più opaca in quelli drammatici dove sarebbe stata opportuna una maggiore incisività; ottima comunque la precisione esecutiva che l’ha resa preziosa nei complessi concertati dell’opera. Don Ottavio è il personaggio irrisolto dell’opera, contraltare moralistico, ma piuttosto sbiadito, del protagonista. Modernamente è convenzionalmente interpretato da tenori sicuramente più leggeri del primo interprete, Antonio Baglioni, che, per altri ruoli e per le descrizioni dell’epoca, non era probabilmente così lontano dalla vocalità del suo rivale: il primo Don Giovanni pare avesse una voce chiara, acuta, quasi tenorile. Abituati oggigiorno alle forti caratterizzazioni vocali di genere non si ha il coraggio di allestire un cast in cui Don Giovanni e Don Ottavio lottino ad armi pari: Vassily Kavayas non sfugge alle convenzioni disegnando un personaggio assolutamente nella norma. Corretto e gradevole ha eseguito con buona espressione, ma talvolta con una certa disuguaglianza nel passaggio, le sue splendide arie senza lasciare grandi impressioni, ma comunque ben inserito nel clima dell’allestimento. Altrettanto ben inseriti, oltre che freschi e vivaci, sono apparsi anche Francesco Leone ed Elena Schirru, Masetto e Zerlina, che prestano con disinvoltura vocale e scenica la giovane età ai loro ruoli; giustamente imponente e ben scolpito da Cristian Saitta il ruolo del Commendatore, legato drammaticamente all’introduzione e all’epilogo della vicenda. Come già accennato è risultato fondamentale il ruolo del direttore nell’amalgamare musicalmente la produzione: Gérard Korsten ha diretto con sicurezza, senza stupire con effetti speciali, ma cercando uno stile mozartiano legato alla flessibilità espressiva delle frasi e a una cantabilità tutta italiana che all’autore sarebbe sicuramente piaciuta. È stato ovviamente coadiuvato dall’ottima orchestra del Teatro Lirico di Cagliari, impeccabile in tutte le sezioni, senza dimenticare l’apporto del coro ben preparato da Donato Sivo. E infine che si fa, parliamo di Giorgio Strehler?… Lo storico allestimento firmato per la Scala nel 1987 (magnificamente parafrasato in questa occasione da Daniela Zedda, con le scene di Cristian Demuro, i costumi di Marco Nateri e le luci di Alessandro Verazzi) mantiene tutta la sua monumentale eleganza capace di coniugare un settecento più illuminista che rococò, chiaramente debitore dell’architettura neoclassica del tardo settecento. Ancora bellissimo il contrasto tra lo sviluppo verticale della scenografia e i movimenti semplici, terreni, dei personaggi che appaiono spesso complementari al paesaggio come certi quadri di genere dell’epoca; il tutto è illuminato da una monocromia calda, con gialli dominanti, unico elemento che sembra suggerire l’ambientazione mediterranea al di fuori dei momenti drammatici. Un grande classico capace sicuramente di superare tante sterili contrapposizioni tra allestimento “moderno” o “tradizionale”. Va tutto male? No, per fortuna… Foto Priamo Tolu