Gioachino Rossini (1792 – 1868):”Rossini”

Julia Lezhneva (soprano), Sinfonia Varsovia, Marc Minkowski (direzione) Tanti affetti (La donna del lago); Ils s’éloignent enfin (Guillaume Tell); Bel raggio lusinghier (Semiramide); Assisa a’ pie d’un salice (Otello); Sinfonia (La Cenerentola); Della fortuna istabile… Nacqui all’affanno (La Cenerentola); L’ora fatal s’apressa (L’assedio di Corinto). Registrazione: gennaio 2010, Witold Lutoslawski Concert Studio, Polish Radio, Varsavia, Polonia. 1 cd Naïve V 5221
Julia Lezhneva, 21 anni, vincitrice  nel 2007  e nel 2010 del Concorso Internazionale per Giovani Cantanti d’Opera «Elena Obraztsova» di San Pietroburgo e del Concorso Operistico Internazionale di Parigi. Considerata una vera rivelazione vocale, già lanciata sul mercato dalla Naïve con le incisioni della Messa in si minore di Bach, diretta da Minkowski e nell’ Ottone in villa, diretta da Giovanni Antonini, ora per la stessa etichetta ha inciso il suo primo recital dedicato a Rossini, accompagnata della Sinfonia Varsovia, sotto la direzione di Marc Minkowski.
Partendo dal dato di fatto che, indubbiamente la Lezhneva possiede non comuni doti vocali, a 21 anni,  non era proprio il caso di gettarla allo sbaraglio in un repertorio con il quale, a tutt’oggi ha ben poco a che spartire. La principale ragione di ciò la si puè certo imputare al fatto che, al giovane soprano russo manca ancora la personalità, il temperamento e, soprattutto un autentico senso dello stile rossiniano. Detto ciò, partendo da La donna del lago per arrivare all’ Assedio di Corinto, passando per la Semiramide e La Cenerentola, la Lezhneva si presenta come un’interprete  emotivamente frigida, noiosa e una  cantante che sfoggia una voce senza corpo e una vocalizzazione meccanica, accademica.  La scrittura  rossiniana non è solo uno sfoggio di  coloratura, questa deve avere un senso teatrale. Un quadro  incolore peggiorato dalla concertazione  esangue di un Minkowski irriconoscibile. Rossini non è nelle sue corde? Da questo cd sembrerebbe proprio di sì. Peccato, sarebbe stato meglio presentare questa “bella speranza” del canto in modo diverso, più attento e soprattutto in un repertorio meno difficile e con meno illustri precedenti.