Giacomo Puccini (1858 – 1924): “La rondine” (1916)

Commedia lirica in tre atti su libretto di Giuseppe Adami. Elena Moșuc (Magda), Evelin Novak (Lisette), Siobhan Stagg (Yvette, Georgette), Elbenita Kajtazi (Bianca, Gabriella, Una cantante), Stephanie Lauricella (Suzy, Lolette), Yosep Kang (Ruggero), Álvaro Zambrano (Prunier), Jan-Hendrik Rootering (Rambaldo). Chor des Bayerischen Rundfunk, Stellario Fagone (maestro del coro), Münchner Rundfunkorchester, Ivan Repušić (direttore). Registrazione. München Prinzregententheater, 9-11 ottobre 2015. 2 CD CPO 555 075-2.
La rondine” ha preso definitivamente il volo. Il meno noto dei lavori pucciniani, quello più a lungo condannato a una sorta di limbo per la stessa ambiguità della sua natura, negli ultimi anni sembra essersi definitivamente imposto sui palcoscenici internazionali. Nata come operetta per Vienna e poi trasformata per Montecarlo in una fragile e raffinata commedia lirica, quest’opera non manca di seduzione. Nella sua leggerezza apparentemente così fatua la scrittura orchestrale di Puccini raggiunge qui alcuni dei suoi punti di maggior raffinatezza e ne conferma la dimensione internazionale anche in un ambito che non gli era quello più abituale. Il limite è – e sempre rimarrà – quello drammaturgico con un III atto in cui la vicenda vira in senso drammatico e patetico in modo forse troppo stridente con il resto dell’opera; di ciò era ben conscio lo stesso Puccini mai pienamente soddisfatto nonostante i ripetuti tentativi di trovare la soluzione definitiva.
In questo clima di nuovo interesse per “La rondine” rientra anche l’esecuzione monacense del 2015 registrata dall’etichetta CPO con un suono di qualità spettacolare per una registrazione dal vivo. Alla guida dei sempre validi complessi della Radio di Monaco è stato chiamato il giovane direttore croato Ivan Repušić, autore di una prestazione di notevole interesse. Repušić guarda al lavoro pucciniano con una sensibilità mittel-europea quasi a recuperare l’originaria destinazione viennese. Una visione che sa sfruttare i ritmi danzanti che dominano i primi due atti – e in primis sua maestà il walzer – non come semplice elemento di ambiente sonoro ma come preciso strumento narrativo secondo un’ottica prettamente viennese ma non impropria a questa scrittura. Repušić, inoltre, non teme di lasciarsi andare quando il momento lo richiede e non teme nemmeno di far irrompere un’energia popolaresca a dare maggior corpo a un’eleganza che a lungo potrebbe snervarsi. Si senta con quale vigore viene accompagnato il coro dei venditori che apri il II atto o la sincerità delle atmosfere del caffè chantant e, se il preludio marino del III atto è meno impressionista di quanto la tradizione vorrebbe, ha però una presenza sonora di sicuro effetto.
Nell’insieme buona la compagnia di canto pur con una, gravissima, pecca. Il Rambaldo di Jan-Hendrik Rootering è totalmente alieno alle ragioni del canto italiano oltre che di emissione rozza e sgraziata veramente difficile da accettare. Affascinante e personalissima la Magda di Elena Moșuc che del ruolo dà una lettura intima e introversa. Fin dal principio non c’è traccia nella sua Magda di futilità o coquetterie ma fin dall’entrata ci si trova di fronte un’anima profonda e insoddisfatta di cui già si percepisce l’infelice sorte cui è destinata. Una Magda forse fin troppo matura per certi momenti ma di fortissimo effetto teatrale che trova il suo culmine in un III atto dove la Moșuc trova spessori e accenti quali non ci si aspetterebbe da un soprano leggero per quanto dotato. Il controllo vocale è perfetto, con filature e mezze voci di rara dolcezza e solo il settore grave è un po’ più povero di suono. La morbida maturità della voce della Moșuc crea il giusto contrasto con la Lisette di Evelin Novak autentica soubrette spigliata e brillante ma anche dotata di ottime qualità vocali e di un’ammirevole dizione per una non italiana.
Più incerta la coppia dei tenori. Yosep Kang ha dalla sua una bella voce di tenore lirico, schietta e luminosa ma l’interprete è poco convincente, generico e un po’ scolastico specie a confronto con il calore bianco della Moșuc, non riuscendo a elevarsi da una generica piacevolezza. Insolitamente robusta la vocalità di Prunier di Álvaro Zambrano tanto che si sarebbe potuto pensare a uno scambio di ruoli se non fosse che quest’ultimo – al netto di qualche acuto non pulitissimo – sia perfettamente calato nel personaggio di cui possiede tutto l’artificio retorico.
Discrete le parti di fianco anche se si sente la mancanza di autentica naturalezza nel canto di conversazione.