Esaltante inizio del “Progetto Mozart” al Teatro Malibran

 Venezia, Teatro Malibran, Stagione Sinfonica 2012-2013
Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore Claudio Scimone
Fagotto Roberto Giaccaglia
Wolfgang Amadeus Mozart: Sinfonia n. 38 in re maggiore KV 504 Praga; Concerto per fagotto e orchestra in si bemolle maggiore KV 191
Sinfonia n. 35 in re maggiore KV 385 Haffner
Venezia, 26 aprile 2013

Ha preso il via al Teatro Malibran il Progetto Mozart – comprendente la trilogia operistica su libretti di Da Ponte e le ultime composizioni sinfoniche viennesi – con un concerto che vedeva il maestro Claudio Scimone sul podio dell’orchestra del Teatro La Fenice con la partecipazione del fagottista Roberto Giaccaglia, prima parte dell’orchestra stessa.
Il Progetto continuerà, per la parte operistica, al Teatro La Fenice con il Don Giovanni (a partire dal 30 aprile), le Nozze di Figaro (in scena dal 5 maggio) e Così fan tutte (con inizio dal 12 maggio): un ciclo drammaturgico accomunato dalla regia di Damiano Michieletto e dalla direzione musicale di Antonello Manacorda. L’esecuzione dei lavori sinfonici, invece, proseguirà al Teatro Malibran con la Sinfonia n. 40 in sol minore KV 550 e altri due brani diretti da Stefano Montanari (9 maggio), la Sinfonia n. 39 in mi bemolle maggiore KV 543 e altri due brani diretti da Rinaldo Alessandrini (16 e 17 maggio), la Sinfonia n. 41 in do maggiore KV 551 Jupiter e altri due brani ancora sotto la direzione di Alessandrini (24 e 26 maggio).
Ma veniamo alla cronaca della serata. Innanzitutto il programma del concerto suggeriva un interessante accostamento, inserendo un pezzo virtuosistico, il Concerto per fagotto in si bemolle maggiore KV 191, composto da un Mozart diciottenne secondo la moda dello stile galante, tra due degli ultimi capolavori sinfonici del grande salisburghese: la Sinfonia KV 504, eseguita per la prima volta a Praga nel gennaio 1787, durante il primo viaggio del trentenne compositore nella capitale boema, e la Sinfonia KV 385, nata nel 1872 come serenata in sei movimenti per il borgomastro salisburghese Sigmund Haffner, e l’anno dopo ridotta ai canonici quattro movimenti.
L’esito sorprendente  di questa operazione (Mozart è Mozart!) è la constatazione di come anche un lavoro giovanile, in cui predomina l’elemento virtuosistico, nato per il puro piacere di fare musica, può reggere pienamente il confronto con  due tra i più alti esiti del genio mozartiano, in cui le scoperte linguistiche “galanti” si fondono mirabilmente con il linguaggio nuovo e pregnante dell’ultimo Mozart, senza tralasciare la solida formazione barocca della fanciullezza. Complici l’estrema padronanza dello strumento sfoggiata nel Concerto per fagotto e orchestra da Roberto Giaccaglia, nonché, in generale, la sensibilità musicale del maestro Scimone, che ha saputo donarci un Mozart di volta in volta solare e vigoroso, intenso e drammatico, brillante e spensierato, senz’ombra di leziosità fini a se stesse, assecondato da un’orchestra a dir poco impeccabile per precisione e suono.
Autorevole il gesto di Scimone nell’Adagio della Prager Symphonie, che anticipa certe atmosfere cupe del Don Giovanni (l’opera che il compositore avrebbe composto nello stesso 1787 proprio per il Teatro Nazionale di Praga), e nel successivo Allegro, dove ha saputo evidenziare con chiarezza la prodigiosa costruzione contrappuntistica, sottesa all’edonismo sonoro di questa pagina, impreziosita dalle fanfare delle trombe e dei corni, marcando anche opportunamente i diversi caratteri che vi si alternano. Parimenti efficace e rigorosa l’interpretazione di Scimone nell’Andante, a rendere la melodia di sapore “pastorale” che la percorre, come i severi squarci contrappuntistici che qua e là interrompono la linea melodica (anticipando una prassi compositiva che sarà di Beethoven), nonché nel contrastato Presto, caratterizzato da  episodi di estremo vigore (anche qui prebeethoveniano), alternati a momenti di cameristica levità.
Convincente anche l’interpretazione della Sinfonia Haffner, di cui il maestro padovano ha saputo rendere il  carattere brioso e spensierato come lo smagliante colore orchestrale (dipendenti con ogni evidenza dal suo essere nata come serenata) attraverso una scelta di tempi più mossi e una raffinata concertazione e direzione, volta anche alla sottolineatura dei contrasti: dal roboante salto d’ottava che apre l’iniziale Allegro con spirito, pagina solare dai colori sfavillanti, all’Andante, movimento dal carattere misterioso e meditativo, che forse – ci permettiamo di notare senza nulla togliere a questa interpretazione – avrebbe richiesto dei tempi un po’ più riposati, al variegato Menuetto, fino al Presto conclusivo (da eseguire secondo l’indicazione di Mozart “il più veloce possibile”, il cui tema d’apertura cita quasi letteralmente l’aria di Osmin nel terzo atto della coeva Entführung aus dem Serail, opera coeva alla sinfonia), anch’esso ricco di chiaroscuri, che Scimone ha reso da par suo.
Nel Concerto per fagotto e orchestra K. 191, com’è ovvio, la parte del leone l’ha fatta Roberto Giaccaglia, che, oltre a un’adeguata preparazione tecnica, necessaria a sostenere i lunghi fiati richiesti delle melodie come dai passaggi di bravura affidati allo strumento solista, ha dimostrato grande sensibilità ad esempio nell’Andante ma Adagio, pervaso da una mestizia tipicamente tardo settecentesca. Lo ha assecondato uno Scimone, che ha cercato, in accordo col fagottista, di non esasperare gli aspetti virtuosistici in favore di una lettura più meditata, che mettesse in valore – oltre al ricordato lirismo presente soprattutto nel movimento centrale – la cura particolare ravvisabile nell’elaborazione tematica e nei passaggi in stile imitativo (complice Haydn). Applauditissimo Roberto Giaccaglia, che ha concesso un prezioso bis, consistente in una sua composizione per fagotto solo, Nuvole, fondata su uno sperimentalismo sonoro anche estremo, che testimonia della perfetta simbiosi instauratasi tra esecutore e strumento. Applausi a non finire per tutti a conclusione di uno spettacolo esaltante.