Baldassarre Galuppi (1706 – 1785): “Il filosofo di campagna” (1754)

Dramma giocoso in tre atti su libretto di Carlo Goldoni. Ilaria Zanetti (Eugenia), Max Baldan (Rinaldo), Cüneyt Ünsal (Nardo), Giorgia Cinciripi (Lesbina), Carlo Torriani (Don Tritemio), Camilla Antonini (Lena), Matteo Mezzaro (Capocchio), Pierfrancesco Boschin (Mimo). Ensemble barocco dell’Orchestra filarmonica del Veneto, Fabrizio De Ros (direttore). Carlo Torriani (regia), Mousiké Drama Workshop (scene), Conservatorio “Bruno Maderna” di Cesena, Accademia delle Belle Arti di Bologna, Istituto “Iris Versari” Cesena (costumi). T.Time: 110′ Registrazione:Belluno, Teatro Comunale, ottobre 2012. 1 DVD Bongiovanni AB20030.
Il filosofo di campagna, andato in scena al Teatro di San Samuele nel 1754, rappresentò uno dei più trionfali e duraturi successi dell’opera comica veneziana che già in questa fase storica aveva abbandonato toni farseschi e caricaturali per divenire un’autentica commedia cantata. A firmare il successo erano state due delle firme più illustri della vita culturale del tempo. Per la musica Baldassarre Galuppi, detto “Il Buranello”, uno dei compositori più apprezzati della scena veneziana post-vivaldiana e per il testo Carlo Goldoni.
Una forte sintonia di intenti unisce i due artisti e, se il libretto di Goldoni introduce nel canovaccio dell’opera buffa settecentesca i fermenti illuministi e di polemica sociale cari al commediografo, la musica di Galuppi con la sua facile schiettezza accompagna alla perfezione il testo e il suo significato. L’opera è sostanzialmente una successione di arie (si contano solo due duetti e i tre finali d’atto come organici differenti), ma già spesso intese in senso moderno come elemento narrativo e relazionale anziché di sospensione meditativa. Le arie sono di norma strutturalmente semplici (solo la coppia “seria” Eugenia e Rinaldo ha qualche brano più vicino alla forma di un’aria tripartita) di solito in un unico tempo, mentre l’orchestrazione è molto curata con suggestivi effetti ambientali e naturalistici.
Drammaturgicamente siamo nel terreno della commedia per equivoci con continui fraintendimenti fino al colpo di scena che risolve felicemente il tutto. Più che la coppia amorosa Eugenia e Rinaldo ostacolata dal vecchio padre barbogio Don Tritemio, a emergere è Nardo, il filosofo di campagna, portatore di un messaggio di eguaglianza che supera le differenze di ceto e di classe ed esalta solamente il valore dell’individuo e Lesbina, l’astuta cameriera di Eugenia in cui si intravedono future figure mozartiane.
Nel 2012 il Teatro Comunale di Belluno ha riproposto l’opera nella versione originale in tre atti (visto il grande successo, Galuppi ne predispose anche una ridotta in due) con grande entusiasmo pur con possibilità limitate e creando uno spettacolo nell’insieme godibile tenendo conto del contesto di realizzazione.
Alla guida dell’Ensemble barocco dell’Orchestra filarmonica del Veneto troviamo Fabrizio de Ros che fornisce una lettura pulita e brillante, stilisticamente corretta e di buona resa musicale; gli strumentisti si mostrano abili anche nei passaggi di maggior virtuosismo e su questo aspetto l’esecuzione può dirsi pienamente compiuta.
Il cast è composto da cantanti, non di gran nome, che, però, si impegnano al meglio delle loro possibilità. Ilaria Zanetti è un’Eugenia dal timbro un po’ avaro ma è musicale e corretta, stilisticamente precisa anche se nella grande aria che apre il III atto dà l’impressione di non esprimere in toto il suo potenziale; al suo fianco Rinaldo ha la schiettezza tenorile di Max Baldan che sfoggia pronuncia nitida e ottimo squillo nel settore acuto.
Cüneyt Ünsal, giovane baritono turco, è un Nardo perfettamente centrato sia dal punto di vista vocale che interpretativo. Voce robusta, sicura, squillante da baritono chiaro, dizione perfetta – fatto ancor più rimarcabile per un non italiano di madre lingua – e grande comunicativa. Al suo fianco le Lesbina graziosa e musicale di Giorgia Cinciripi forse un po’ leggera come vocalità ma efficace anche grazie al riuscito gioco scenico. Carlo Torriani dona a Don Tritemio una robusta voce di basso e una lettura pulita e corretta, senza inutili forzature caricaturali mentre Camilla Antonini è una Lena vocalmente e scenicamente aggraziata.
In questo buon contesto stona ancor più il plateale Capocchio di Matteo Mezzaro tutto risolto in fastidiose deformazioni timbriche e in cachinni di gusto veramente infimo. Funzionale nello svolgere la vicenda la regia di Carlo Torriani. Di grande eleganza l’impianto scenico dei Mousiké Drama Workshop che fonde natura e citazioni dall’antico con una grande pergola di glicine sorretta da colonne alla greca e arricchita da frammenti scultorei e architettonici di sapore classico. Un po’ caricaturali i costumi che fondono citazioni settecentesche e tocchi fiabeschi ricchi di colore.