Busseto, Teatro Verdi: “Rigoletto”

Busseto, Teatro Giuseppe Verdi
Stagione lirica 2016 del Teatro Regio di Parma
RIGOLETTO”
Melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave
Musica di Giuseppe Verdi
Il Duca di Mantova CARLOS CARDOSO
Rigoletto STEFANO MEO
Gilda DANIELA CAPPIELLO
Sparafucile CRISTIAN SAITTA
Maddalena LARA ROTILI
Giovanna CARLOTTA VICHI
Il Conte di Monterone ROCCO CAVALLUZZI
Marullo MICHELE PATTI
Matteo Borsa MANUEL AMATI
Il Conte di Ceprano NICOLÒ DONINI
La Contessa di Ceprano/Un paggio MARIANNA MENNITTI
Un usciere di corte GIANLUCA MONTI
Orchestra dell’Opera Italiana
Coro del Teatro Regio di Parma
Direttore Fabrizio Cassi
Regia Alessio Pizzech
Scene e costumi Davide Amadei
Luci Claudio Schmid
Maestro del coro Martino Faggiani
Allestimento del Teatro Regio di Prama
Busseto, 8 maggio 2016  
A Verdi la costruzione del piccolo teatro di Busseto non andava granché a genio. Non solo perché mal tollerava che la sala fosse intitolata a lui (vivente!): lo riteneva un inutile spreco di denaro pubblico in un momento cruciale per la storia patria e la sua ridotta capienza di circa 300 posti lo rendeva poco adatto alla rappresentazione delle sue opere. Poco importa. Nel 1868 il Teatro Verdi fu inaugurato con trionfali rappresentazioni di Rigoletto. Quasi centocinquant’anni dopo,  va in scena un altro Rigoletto, titolo conclusivo del cartellone lirico della vicina Parma. Nella piccola buca trova posto l’Orchestra dell’Opera Italiana, qui ridotta a succinto manipolo di valenti archi e di fiati onesti. L’orchestrazione è abbondantemente alleggerita: l’opera si fa con tre legni e due ottoni e qualche effetto timbrico svanisce (vedi il malinconico solo del corno inglese a suggello di “Cortigiani vil razza dannata”, qui affidato ad una pur ottima tromba). Fabrizio Cassi dirige, bacchetta nella mano sinistra e gesto parco, demandando agli strumentisti preziosismo nel fraseggio e cantabilità. Sul palco intanto si ripesca l’allestimento già visto durante il Festival Verdi del 2015.
Dove vada a parare la regia di Alessio Pizzech lo si intuisce già da una videoproiezione alle note del Preludio: evocare il mélo cinematografico dei primi decenni del Novecento, la rivista, il melodramma in quanto infilata di arie popolari care ad ogni italiano. Nei costumi di Davide Amadei, che cura anche le scene, il Duca va sempre a spasso in calzamaglia e gorgiera, Gilda fa il suo ingresso in scena col cerone da gran diva, Rigoletto va in cappotto. Tutt’intorno, cortigiani (e mute cortigiane al servizio del sovrano) in abiti tra il clownesco e il punk, il rimmel pasticciato e stravolto come neppure Heath Ledger nei panni del diabolico Joker. Al terzo atto, fondali in bianco e nero che si squarciano e fari che pencolano sulla scena: allusione alla dirompenza del melodramma verdiano che scardina ogni finzione teatrale? Bella tesi che sarebbe stato meglio mettere in pratica senza troppe elucubrazioni registiche e con vero scavo psicologico del personaggio.
Voci per ultime: buona pasta, qualche nota calante di troppo, tanta routine e acuti di tradizione. Il Rigoletto di Stefano Meo ha timbro scuro e bella dizione, fatica nei cantabili ma convince laddove l’accento si fa protervo e veemente. Daniela Cappiello ha buona verve attoriale, ma troppo spesso si attiene al cliché della Gilda prodigio di filati e pianissimi alla lunga stucchevoli. E peccato che il Duca di Carlos Cardoso sia sempre imbronciato e tenoreggi fra mezzoforte e forte, fin troppo compiaciuto negli acuti: in “Parmi veder le lagrime” non una mezza voce, non un fraseggio affettuoso. Ma il timbro è schietto, ha ampio volume, e se la pronuncia tradisce la provenienza portoghese, la sostanza vocale non manca. Cristian Saitta è uno Sparafucile torvo, di timbro  non troppo prezioso. Al suo fianco sta la Maddalena di Lara Rotili, che sarà pure spigliata nella recitazione, ma affonda i gravi nel petto e in alto pecca di qualche fissità di troppo. I comprimari maschi fanno miglior figura delle colleghe: affiatati e piacevoli nell’emissione Michele Patti (Marullo), Manuel Amati (Borsa) e Nicolò Donini (Ceprano), corretto il Monterone di Rocco Cavalluzzi, accettabili la Giovanna di Carlotta Vichi e Marianna Mennitti nei doppi panni della Contessa di Ceprano e del Paggio. Come spesso accade, il Coro del Teatro Regio di Parma ha suono compatto e bello, anche a ranghi ridotti. Ultima recita, domenicale e pomeridiana: il piccolo teatro è gremito, il piccolo Rigoletto è abbondantemente applaudito. Foto Roberto Ricci